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Stretta di Natale per evitare una terza ondata

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Stretta di Natale, è proprio chiamata così nei piani del governo, per “evitare terza ondata”.
D’altra parte in Italia si continuano a sfiorare i 500 morti al giorno per il Covid e il governo deve decidere come stringere le maglie anche se ormai ci siamo portati a ridosso delle festività natalizie.
Inutile ricordare che si sperava di essere in tutt’altro punto quando si immaginavano gli assembramenti da shopping che si sono visti in tutte le grandi città. Su tutti incombe lo spettro di una terza ondata a gennaio.
Una decisione arriverà entro 24 ore, entro questa sera probabilmente.
Con un’interlocuzione in corso con il Comitato tecnico scientifico (Cts), il governo ha fatto trapelare la necessità di misure più rigorose.
L’ipotesi è quella di una zona rossa nazionale nei giorni festivi e prefestivi – un lockdown di fatto -, dalla vigilia a Santo Stefano, da San Silvestro a Capodanno, solo con i servizi essenziali aperti.
Oppure quella – più probabile – di una sorta di grande zona arancione, con i negozi aperti e i ristoranti chiusi. E con il coprifuoco anticipato alle 18 o alle 20.
“Stiamo ragionando sulle due settimane delle vacanze di Natale – dice il ministro della Salute Roberto Speranza -, spero che in tempi brevi si possano prendere ulteriori misure per scongiurare un’ipotetica terza ondata”. “Dobbiamo essere più rigorosi durante le festività”, gli fa eco il ministro degli Affari regionali Francesco Boccia.
“In Italia la curva dei contagi

è in fase calante, mentre in Germania sta salendo”, osserva; il che porta a escludere un lockdown nazionale di settimane sull’esempio tedesco. Ma la stretta ci sarà, con l’unica deroga forse degli spostamenti tra piccoli Comuni entro un certo numero di chilometri.
La zona rossa nazionale nei festivi e prefestivi non vede però d’accordo tutti nel governo e nella maggioranza. E poi c’è il nodo ristori: la chiusura di negozi, bar e ristoranti porterebbe i gestori a chiedere un ulteriore sostegno economico.
Ma la necessità della stretta, spiegano dal Cts, è legata all’impossibilità da un lato di un controllo capillare del territorio e dall’altro a dati dell’epidemia ancora “preoccupanti”.
“Bisogna estendere le misure, altrimenti a gennaio saremo nei guai”, dicono gli esperti, che esortano a potenziare i controlli sul rispetto delle misure già in vigore. Ma fermare chi va a fare compere o al ristorante, dove e finché è consentito, non è possibile.
Le Regioni, che spingevano per un allentamento delle maglie, si trovano ora di fronte alla prospettiva di un inasprimento. Il più esplicito è il presidente della Liguria Giovanni Toti, che dice ‘no’ a misure omogenee in tutto il Paese, rivendicando i dati da zona gialla del suo territorio.
“Trovo surreale l’idea di un nuovo lockdown per Natale, preannunciato dal Governo quasi con piacere penitenziale – dice Toti, numero due della Conferenza delle Regioni -. Come se si dovessero punire gli italiani che hanno voglia di acquistare qualche dono per rendere meno amare queste feste”.
Ma d’altra parte non si può ignorare che è tornato a salire l’indice Rt. con 12.030 casi e 491 morti nelle ultime 24 ore.
In Italia

l’indice di contagiosità del virus SarsCoV2 torna a salire a 0,89 e, sebbene i 12.030 casi registrati dal ministero della Salute nelle ultime 24 ore indichino un calo, la situazione epidemiologica nel nostro Paese è indubbiamente difficile.
I 491 decessi in più rispetto al giorno prima hanno spinto il totale delle morti oltre la soglia di 65.000, con 65.011.
Un’analisi dell’andamento della mortalità fatta dal ministero della Salute indica inoltre che, dopo il calo delle settimane precedenti, dal 25 novembre al primo dicembre la mortalità da Covid in Italia rimane stabile o in lieve aumento nelle città del Nord.
Non induce all’ottimismo la situazione stazionaria degli ingressi nelle unità di terapia intensiva, né il rapporto fra casi positivi con 103.584 tamponi eseguiti, risalito all’11,6%.
Per il ministro della Salute, Roberto Speranza, “sono numeri ancora molto significativi. E’ vero che nelle ultime settimane c’è stata una lieve flessione per le misure adottate, ma la battaglia non è vinta e ci vuole ancora tantissima cautela. Ci vuole poco a tornare indietro e vanificare gli sforzi delle ultime settimane”.
La guardia resta alta anche a livello internazionale, dopo l’annuncio in Gran Bretagna dell’identificazione di una nuova variante del virus SarsCoV2.
Per l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) non ci sono comunque prove che la variante si comporti “in modo diverso” e viene già monitorata. Si sarebbero aspettato dati diversi, come conferma

il fisico Roberto Battiston, dell’Università di Trento, che ha calcolato l’indice Rt con una tecnica simile a quella alla base delle analisi condotte dall’Istituto Superiore di Sanità (Iss). “Per il fisico “la curva dell’epidemia sta calando ma ci troviamo in una fase pericolosa, nella quale il contenimento e il tracciamento non attivi rischiano di vanificare gli sforzi fatti finora, soprattutto in vista della riapertura delle scuole in gennaio.
Per Battiston “oggi avrebbe dovuto esserci una netta discesa dell’indice Rt e il fatto che sia risalito è una notizia non bella, arrivata 8-9 giorni dopo il cambiamento avvenuto in alcune regioni”, ha osservato riferendosi all’ordinanza del ministero della Salute entrata in vigore il 6 dicembre scorso.
Una correlazione particolarmente evidente nel caso dell’Emilia Romagna, il 6 dicembre passata da zona arancione a gialla, dove “si osserva una crescita particolarmente marcata negli ultimi tre giorni e dove l’indice Rt, a 0,96, si sta avvicinando a 1”.
Per Battiston “non dobbiamo dimenticare che oggi in Italia siamo come eravamo in primavera durante la prima ondata”, ossia a due settimane dal picco. La differenza è che ora “rischiamo di più perché siamo aperti con situazione epidemica ancora molto intensa e in pieno shopping natalizio e la voglia di rivedersi.
Capisco Angela Merkel – ha detto il fisico – che ha deciso il lockdown per tutto il periodo delle festività: un provvedimento efficace in un momento delicato”.
Permettere al virus di ripartire adesso sarebbe infatti un problema:

dobbiamo portare l’epidemia a valori bassi prima che riaprano le scuole. Si tratta – ha spiegato – di fare ponte fra la riapertura scuole e il momento in cui il vaccino comincerà ad essere somministrato in modo massiccio: ci vorranno mesi”.
Che per il vaccino ci vorrà tempo lo ha detto anche Speranza, per i quale “il vaccino non arriverà subito per tutti e quindi bisognerà scegliere alcune categorie, e poi ci vorrà un po’ di tempo per poter avere le dosi necessarie per tutti”.
La situazione epidemiologia non è semplice anche per il matematico Giovanni Sebastiani, dell’Istituto per le Applicazioni del Calcolo ‘Mauro Picone’ del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Iac), che come indice della situazione delicata attuale addita gli ingressi nelle unità di terapia intensiva, che non accennano a ridursi: il loro andamento risulta “costante” a partire dal 3 dicembre, quando la Protezione civile ha cominciato a diffondere i dati relativi. Secondo il ricercatore, inoltre, è probabile che l’Italia si stia affacciando su uno scenario simile a quello che sta vivendo la Germania e che ha richiesto misure di contenimento più severe da parte del governo.

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