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Gli artigiani stanno sparendo anche a Venezia. Cgia: “Si sono arresi in 4.000 in 10 anni”

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Fiaccati dal boom degli affitti, dalle tasse, dall’insufficiente ricambio generazionale, dalla contrazione del volume d’affari provocato dalla storica concorrenza della grande distribuzione e, da qualche anno, anche dal commercio elettronico, gli artigiani stanno diminuendo in maniera spaventosa. Negli ultimi 10 anni, infatti, anche in provincia di Venezia il numero dei titolari, dei soci e dei collaboratori artigiani iscritti all’Inps è crollato di 4.172 unità (-14,5 per cento). La contrazione media nazionale, invece, è stata pari al -15,1 per cento. E’ un’emorragia continua che sta colpendo, in particolar modo, l’artigianato tradizionale, quello che con la sua presenza, storia e cultura ha contrassegnato, sino a qualche decennio fa, tantissime vie delle nostre città e dei paesi del nostro territorio. A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA.

Con saracinesche abbassate città più insicure
Basta osservare con attenzione i quartieri di periferia e i centri storici dei paesi e delle nostre città per accorgersi che sono tantissime le insegne che sono state rimosse e altrettante sono le vetrine non più allestite, perennemente sporche e con le saracinesche abbassate.
Afferma il Presidente della CGIA, Roberto Bottan: “Sono un segnale inequivocabile del peggioramento della qualità della vita di molte realtà urbane. Le città, infatti, non sono costituite solo da piazze, monumenti, palazzi e nastri d’asfalto, ma, anche, da luoghi di scambio dove le persone si incontrano anche per fare solo due chiacchere. Queste micro attività conservano l’identità di una comunità e sono uno straordinario presidio in grado di rafforzare la coesione sociale di un territorio”.

Insomma, con meno botteghe e negozi di vicinato, diminuiscono i luoghi di socializzazione a dimensione d’uomo e tutto si ingrigisce, rendendo meno vivibili e più insicure le zone urbane che subiscono queste chiusure, penalizzando soprattutto gli anziani. Non disponendo dell’auto e senza botteghe sottocasa, per molti di loro fare la spesa è diventato un grosso problema.

Tanti mestieri a rischio estinzione
Sono molti i mestieri artigiani in via di estinzione e le cause che hanno provocato questa situazione sono molteplici: innanzitutto sono cambiati i comportamenti d’acquisto dei consumatori, dopodiché le nuove tecnologie hanno spinto fuori mercato tante attività manuali e la cultura dell’usa e getta ha avuto il sopravvento su tutte le altre, penalizzando, in particolar modo, coloro che del riuso e della riparazione di oggetti e attrezzature ne avevano fatto una professione.

In sintesi, segnala l’Ufficio studi della CGIA, i mestieri artigiani tradizionali in declino sono:
autoriparatori (verniciatori, battilamiera, meccanici, etc.);
calzolai;
corniciai;
fabbri;
falegnami;
fotografi;
lattonieri;
lavasecco;
orafi;
orologiai;
pellettieri;
restauratori;
riparatori di elettrodomestici;
sarti;
stuccatori;
tappezzieri;
tipografi;
vetrai.

Per contro, invece, i settori artigiani che stanno vivendo una fase di espansione importante sono, in particolar modo, quelli delle aree appartenenti al benessere e all’informatica. Nel primo, ad esempio, si continua a registrare un forte aumento degli acconciatori, degli estetisti, dei massaggiatori e dei tatuatori. Nel secondo, invece, sono in decisa espansione i sistemisti, gli addetti al web marketing, i video maker e gli esperti in social media. Purtroppo, l’aumento di queste attività è insufficiente a compensare il numero delle chiusure presenti nell’artigianato storico, con il risultato che la platea degli artigiani è in costante diminuzione.

L’artigianato va tutelato, lo prevede l’Art. 45 della Costituzione
Secondo l’Ufficio studi della CGIA, non è da escludere che per evitare la desertificazione delle botteghe in atto soprattutto nei centri storici, fra qualche decennio lo Stato dovrà sostenere con finanziamenti diretti coloro che vorranno aprire una attività artigianale o commerciale. Altrimenti sarà molto difficile che qualcuno avvii una piccola realtà spontaneamente.
“Prima di arrivare a questo punto di non ritorno – conclude Bottan – l’artigianato andrebbe tutelato, così come previsto dall’Articolo 45 della Costituzione”.

Alcune misure da mettere in campo.
Qualche iniziativa interessante è stata sperimentata durante il Covid. In Italia, ad esempio, molti comuni si sono fatti carico dei costi per la consegna a domicilio dei prodotti acquistati nei piccoli negozi. Più in generale, comunque, andrebbero azzerate per queste attività di prossimità le tasse locali (Imu, Canone patrimoniale unico, Tari, Irpef, etc.) e attivati a livello comunale dei tavoli di concertazione, tra le associazioni di rappresentanza dei proprietari e degli artigiani, con l’obbiettivo di trovare degli accordi che garantiscano ai locatori che aderiscono all’iniziativa la possibilità di beneficiare di una serie di agevolazioni economiche che in parte andrebbero “riversate” sul locatario, abbattendogli il canone d’affitto. Per fare tutto questo, ovviamente, lo Stato centrale dovrebbe ogni anno trasferire ai Comuni le risorse necessarie per coprire le spese in capo a questi ultimi.

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7 persone hanno commentato. La discussione è aperta...

  1. Questo è quello che ci passa il Comune, niente controlli a chi lavora in nero, la cosa più importante è silenziare le ruote dei carri di chi lavora dalla mattina alla sera.
    Il Comandante Agostini, nell’illustrare nel dettaglio le tecnologie della Smart control room e le attività della Polizia locale, ha chiesto agli albergatori di contribuire segnalando le eventuali situazioni di irregolarità riscontrate nella loro attività imprenditoriale ma anche di collaborare nell’attenzione al riposo dei residenti con piccole accortezze, come la richiesta ai fornitori di servizi (in particolare alle lavanderie) di cambiare ruote ai carrelli per il trasporto della biancheria con soluzioni meno rumorose, considerato che si tratta di attività che si svolgono all’alba.

  2. Il male degli artigiani sono chi li rappresenta, interessa solo l’iscrizione annuale, si fanno belli con manifestazioni in cui partecipano solo i più vicini ai vertici, sempre gli stessi, rappresentanti di categoria impreparati, la soluzione è non credere a nessuno. Le associazioni dovrebbero chiedere al Governo , alle Regioni, al Comune di abbassare le tasse per questa categoria di contribuenti, esenzione dei contributi previdenziali per chi assume, niente stage gratis ai ragazzi delle scuole, devono avere uno stipendio, i ragazzi potrebbero essere incentivati ad imparare un mestiere se fossero ben retribuiti, non si può pensare di dare 500 euro al mese a un ragazzo di 15/16 anni che ne spende 500 di schede telefoniche, iniziate a pagare 1800 euro al mese ( deve pagare l’Europa ) e vedrete quanti inizieranno a cercare un posto anche di calzolaio. Poi le associazioni devono chiedere controlli severi a quelli artigiani che lavorano in nero e vanno a casa dei clienti rubando il pane di bocca a chi paga le tasse. Il nuovo governo aveva promesso il condono per sistemare un po’ le cose, ma sembra che era meglio quando c’era la sinistra ( io sono uno che li aha votati ), questi promettono ma in realtà non fanno un c+++o. Shylock the first

    • Concordo sulla posizione delle confederazioni degli artigiani
      Gli stipendi da 500 euro li danno solo alcune multinazionali mentre un apprendista artigiano prende 1400/1500 euro aggiungendo poi 1600/ 1700 euro di contributi …..

      • Shylock II°, quando una Scuola ti manda uno stagista non lo paghi niente, è sbagliato, molti artigiani ne prendono 5/6 l’anno li fanno fare di tutto, meno che insegnare loro un mestiere, concordo che alcuni prendono 1400/1500 euro, ma non si può pagare i contributi 1700 euro, il Governo deve sgravare totalmente gli apprendisti, permettendo agli artigiani di pagare magari l’affitto del negozio, non penserai che il proprietario si faccia carico degli affittuari, non li può fregare di meno. Penso davvero che se si potesse pagare uno che lavora 1800 euro al mese molti giovani andrebbero a lavorare volentieri, 8 ore al giorno con un giorno di festa alla settimana, senza reddito di cittadinanza …………Shylock the first

  3. Questa è la versione vittimistica di una realtà ben diversa. Artigiani che si “arrendono” ne vedo ben pochi. La richiesta di fabbri, falegnami, impiantisti, stuccatori, restauratori, ciabattini per citarne alcuni è altissima e tutti sanno per esperienza diretta quanto sia difficile trovare una di queste figure disponibile a lavorare in tempi accettabili. Il vero problema non è la domanda che in questa fase di boom economico è piuttosto sostenuta. È il ricambio generazionale. Quanti dei nostri giovani vogliono imparare il mestiere di fabbro o falegname? E quanti fabbri vogliono che i loro figli continuino a sporcarsi le mani piuttosto che studiare e iniziare un (molto meno remunerativo) lavoro in qualche grande azienda o qualche libera professione?

    • Versione vittimistica un cavolo !!! Pensi solo a tutti gli artigiani che si sono tolti la vita …. Ne hanno chiusi a migliaia negli ultimi decenni, io stesso ho chiuso dopo 40 anni come i miei fornitori e decine di miei clienti…..

  4. Liberalizzazione delle licenze , tassazione tra diretta e indiretta al 70% , costo delle materie prime raddoppiato , concorrenza sleale , affitti alle stelle ….. per forza si chiude bottega …..

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