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Disabile aggredito, uomo interviene a difesa: picchiato furiosamente

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Disabile aggredito a Roncade, ovvero: una notte senza pietà.
E’ una storia di ordinaria indecenza, quella che ha messo al centro di un fatto una persona con disabilità, aggredita da un gruppo di ‘Bravi’ imbruttiti, forse, dall’alcol.
Siamo a Roncade, in provincia di Treviso, tutto si svolge nella notte tra sabato e domenica, tra i tavoli di un bar verso le tre di notte.
I Bravi, come ben ricordiamo, erano soldati mercenari esistiti nel XVI-XVII secolo che agivano contro la legge compiendo, a pagamento, azioni violente e illegali a favore dei signorotti che ne richiedevano l’intervento. Facevano in modo che il volere di chi comandava fosse rispettato a tutti i costi.
Gli eroi della notte che girano per i bar, più che bravi si sentono compiutamente bulli, figli di quel niente di umano che sanno diventare al momento giusto e che hanno assorbito la violenza come mantra trasfigurato per sentirsi forti e appagati.
Se non facessero rabbia, incuterebbero pena.
I signorotti sono loro, non li paga nessuno, si accontentano della soddisfazione di esercitare la loro parte violenta, che la notte offre ed esalta.
E così, cosa volete che sia se la vicenda riguarda un disabile aggredito e si sputa con soddisfazione su due ragazze, clienti del bar.

E se poi un giovane uomo si ribella e cerca di intervenire, di difendere il disabile aggredito, cosa fanno i bravi per caso?
Inseguono quell’anima pura fin sull’argine del fiume e lo picchiano spietatamente, lo scaraventano a terra.
E se ne vanno.
Ma quelli, erano folli? No, erano semplicemente bulli, sono i nostri ragazzi, forse a settembre li ritroveremo tra i banchi di scuola a parlare di Socrate e Costituzione.
Ma sì, son giovani, poi passa.
Un occhio deturpato, un po’ di pugni: ma sì, cosa volete che sia!
E gli altri? Quelli che disturbati nel sonno hanno visto tutto dalla finestra?
Da bravi (anche loro), figli di questi tempi agri, hanno filmato e postato le scene sui social.
Oggi si condivide così l’indignazione per la violenza, attaccati al cellulare che ‘riprende’.
Basta e avanzano i commenti dell’alba.

Il nostro vero eroe, 38 anni, si è fatto medicare all’ospedale Ca’ Foncello di Treviso.
Sembra che i carabinieri, che stanno indagando sulla vicenda, non abbiano ricevuto nessuna denuncia (neppure una telefonata dai residenti? N.d.R.)
Ai familiari ha raccontato di aver sentito l’esigenza di difendere il disabile aggredito, una persona fragile, e questa dichiarazione rischiara un clima ibrido e quasi inaccessibile, di ordinaria e pigra miseria morale.
Il proprietario del bar, messo al corrente di quanto è avvenuto, offre una ricostruzione parlando di individui ubriachi che avrebbero sputato su due ragazze.
Le offese al disabile aggredito? Qualcuno si è occupato di lui?
Forse è sparito nella notte e chi poteva accompagnarlo a casa e aiutarlo, non l’ha potuto fare.
Era al pronto soccorso, come abbiamo scritto, a farsi medicare.
La ferita dell’anima è però immedicabile e il nostro trentottenne l’ha provato nel corpo e nella mente.


 

Verrebbe voglia di dirgli grazie, ripensando a quel che è scritto nel Talmud di Babilonia: “Chi salva un uomo salva il mondo intero”, che sottolinea come sia iscritta in ogni uomo la capacità di opporsi al male e come, anche attraverso l’azione individuale, si possano compiere gesti di enorme rilevanza equiparabili a salvare il mondo intero.
Con un atto di responsabilità personale ci si può sottrarre a logiche di massificazione del pensiero che conducono all’odio, alle violenze, ai crimini più efferati. Nel dirgli grazie, glielo dedichiamo.

Scontata la condanna della sindaca di Roncade Pieranna Zottarelli, un rito perenne e abusato per dire che “non è tollerabile, che la violenza genera violenza. . .”.
E con lei la società adulta che non si interroga abbastanza sulle ragioni che trasformano dei ragazzi in mostri e su quanto noi siamo responsabili, con il nostro esempio, di questo stato di cose.

Li aiutiamo abbastanza?
Per un giovane uomo che ha scelto di sentirsi tale e di rispondere all’esigenza di non lasciar correre, di non voltarsi dall’altra parte davanti a un abuso, c’è un mondo dell’indignazione esercitata sui social, non serve neppure uscire di casa per verificare se un disgraziato a terra ha bisogno di aiuto, tanto prima o poi, qualcuno passa e lo vede, alle tre del mattino.
Cosa volete che sia?

Andreina Corso

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  1. io credo che molti si voltano dall’altra parte perche’ non si sentono tutelati dalla nostra societa’.
    Se ti metti in mezzo in una rissa o le prendi e allora tutto finisce li oppure se per caso hai la meglio e qualcuno degli aggressori si fa male allora hai finito di vivere. Spese per avvocati , denuncia per eccesso di difesa, ritorsioni e minacce per il resto della vita senza che nessuno ti aiuti concretamente.
    Ecco perche’ al massimo ci si limita a filmare e postare le scene sui social rischiando magari anche di beccare una denuncia per violazione della privacy.
    Non e’ vigliaccheria e’ buonsenso.

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