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Venezia che resiste: “Venice Factory”. “Per salvare l’artigianato bisogna ripopolare la città”

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Recuperare la tradizione e innovarla: si riassume così il lavoro dello studio “Venice Factory” fondato dalle sorelle Eliana e Martina Gerotto in Fondamenta San Giobbe a Cannaregio.
“Siamo un’azienda 100% made in Italy – esordisce Eliana, direttrice creativa con un passato nel design industriale e nell’arredamento di interni – la nostra vocazione è produrre oggetti contemporanei che reinterpretino liberamente la tradizione artistica del territorio”.

In un Centro Storico ormai votato alla monocultura turistica c’è chi nel 2014 ha scommesso su un laboratorio di progetti da affidare a fabbri, falegnami, vetrai di Murano e tessitori.
Su un grande tavolo di legno le due sorelle realizzano su carta e poi con il cartoncino le bozze delle loro creazioni – tra le quali spiccano le figure in vetro

assegnate a Gianni Seguso, i gioielli con le murrine, piatti in pioppo, vassoi barocchi ma anche borse in stoffa e t-shirt. “Siamo editori di nostre idee che facciamo realizzare – spiega Martina – con l’ambizioso obiettivo di rilanciare un settore vitale come l’artigianato. A volte, però, siamo costrette a rivolgerci altrove: in città ha chiuso anche l’ultimo argentiere”.

Colpa di un turismo non più attento alla cultura?
Martina ci tiene a chiarire un concetto: “Gli artigiani non lavorano con i turisti ma con la committenza di chi vive e lavora a Venezia: se si vuole salvare l’artigianato bisogna ripopolarla. I fabbri realizzano grate, paratie per l’acqua alta e tavoli per le pescherie: è da qui che nasce il concetto di città, il vantaggio della popolazione di vivere insieme. L’unico modo di sanare l’economia è puntare sui residenti.”

Neppure il settore ricettivo sembra dare respiro al settore: “Gli hotel si affidano alle ditte della terraferma – prosegue Eliana – mentre gli affitti ‘per turisti’ sono diventati un ‘investimento a perdere’ con mobili low-cost facili da sostituire. Sono lontani i tempi in cui il residente si affidava ad antiquari

e ‘raccoglitori’ per allestire un B&B dal ‘sapore’ veneziano’: non c’è più la committenza e senza il lavoro le attività muoiono. E’ l’estinzione di un sapere”.
Da qui la “missione” delle Gerotto di dare linfa all’artigianato fornendo progetti da realizzare.

Ma qual è il ‘target’ medio di “Venice Factory”?
“I nostri articoli sono ricercati e di qualità – continua Eliana – ci rivolgiamo ai visitatori colti che sappiano apprezzare il bello, a chi è nato a Venezia o ha scelto di viverci ed è alla ricerca di un ‘mood’ creativo che ricordi la tradizione”.

Ma come si può salvare la città?
“Venezia porta con sé i saperi di secoli – concludono le Gerotto – ma il turismo ‘fine a se stesso’ la sta trasformando in un luogo ‘finto’ che allontana chi ama la sua storia, la sua arte e le sue botteghe. Le istituzioni devono avere il coraggio di puntare sul concetto di ‘città’, di tenere vivo il ‘seme delle cose’ e di come si realizzano. Ma siamo entrambe fiduciose: chi ama il bello non può perdersi nel pessimismo. Vince solo chi è tenace”.

Nino Baldan

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