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Zaia: “Zona Bianca non è festa della liberazione”

"Veneto pronto alla terza dose del vaccino" ha anche dichiarato il presidente.

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Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, ritorna a raccomandare ai cittadini di non abbassare le armi davanti al virus.
“Passare alla zona bianca non è la festa della liberazione, ci vuole prudenza perché il pericolo è dietro all’angolo”.
Così ha parlato il presidente commentando il passaggio della regione in area bianca.
“E’ un successo – ammette – e come sempre nella vita ci vuole anche fortuna”.
Zaia ha ricordato com’è iniziata la crisi sanitaria, nel febbraio 2020, con l’epicentro a Vo’ Euganeo, la ‘pressione’ nella seconda fase “mentre la terza è andata in maniera contenibile. diversamente da altre regioni, come l’Emilia Romagna”.

“Ora – osserva – torneremo alla normalità; ci siamo già dentro con entrambi i piedi. Gradualmente le mascherine saranno un accessorio, nel senso che, come l’ ombrello, si useranno quando servirà. Ma bisogna tenerla sempre in tasca. Per me è impensabile non avere appresso la mascherina”.
“Abbiamo, infatti, capito che in caso di assembramento si dovrà indossarla. Ora credo sia utile che si chiuda la campagna vaccinale, fare il giro di boa completo: chi si vaccina non si ammala e lo si vede negli ospedali, che si sono svuotati.”.

“Dovremo – ha precisato il governatore – fare attenzione ai temi della recrudescenza del virus e ad eventuali focolai che possono sorgere, cercando di capire anche che ruolo avranno le varianti. Ci stiamo preparando – conclude Zaia – alla terza dose per chi lo vorrà. Siamo pronti, non dismetteremo la ‘macchina’, aspettiamo le direttive del Cts e la circolare che identificherà il lasso di tempo necessario tra la seconda e la terza dose”.

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  1. Certo Zaia, non è una liberazione, ma almeno una vittoria. Io mi auguro che con la nuova tecnologia dei vaccini a RNA gli uomini possano diventare presto più liberi non solo dalle malattie ma anche dai veleni!!! Spero in un vaccino che renda impossibile assumere alcool, tabacco e droghe. Allora si sarebbe una festa della liberazione con migliaia di vite umane tolte ogni anno non solo alle terapie intensive, ma anche agli stessi ospedali.

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