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Venezia, morìa di attività. Il problema di essersi affidati solo al turismo

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Dopo le botteghe di vicinato – già colpite dallo spopolamento e dal rincaro degli affitti – ad alzare bandiera bianca sono ora le pelletterie e i negozi di souvenir.
Essersi affidati alla monocultura turistica è stata un’arma a doppio taglio per decine di attività che, davanti a una drammatica crisi del settore, hanno dovuto arrendersi e chiudere.

Ma a soffrire non è solo Piazza San Marco: saltano all’occhio anche le condizioni di Calle delle Rasse e degli Albanesi, un tempo battute dai turisti ma attualmente composte da una triste distesa di saracinesche abbassate. Tant’è che la sensazione che aleggia è di trovarci ancora in “lockdown”.

“Colpa” del coronavirus e delle conseguenti restrizioni? Non proprio: alcune attività si erano arrese già prima.

La prova la fornisce Google Street View, che ha immortalato la situazione di settembre 2018: prima della pandemia, prima della marea record del 2019 che proprio in Calle delle Rasse ha trascinato un motoscafo. Dalle fotografie emerge che il turismo era “cambiato” già allora: più “stereotipato”, più “veloce” e meno propenso a spendere, anche in una zona “prestigiosa” a due passi da San Marco. E ai negozi che avevano ceduto il passo alle attività “low cost” se ne sommavano cinque che non avevano più riaperto.

La prima ad aver gettato la spugna era stata la tabaccheria: al posto di carte da gioco, souvenir e articoli per fumatori capeggiano ormai da anni delle barriere di truciolato. Stessa sorte anche per il negozio successivo, chiuso già all’epoca. Ma proseguendo lungo la calle il confronto con 2018 appare impietoso: rispetto a due anni fa mancano all’appello una bigiotteria e ben tre pelletterie a gestione orientale, tutte abbandonate con la carta a coprirne le vetrine. A ricordare la loro esistenza è rimasto solo un cartello: “SALDI”.
Poco più in fondo, di fronte a una vetreria che aveva già chiuso, ha dato forfait anche un negozio di lampade e collane.

Da Riva degli Schiavoni a Campo San Filippo e Giacomo si contano oggi ben dieci saracinesche abbassate: il doppio di quelle riscontrate nel 2018. E anche le attività “low cost” che in qualche modo erano riuscite a sopravvivere al turismo più “basso” nulla hanno potuto davanti al crollo degli arrivi.

Non diversa la situazione di Calle degli Albanesi, dove oltre ai ristoranti resistono solo la pasticceria Bonifacio e il negozio di scommesse. Ha chiuso La Basilica, trattoria della Curia, che sulla porta mostra un avviso datato martedì “4 agosto 2020” relativo alla “chiusura dei contatori”. Scomparso anche il bar “Oasi” del quale è stata rimossa anche l’insegna.

“Di fronte a numeri così bassi – commenta un commerciante della zona – l’offerta supera di gran lunga la domanda: quante attività uguali ci sono nel circondario? Quante dovranno chiudere se non si torna alle presenze di due anni fa?”

Tra le famiglie in passeggiata si sente

soltanto parlare italiano, francese e tedesco: a mancare è quella fetta di turisti extraeuropei che nel 2018 costituiva il 51% degli arrivi e sulla quale in tanti facevano affidamento per “far quadrare i conti”.

Ma la “stagione” è finita e i visitatori stanno già diminuendo: i negozianti superstiti non possono fare altro che “provare a resistere” fino al Carnevale. Sperando che l’aggravarsi della pandemia non metta in dubbio anche quello.

“Io sono fortunato a non avere un affitto – conclude il negoziante – ma le spese per pagare il mio commesso hanno superato gli incassi. Se l’avessi saputo, quest’estate sarei rimasto chiuso”.

Nino Baldan

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