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Ue ‘Recovery Fund’ (con o senza ‘Corona-bond’) ma ci impongono il Mes. Conte alza i toni “Abbandonare sogno europeo?”

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Ue 'Recovery Fund' (con o senza 'Corona-bond') ma ci impongono il Mes. Conte alza i toni "Abbandonare sogno europeo?"

Ue, ‘Recovery Fund’, ‘Corona-bond’, Mes. Un titolo che da solo manda in frantumi la prima regola del giornalismo: essere comprensibili. Sono questi i temi della giornata politica italiana ed europea, però, e se il lettore avrà la pazienza di arrivare a fondo vedrà che i temi saranno chiariti.

La lunga giornata viene seguita da Palazzo Chigi in cui si cammina sui carboni ardenti in vista di un possibile accordo nell’Eurogruppo. Il premier Giuseppe Conte, alla vigilia della riunione decisiva per l’attivazione di un piano europeo anti-virus, intravede una “luce verde” nel dibattito in Ue.

La linea dura, portata avanti anche in queste ore, secondo fonti della maggioranza potrebbe portare i suoi frutti sul sì dei falchi al fondo di solidarietà proposta dalla Francia, da finanziare con debito comune europeo. Ma serve tempo. E, nel frattempo, potrebbe essere inevitabile che l’Italia sia costretta, in qualche modo, ad accettare il Mes.

Di tutto questo, Conte, poco prima dell’ora di cena, parla con il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, con il titolare del Mef Roberto Gualtieri e con il sottosegretario Riccardo Fraccaro. Si tratta, di fatto, di un vertice squisitamente politico con il titolare della Farnesina che da un lato ribadisce la massima fiducia nell’azione di Conte, ma dall’altro mette sul tavolo la linea del M5S.

Una linea durissima rispetto al Mes. Anche per questo a Conte tocca mettere in campo una strategia bifronte: da un lato l’obiettivo è ammorbidire le posizioni dei falchi del Nord, a cominciare dalla cancelliera Angela Merkel. Dall’altro il premier è chiamato convincere la parte più consistente della sua maggioranza a dire sì ad un accordo che contenga pure l'”odiato” fondo salva stati.

Nella sua azione esterna il premier mantiene una linea rigidissima. Torna a parlare ad una testata teutonica – questa volta la popolarissima Bild – mettendo nero su bianco che, se non saranno allentate le regole del bilancio, per l’Europa sarà la fine. Nell’atteggiamento con i suoi alleati l’exit strategy prevede un jolly: il fatto che il Mes sia inserito nell’accordo dell’Eurogruppo non significa che venga applicato visto che la sua attivazione non è obbligatoria. E, difficilmente, questo governo la chiederà. Ma, per ora, al M5S, non può bastare. Serve un Mes che sia “ultraleggero” nelle condizionalità. In caso contrario anche le timide aperture che si intravedono in una parte dei vertici del Movimento andranno in fumo. Anche perché, come spiega una fonte di maggioranza, un minuto dopo “l’accordo Matteo Salvini ci farà campagna elettorale contro”.

Il tema, insomma, è soprattutto legato alla comunicazione. Perché al momento l’Italia non ha ancora firmato il Mes, che va comunque ratificato dalle Camere. Punto, quest’ultimo, sul quale resta tra l’altro il rebus della tenuta dei gruppi M5S.

Giovedì, prima dell’Eurogruppo, Conte, Gualtieri e Di Maio torneranno ad aggiornarsi. Per il premier la giornata è spigolosa. A ora di pranzo un vertice con i capidelegazione certifica le diverse sensibilità in seno al governo sul dossier delle aperture. Sulla gradualità c’è un sostanziale accordo ma su come applicarla le posizioni divergono (con Roberto Speranza che spinge per la linea di massima prudenza) e devono, tra l’altro, fare i conti con il crescente pressing degli industriali per la ripresa delle attività.

A complicare il quadro arriva il grido d’allarme del numero uno dell’Anci Antonio Decaro. “O arrivano 5 miliardi ai Comuni o si interrompono i servizi”, sbotta il sindaco di Bari prima di lasciare anzitempo la conferenza unificata tra Anci e Mef. Nelle stesse ore Cgil, Cisl e Uil tornano a chiedere, con tanto di lettera indirizzata a Palazzo Chigi, un incontro a Conte sulle riaperture. L’incontro ci sarà ma, al momento, dell’istituzione di una cabina di regia permanente, chiesta da giorni dai Dem, non si vede l’ombra.

Nel frattempo, dopo 16 ore di negoziato, all’interno dell’Eurogruppo si comincia ad intravedere uno spiraglio. Germania e Francia si sono ricompattate e lavorano per l’intesa su una risposta economica alla crisi che sia all’altezza della situazione e delle aspettative di tutti: di chi vuole usare il Mes come prima arma di difesa e di chi vuole qualcosa di diverso per condividere il peso della ricostruzione, sotto forma di Eurobond.

Sebbene sul tavolo ci sia una bozza di testo che punta al compromesso, prima di passare alle rifiniture resta da superare il blocco olandese su entrambi i fronti sensibili: no ad Eurobond e a Mes senza condizioni.

Il nostro premier, Giuseppe Conte, è determinato: “Abbiamo bisogno degli Eurobond per non far perdere competitività a tutta l’Europa. È nell’interesse reciproco che l’Europa sia all’altezza della sfida, altrimenti dobbiamo assolutamente abbandonare il sogno europeo e dire ognuno fa per sé – avverte nella citata intervista a Bild -. Ma impiegheremo il triplo, il quadruplo, il quintuplo delle risorse per uscire da questa crisi e non avremo garanzia che ce la faremo nel modo migliore”.

Quello olandese è un veto “controproducente e incomprensibile” secondo una durissima presa di posizione dell’Eliseo, convinto che non potrà durare. L’obiettivo è giungere ad un accordo nelle prossime 24 ore, visto che l’Eurogruppo è riconvocato per domani.

Il ministro dell’Economia Bruno Le Maire assicura che la Francia “metterà tutto il suo peso in questa battaglia”, e con il collega tedesco Olaf Scholz ha già lavorato nella notte per favorire l’intesa. Parigi, alleata di Italia e Spagna nella partita degli Eurobond, è riuscita a portare la Germania a bordo ammorbidendo le parole: nelle conclusioni non si parla in modo diretto di titoli comuni, ma di un Fondo per la ripresa, come proposto proprio dalla Francia qualche giorno fa.

Una volta stabilita la necessità di un fondo nuovo, si discuterà di come alimentarlo: il Sud vorrebbe i titoli comuni, la Germania guarda ancora a risorse comuni già esistenti come il bilancio Ue. “Abbiamo parlato di un Recovery fund da sviluppare e bisogna accordarsi sui criteri di organizzazione. Questo dovrà essere il lavoro delle prossime settimane e mesi”, ha detto Scholz a Berlino dopo l’Eurogruppo.

Il Recovery Fund sembra un concetto sempre più accettabile da tutti, anche se ancora non si entra nei dettagli di come alimentarlo. Ma non sarebbe impossibile trovare un compromesso su risorse comuni limitate che facciano da garanzia ad una limitata emissione di titoli. Circostanziando bene l’operazione e quindi il rischio da mettere in comune, può diventare digeribile per tutti.

Ma non risolutiva, perché la potenza di fuoco di uno strumento che nasce con il freno a mano tirato non potrebbe mai raggiungere le molte centinaia di miliardi di euro sperati dai Paesi del Sud. Il Mes è quindi imprescindibile.

Non a caso è stato l’oggetto del duro confronto della scorsa notte. L’Olanda, spalleggiata da Austria e Finlandia, non vuole ridurre troppo le condizioni per accedere agli aiuti del vecchio salva-Stati. E’ disposta ad azzerarle solo se i fondi vengono spesi per la sanità.

L’Olanda non vuole una riedizione della troika, ma insiste per lasciare alcune condizionalità di tipo macroeconomico. Ovvero: riforme e conti in ordine in cambio di aiuti. “Il Mes è prestatore di ultima istanza e secondo noi l’uso di questo fondo deve avvenire con una forma di condizioni. A causa della crisi attuale, dobbiamo fare un’eccezione e il Mes può essere usato senza condizioni per coprire i costi medici”, spiega il ministro olandese delle finanze, Wopke Hoekstra. Ma “per un sostegno economico di lungo termine, credo sia sensato combinare l’uso del Mes con alcune condizioni economiche”.

L’Olanda vorrebbe passare la palla subito ai leader Ue, perché il tema è troppo delicato. Francia e Germania vogliono invece far arrivare ai leader almeno una bozza di compromesso, per non dare di nuovo l’idea di un Eurogruppo fallimentare. “Nessuno ha un vantaggio se l’Europa non riesce a mettere in piedi una reazione concreta e solida, qui non si tratta di Italia. Non abbiamo mai vissuto una situazione d’emergenza di questo tipo perciò sono i cittadini europei che si aspettano una soluzione europea”, ha detto Conte, ribadendo che nessuno chiede alla Germania né tantomeno all’Olanda “di pagare i nostri debiti”.

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