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Sete di Jo Nesbø e il ritorno di Harry Hole

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Amare Jo Nesbø non è difficile. Con la sua scrittura attenta, coinvolgente, minuziosa e a volte feroce nel descriverci i dettagli più sanguinolenti, l’autore norvegese entra nel cuore degli amanti del genere thriller dopo poche pagine e ci tiene incollati alle sue storie sempre sorprendenti.

Accade così che anche con il ritorno di Harry Hole (che avete visto recentemente interpretato al cinema da Micheal Fassbender nella trasposizione de “L’uomo di Neve) in Sete, edito da Einaudi in cui a tre anni dalle nozze con Rakel, Harry, ormai vicino alla cinquantina, sembra aver trovato un suo equilibrio e la forza per tenersi alla larga dai guai. Da tempo ha chiuso con l’alcol e per lui non ci sono piú casi e indagini sul campo, solo un tranquillo incarico come docente alla scuola di polizia di Olso. Ma in città due donne vengono uccise nella propria abitazione a distanza di pochissimi giorni, e una terza viene ritrovata ferita sulle scale di casa. A collegare le vittime, il fatto che tutte e tre fossero iscritte a Tinder. E un segno inconfondibile, quasi una firma raccapricciante, lasciata sui loro corpi.

Dunque siamo davanti all’11esimo capitolo dedicato a questo personaggio e a tutta la serie di comprimari che gli stanno attorno, ma l’ispirazione di Nesbø non sembra essersi esaurita, regalandoci qui nuove sfumature che hanno come punto focale la sete. Una seta metaforica e reale, un bisogno di alcol da una parte e di sangue dall’altra. Sete di calarsi di nuovo nei panni dello “sbirro”, di fare giustizia e aver la possibilità di scegliere tra la vita e la morte di chi ci sta davanti, sia essa una vittima o l’antagonista vero e proprio. Una sete che scava solchi come una goccia nel deserto in un Harry ormai nascosto dietro ad una cattedra e in una baita tra i boschi.
Sete di indizi per il lettore che seppure in qualche modo conosce già il “vampiro”, non riesce a comprendere fino in fondo chi sia, conducendoci, pagina dopo pagina, in una serie di stupefacenti colpi di scena.

Il libro, complesso ed intrigante, si pone inoltre come un raccordo tra l’opera procedente, Polizia, e quella futura, che si spera possa raggiungere i nostri scaffali presto. Questo però non toglie che Sete sia un’opera a se stante godibilissima, alla quale bisogna prestare un’ attenzione particolare. Sì perché quando siamo convinti che Nesbø ci abbia trascinati per molte pagine verso il finale più scontato, ecco che l’autore sferra un colpo di coda incredibile, rimescolando completamente le carte in tavola ed aprendo le porte ad un futuro pieno di domande e possibilità.

Sara Prian

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