IL PRIMO GIORNALE ONLINE DI VENEZIA | ANNO XVIII

sabato 27 Aprile 2024
12.7 C
Venezia

data pubblicazione:

ultimo aggiornamento:

LEGGI ANCHE:

HOME PAGEViolenza contro le donne25 Novembre e la violenza sulle donne. Di Andreina Corso
Questa notizia si trova quiViolenza contro le donne25 Novembre e la violenza sulle donne. Di Andreina Corso

25 Novembre e la violenza sulle donne. Di Andreina Corso

pubblicità

La nostra Voce sul 25 Novembre, con una voce di Donna e le voci del tempo.

Volavano liberi i gabbiani, quando ho incontrato Serena, con quel nome così all’opposto alla sua condizione di vita. Serena vive ora in un posto sicuro’, dove lei e i suoi figli possono riparasi dalla paura di un marito e padre violento.

“ Ci siamo salvati in extremis, grazie a una telefonata dei vicini che hanno sentito le urla e il pianto dei bambini. Era l’ennesima volta che assistevano a quelle scenate, alle minacce e finalmente qualcuno ha alzato il telefono e ha chiesto aiuto. Le forze dell’ordine l’hanno trovato con un coltello in mano, noi c’eravamo chiusi a chiavi in bagno. . . E poi ci hanno portato in questa casa riparo, dove abbiamo trovato accoglienza e conforto. Il mio dolore è per i bambini, che per ora hanno dovuto lasciare la scuola, ma intanto siamo vivi”.

Serena non sa come tutto sia successo e si sia svolto in questo modo. Le minacce prima, frasi come “ti caccio a pedate”, la pretesa di silenzio e obbedienza poi, quando lui pretendeva con le buone o con le cattive, di dominare tutto, i suoi pensieri, i suoi sentimenti, la sua libertà. E con la paura teneva in pugno i figli che avevano subito capito che quell’uomo che chiamavano papà, avrebbe potuto ammazzarli tutti. Eppure quei bambini andavano a scuola tutti i giorni con il cuore a pezzi e con il pensiero sulla mamma che sapevano in pericolo.

“Il pensiero dei miei figli mi ha fatto resistere, se muoio, cosa faranno, chiederanno a Gesù, a Natale di far tornare la mamma, come ha scritto con parole struggenti, un bambino? Potrebbero essere affidati ai nonni, forse, ma sono anziani e sarebbero straziati dal dolore. Ce la farebbero?

Quei bambini diventeranno uomini e avendo subito violenza e maltrattamenti, a loro, volta, lo dicono gli esperti, potrebbero imitare il loro padre, perché è quella l’educazione che hanno assorbito. Chi è quell’uomo? Di certo non è un Uomo. È ciò che rivela e resta della disumanità che contamina il prato della vita. È colui che la Storia ha esaltato nell’attribuirgli ogni potere, anche quello di vita e di morte, perché si pregia della facoltà di disporre di chi gli sta vicino.

Sulla sottomissione delle donne si parla spesso e giustamente di culture distanti dalla nostra, dove bambine sono offerte in sposa a uomini anziani, dove il rifiuto di indossare il velo le condanna a morte. Ignoranza, fanatismo e crudeltà consentono all’uomo di perpetuare delitti e violazioni. Chi è quell’uomo, sostantivo maschile singolare che al plurale fa uomini?

È quel tale che sa che le parole come forza, guerra, dominio, gli sono proprie. È colui il quale, quando è in guerra, stupra le bambine davanti agli occhi delle madri e le madri davanti agli occhi dei figli. I trofei delle vittime dell’orrore, intaccano le nostre coscienze?

Riflette Serena: “Mi sembra impossibile che tutti i giorni arrivi l’alba, il sole, la pioggia, la notte, quando sento che una donna è stata ancora una volta ammazzata, sepolta, uccisa e poi nascosta. Mi sembra non vero, un brutto sogno quel che leggo e vedo che succede a noi donne. E ancora mi domando, perché è quasi sempre l’uomo il responsabile di violenza e crudeltà?”

In fondo, che cosa fa di male questo uomo? Obbedisce alla sua storia di uomo maschio e dominatore. E allora? Allora vomitano gli Uomini veri, vomitano di orrore e disgusto. Non basta, però: occorre agire, dare strumenti certi di difesa alle donne, lavorare sulla cultura di genere, coltivare un prato seminato di sapere, condivisione, conoscenza, rispetto e responsabilità. Non basta indignarsi, scendere in piazza con cartelli e proteste, pur benedetti e sacrosanti. Non basta. e a Torino è nato un orfanatrofio che accoglie i figli di madri morte per mano dei padri. Figli che mai supereranno il trauma e che da adulti faticheranno a ricostruirsi una vita. SoS: sostegno orfani speciali, spiega la responsabile Anna Maria Zucca, è il primo Centro in Italia che garantisce accoglienza e ascolto ai bambini, ai ragazzi e alle famiglie affidatarie. Dà i brividi la parola “orfanatrofio”, in un certo senso, ma il suo significato, oggi, assume la luce di nuova speranza.

Trovare aiuto: è l’urlo. Subito, dal giorno dopo in cui la mamma è stata uccisa dal papà. Trovare aiuto come orfani, ma anche come nonne affidatarie, come zii, come insegnanti, come psicologi, come avvocati persino. Perché dei figli dei femminicidi , quelli che sopravvivono alla violenza più grande che si possa immaginare (la madre ammazzata, il padre talvolta suicida, o in fuga, o in carcere), non si occupa nessuno ancora, e in Italia, questo aiuto serve.

Il progetto, finanziato con 1,6 milioni di euro dall’impresa sociale “Con i bambini”, riguarda gli orfani di femminicidio da 0 a 21 anni di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta. Capofila dell’iniziativa, presentata nell’auditorio della Città metropolitana di Torino, i Centri antiviolenza Emma Onlus. “Il centro sarà operativo per tre ore al giorno dal lunedì al venerdì – spiega Anna Maria Zucca, responsabile del progetto Sos- da oggi in avanti contatteremo scuole, oratori, associazioni sportive affinché operatori e insegnanti possano ricevere opportune informazioni. Sarà anche luogo di formazione per i legali che seguono gli orfani e per gli operatori dei 14 partner del progetto: centri antiviolenza, comunità per minori, enti per la formazione e l’avviamento al lavoro”.

Ancora i gabbiani, forse affamati, ci girano intorno, mentre racconto a Serena quel che bolle in pentola, per nutrire il digiuno dell’orrore. E lei ancora: “Io mi sono salvata, troppe donne non ce l’hanno fatta a difendersi e a scappare. Mi tormenta il pensiero del futuro, ho ancora tanta paura e i miei figli sono terrorizzati, non è giusto, non c’è pace nel mio orizzonte, troppo nere le nubi e troppo grigio il cielo che piange con noi. . .e poi fra poco è Natale e penso sempre a quel bambino che chiederà a Babbo Natale di portargli in dono sua madre. Poi, deluso, lo chiederà alla Befana, ma neanche lei, che vorrebbe tanto accontentarlo, potrà esaudire il suo desiderio”.

Andreina Corso

LEGGI TUTTO >>

RIPRODUZIONE VIETATA. SONO VIETATI ANCHE LA RIPRODUZIONE PARZIALE DI TITOLI, TESTI E FOTO ATTRAVERSO SISTEMI AUTOMATICI (CD AGGREGATORI) SU ALTRI SITI

4 persone hanno commentato. La discussione è aperta...

  1. Ci vantiamo tanto di essere un paese civile mentre la mentalità è ancora relegata al medioevo …..anzi no , mi sto sbagliando ,nella Repubblica di Venezia le donne erano molto più tutelate e protette ….

    • … carissima Andreina, come sempre la tua scrittura è bellissima… perché è nitida, toccante, propositiva, e soprattutto utile a tutte le figure coinvolte, comprese le istituzionali. Un abbraccio. Caramente Antonio Seracini.

  2. È sempre interessante e necessario parlare di queste atrocità mascherate dalla normalità di vite famigliari apparentemente normali e tutto ciò Andreina lo fa con la sua forza di scrittrice sensibile tenace e competente. Grazie Andreina

Notizia interessante? Scrivi cosa ne pensi...

Scrivi qui la tua opinione
Il tuo nome o uno pseudonimo

notizie che hanno interessato i lettori

spot_img