Sissy Trovato Mazza è morta il primo novembre 2016 all’interno del Padiglione Jona dell’Ospedale Civile di Venezia a causa di un “atto volontario autolesionistico” perpetrato attraverso la sua pistola di ordinanza: ormai sembrava questa la verità più accreditata, anche se mai accettata dalla famiglia della ragazza che ha sempre lottato per la sua dignità sempre rifiutando l’idea del suicidio.
Poi, all’improvviso, si è aperto uno spiraglio in questo muro di certezze “ricostruite” (anche attraverso – per esempio – al DNA sulla pistola):
la giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Venezia ha respinto la richiesta di archiviazione sotto la catalogazione di “suicidio volontario” affermando – nella sostanza – che non si può lasciare nulla di intentato nelle indagini per fugare ogni dubbio.
Maria Teresa Trovato Mazza, per tutti “Sissy” era agente di Polizia penitenziaria del carcere femminile della Giudecca trovata agonizzante in ascensore dell’ospedale civile di Venezia. Da subito l’orientamento delle indagini propendevano per il gesto volontario, ma sono moltissime le obiezioni sollevate dalla famiglia della ragazza in questi – ormai – quattro anni.
Così come quelle che si fondano sul “movente”:
l’agente di Polizia Penitenziaria, secondo la famiglia, aveva parlato di cose illecite all’interno delle mura dell’Istituto e, per questo, avrebbe addirittura subito un procedimento disciplinare.
Ora gli avvocati Pini e Albanese, che hanno nominato consulente tecnico l’ex generale dei Ris Luciano Garofano, un risultato lo hanno ottenuto, intanto: il caso non è chiuso.
(foto da archivio – articolo: Sissy Trovato Mazza, respinta archiviazione per il suicidio dell’agente. Si indagherà ancora – cat. covid/coronavirus – 26/11/2020)