La crocifissione della dignità. Con questo concetto che accantona e mette a riposo le teorie filosofiche di ogni tendenza e ogni dove, e con una “inconfondibile ” frase, in un concetto espresso in quattro parole, abbraccia e illumina i dolori del tempo, le ingiustizie e le protegge con la forza del Cristo in croce.
A pronunciarla, non poteva essere che lui, Papa Francesco, ferito ma non vinto dal male che ogni giorno il mondo consuma, dalla volgarità della guerra e dei suoi orrori, da quelli “che noi siamo noi e veniamo per primi”, dagli altri “che “loro sono loro e non hanno diritti”.
La crocifissione della dignità. Un volo bianco nel rosso del sangue, la sua parola, un colpo al cuore che fa bene, quell’ammonimento simile a preghiera. E insieme un urlo, un’urgenza che ci chiama, ci invita a pensare e a ragionare su quella dignità crocifissa.
La vediamo in ogni dove, se vogliamo e la lista è troppo lunga per poterla scrivere con la certezza di non aver escluso nessuno.
Francesco è così, come sanno essere solo i Grandi, modesto, intelligente, generoso.
Quante volte l’abbiamo ascoltato e avvertito il baratro della sua delusione insieme alla forza della sua spiritualità.
La crocifissione della dignità, che forse non a caso, non ha plurale, è prima di tutto la nostra, quando ci accorgiamo che la dignità umana è stata calpestata e non giriamo la faccia da un’altra parte, non cambiamo direzione per non vedere.
Un uomo , un senza fissa dimora, parlava con qualcuno dalla strada, verso una finestra. Da lontano si intuiva un ragionamento, l’uomo gesticolava e sembrava coinvolto nella conversazione. Avvicinandomi, ho visto con sorprese che non era una finestra ma un capitello incavato sul muro di una casa. C’era la Madonna con il bambino e l’uomo stava sistemando dell’erba sotto la statua.
Appena mi ha vista, è scappato, dicendo “non ho fatto niente, non ho fatto niente”.
Sì anche a lui hanno crocifisso la dignità.
Andreina Corso