Sindacati e Governo non si parlano: è davvero terminata l’era della concertazione?
I tavoli tra governo, sindacati e associazioni degli imprenditori, sono sempre stati considerati dai lavoratori come una vittoria, in passato; ora la concertazione ha accompagnato riforme, innovazioni e soprattutto depauperamento dei diritti dei lavoratori conquistati con dure “lotte sindacali” .
È chiaro che il sistema attuale delle relazioni industriali italiane vive una tormentata e lunga transazione regressiva: lo ha dimostrato ampiamente l’atteggiamento del Governo Monti che (solo per citarne una) ha portato a compimento la riforma del sistema pensionistico ignorando quasi completamente le posizioni delle parti sociali, e lo confermano ancor di più le preoccupanti dichiarazioni del ministro del lavoro Poletti e la sfida lanciata del premier Renzi che annuncia la fine della stagione della concertazione con le parti sociali, reso possibile per il fatto che oggi come oggi il sindacato si è clonato e fagocitato all’interno del dna della politica diventando una palestra per futuri politici.
Tale situazione ha generato ed ingessato il sindacato trasformandolo in una semplice associazione fiscale a scapito dei lavoratori. Per questo quanto prima dobbiamo legiferare che coloro che svolgono attività sindacale non possono svolgere attività politica come avviene in Germania, almeno cosi’ pure da noi il sindacato potra’ sedersi nei tavoli di amministrazione e partecipare agli utili aziendali con il codice della partecipazione (proposta di legge Governo Berlusconi con Min.Sacconi).
L’attuale congiuntura economica impone di agire con rapidità nella realizzazione di cambiamenti significativi: a tale proposito è quanto mai opportuno che il Governo decida all’interno di una democrazia parlamentare, ma è altrettanto corretto dare un segnale di apertura alle parti sociali, i cui obiettivi sono ben lungi dall’osteggiare le misure di politica economica promosse/promesse.
Dall’abbassamento della tassazione del lavoro dipendente, restituendo il fiscal drag che i lavoratori avanzano dal “defunto Governo Prodi “ mentre Confindustria incassava il denaro derivante dal taglio del cuneo fiscale per essere rienvestito nella internazionalizzazione delle imprese che non era altro che una vera delocalizzazione e l’inizio del impoverimento del tessuto lavorativo italiano, alla scelta di aumentare la tassazione sulle rendite finanziarie quelle vere e non sui conti correnti dei risparmiatori /pensionati in quanto quei soldi messi da parte con sacrifici sono il frutto al netto delle tasse, perché continuare a tassarli, all’abbattimento dell’aliquota dell’Irap alle imprese, anche se risulta ancora poco chiaro il modo in cui verranno reperite le risorse economiche necessarie alla copertura di tali misure.
Sarebbe piu’ facile chiedere che essa sia investita per l’innovazione e formazione delle risorse umane nei stabilimenti italiani, forse avremmo un esito migliore.
Dispiace pure come il job acts stabilizzi maggiormente la flessibilità e precarieta’ con salari sempre piu’ bassi, nulla servono 80 euro che saranno polverizzati dalla tasi e iuc, ma il grande bluff sta su cosa toglie il governo, come la detrazione del coniuge a carico che colpirà le famiglie monoreddito e pensionati.
Probabilmente qualcosa non funziona più nel sindacato italiano che, a fronte di un leader che ha fatto della rottamazione una chiave vincente per l’ascesa, ha una velocità di marcia che risulta ormai lenta e inadatta ai tempi, per questo necessita quanto prima una rottamazione /rinnovamento che funga da catalizzatore per un cambiamento radicale
Bragatto Gianluca
[07/04/2014]
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