Ricordare tenendo stretti al cuore i valori che hanno ispirato la sua vita, il suo fare e il suo dare. È mancato lo psichiatra Domenico Casagrande lasciando intatto e indelebile il suo percorso professionale e umano sempre nutrito e abitato dall’esigenza della massima cura dei bisogni e dei diritti dei suoi pazienti.
Quando muore un uomo così grande, ci si sente tutti più soli, più poveri, più fragili. Una ventata di ricordi apre le porte ad un tempo pieno di speranze, una stagione di riforme (la psichiatrica, la 180, voluta da Franco Basaglia e da chi lo ha accompagnato nel suo evolversi di civiltà, la riforma sanitaria. . .). Con il cuore e con le gambe in cammino affinché l’utopia si riveli, il lavoro dello psichiatra al Centro di Salute Mentale, a Palazzo Boldù, ha donato alla città un’esperienza esemplare: il territorio, e non più le mura manicomiali circondate dall’acqua, le occasioni offerte ai pazienti da una equipe di professionisti e volontari, per ricominciare a vivere, a tu per tu con una Venezia, che in quegli anni ci ha donato il suo sguardo migliore, grazie al fiorire e lo svelarsi di un mondo più giusto e vero, che aveva l’esigenza di affermare una cultura di civiltà.
Anni vissuti attraverso le trasformazioni culturali e sociali che hanno insistito sulla necessità di mettere al centro l’uomo, il rispetto della persona e i suoi bisogni. Primo fra tutti il superamento delle istituzioni totali, come il manicomio, che ha sepolto uomini e donne dimenticati nelle isole veneziane. In quel mondo orientato a sviluppare una cultura di riscatto dei più deboli e degli oppressi.
Il dottor Domenico Casagrande, professionista instancabile e appassionato, ha voluto e saputo imprimere nel nostro tempo il sentimento di una psichiatria rivolta all’uomo, alla cura dei suoi bisogni di salute, di rispetto e di dignità della persona.
Una grande lezione che rimane scolpita nelle pietre di questa città, nelle persone che hanno avuto il privilegio di conoscerlo, di apprezzarlo, nella cultura sociale che tanto avrebbe bisogno ancora della sua illuminante utopia.
Andreina Corso
Molte grazie, cara Andreina, per questo tuo appassionato ricordo di un personaggio che ancora non conoscevo. Non resta che sperare che la sua eredità possa essere raccolta e fatta ancora fruttare. Intanto, sia pace alla sua anima di uomo probo.
Un altro simbolo di un periodo speciale se n è andato e mi chiedo chi raccoglierà la sua eredità.
La morte di un uomo che ha dedicato la sua vita per cambiare le strutture ospedaliere per malati di mente fa una immensa impressione Andreina!