“Non ho mai preso soldi illecitamente, sono vittima di chi mi avrebbe voluto controllare ma non c’è riuscito”. Così Maria Giovanna Piva, ex Presidente del Magistrato alle Acque, accusata di corruzione nella vicenda Mose, una degli otto imputati eccellenti rimasti a processo, si è difesa davanti al Tribunale di Venezia. Con lei sono a giudizio anche l’ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni e l’ex ministro Altero Matteoli.
Piva, Presidente del Magistrato dal 2001 al 2008, secondo i suoi accusatori avrebbe ricevuto uno ‘stipendio’ di 400mila euro all’anno. Circostanza che Piva, difesa da Emanuele Fragasso, ha negato, sostenendo di essere finita nel mirino di Mazzacurati (l’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova) perché non si era asservita al suo modus operandi da ‘signore assoluto del Mose’; ma anche perché ne aveva contestato alcune scelte tecniche – per le quali riteneva necessaria una perizia metallurgica – in relazione al sistema di cerniere di collegamento tra i cassoni sommersi e le paratie mobili.
Per l’accusa – sostenuta dai Pm Stefano Ancillotto e Stefano Buccini – pesano però gli acquisti di immobili, tra cui l’abitazione e una casa per le vacanze a Caorle (Venezia) pagata in parte in ‘nero’, intestate al figlio, che giustificherebbero un tenore di vita superiore a quello consentitole dallo stipendio di dirigente del Ministero delle infrastrutture cui il Magistrato (ora soppresso) dipendeva.