In Italia si sta discutendo su una possibile regolamentazione degli affitti brevi, ma dall’Europa potrebbe arrivare una novità altrettanto pesante: secondo le regole attualmente in discussione sull’Iva digitale, la locazione tramite piattaforme come Airbnb sarebbe soggetta ad imposta. La tassa sarebbe applicata direttamente dalla piattaforma, senza l’intervento del proprietario, e comporterebbe un aggravio del prezzo finale per l’affittuario, pari al 22% se fosse applicata l’aliquota ordinaria, o del 10% con quella ridotta prevista per gli alberghi.
L’equiparazione degli affitti brevi con l’attività degli alberghi è il presupposto da cui parte la nuova proposta di regolamentazione. La direttiva in questione, volta ad eliminare una presunta distorsione della concorrenza in questo settore, è attualmente in consultazione e deve ancora avere il via libera definitivo da parte del Consiglio europeo. Soggetti interessati come professionisti, ricercatori, associazioni di categoria e privati cittadini possono proporre indicazioni e suggerimenti. Anche in Italia, il testo può essere visionato sul sito del Dipartimento Finanze fino al 18 aprile con la possibilità di inserire commenti.
La nuova proposta di regolamentazione si basa sull’intento di eliminare una presunta distorsione della concorrenza e di equiparare gli affitti brevi all’attività alberghiera. Anche in Italia, la locazione di immobili da parte di persone fisiche non è soggetta ad imposta, ma l’uso di piattaforme digitali come Airbnb o Booking sta diventando sempre più frequente. Questo tipo di locazione riguarda non solo le vacanze estive al mare o in montagna, ma anche quelle di pochi giorni o di un fine settimana in un borgo o in una città d’arte proprio come Venezia.
Se le nuove regole venissero confermate, si andrebbero ad affiancare i tentativi di intervento legislativo di cui si è discusso a livello nazionale. Ad esempio, l’equiparazione degli affitti brevi all’attività alberghiera scatterebbe al di sopra dei cinque immobili dati in locazione. Va anche ricordato che non sarebbe la prima volta che alle piattaforme digitali viene affidato il compito di riscuotere imposte: è già avvenuto nel caso della tassa di soggiorno.
La questione riguarda solamente l’IVA sulle commissioni, ovvero Iva sulla percentuale che Le piattaforme (ad es. Booking o Airbnb) si trattengono sulla “vendita” degli appartamenti. Ad es. Booking prende il 18% mentre Airbnb il 4%. Cosa succede? Booking nella fattura mensile di rendicontazione scrive “IVA in regime di reverse charge”, quindi lui non la versa….e neanche il privato cittadino la versa…quindi
Booking elude il fisco italiano….atteggiamento già soggetto a denuncia avanzata da Agenzia Entrate. Airbnb invece è più corretto ed aggiunge iva alle fatture delle commissioni. Da ricordare che l’Iva al 22% va applicata solo sull’importo delle commissioni e non va applicata sul pernottamento in quanto la locazione breve non può, per legge, offrire servizi ( colazione ad es.) come invece fanno gli alberghi. Quindi niente Iva sulle locazioni turistiche ed invece iva al 10% sul pernottamento in Albergo o B&B perché offrono “servizi” aggiuntivi. Tutto qui.
Ringraziamo per la dettagliata spiegazione. Cordialità.
Grazie per la spiegazione ma in successivamente nel 730 l’importo corrispondente all’ Iva rientra nell’imponibile per il calcolo IRPEF o Cedolare secca?
Di fatto sarebbe come pagare ulteriore tassa su Iva ….
Grazie
Esempio: pernottamenti 1000, commissioni 200
Iva 44 (22% su 200)
La Base imponibile per cedolare secca e” 1000 oppure 966 (cioe’ 1000-44).
Grazie
Risultato:aumento degli affitti brevi per i clienti finali.BASTA TASSE BASTA RAPINE BASTA SIAMO SOMMERSI DA REGOLE DIVIETI OBBLIGHI RIDATECI LA LIBERTA
No chi fa le leggi è ben redarguito sugli interessi di categoria e come per ogni categoria chi ha voce è chi ha più mezzi. Avrei capito l’applicazione del 10% ha chi ha massimo 2 immobili visto che la rendita non è così elevata ma regalare a speculatori una sforbiciata del genere proprio non mi va giù perché, pensando a casi come Venezia, vuol dire solo che sfavorire la crescita di residenti. Ci sarebbero anche altre cose da dire, l’unica cosa decente è che a parole vogliono far pagare qualcosa ai vari booking &company
Italiani schiavetti degli americani
Il problema è sempre lo stesso. Chi prende le decisioni è completamente ignorante ( nel senso che ignora) la realtà dei fatti. Poi il problema è molto complesso e semplice allo stesso modo, chi produce un profitto, deve pagare le tasse. I turisti che usano la città sono gli stessi, sia che vadano in un Hotel che in una casa. Usano gli stessi mezzi che noi paghiamo, sporcano come sporcano tutti i turisti, non ci sono turisti di serie A e turisti di serie B. Sono poi i turisti che scelgono di andare in Hotel confortevoli o in case. Il problema che a causa di molti che non dichiarano il percepito e facendosi pagare in contanti non pagano la tassa di soggiorno, ed altre tasse e creano un problema alla collettività. Mi sembra così tutto chiaro e allo stesso tempo nebuloso… ( non capisco chi ne trae questo grande beneficio, ci vorrebbe così poco a fare dei controlli e mettere ordine.
Quindi dal sesto appartamento qualcuno decide che il privato diviene albergatore. A nessuno viene in mente che l’ appartamento puo’ essere un monolocale in periferia o un quadrilocale in centro in una citta’ d’ arte. Si parla solo di n….appartamenti a prescindere. Giusto imporre alle piattaforme di pagare l’ iva… Marco
E basta ! non vi bene niente, se fanno sbagliano, se non fanno sbagliano, ma state sereni come dice il vostro amico renzi, abbonatevi al riformista e scrivete a loro, vedrete che le cose cambieranno. Shylock the first
Si va bene, in pratica gli stessi che predicano ordine e disciplina poi legalizzano tutto quello che interessa loro, ma almeno poi faranno pagare le tasse o meno ?