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La madre che colpisce con un martello la figlia a Mestre, cosa scatta in certe convivenze forzate?

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La madre che colpisce con un martello la figlia a Mestre: il giorno dopo non si parla d’altro. Non solo in centro a Mestre, attorno a via Mascheroni dove è avvenuto il fatto, ma ovunque, e la domanda è sempre la stessa: cosa scatta in certe convivenze forzate?
La donna, 81 anni, ha aggredito la figlia, 57enne impiegata, con una mazzetta da muratore. Le urla hanno poi fatto accorrere la polizia. L’anziana è accusata ora di tentato omicidio mentre la figlia è all’ospedale.

La situazione di emergenza dovuta alla pandemia di COVID-19 ha messo in crisi la nostra salute psicologica, non solo durante i lockdown, ma anche nelle altre convivenze forzate, ad esempio durante gli smart working. Improvvisamente le stanze delle case si trasformano in uffici. L’impiegato chiede agli altri componenti della famiglia di non fare rumori, di non ascoltare la radio o la tv: “Per favore, devo fare la videoconferenza”. Poi finalmente la mattinata finisce, pare tornare la libertà dei comportamenti in casa propria ma a volte non è così: “Per favore abbassa, è il telefono”. E’ il collega o il superiore, e lo spirito di sopportazione soffre.
Dal punto di vista della salute psicologica la “fase di scarico”, cioè quella in cui uno è libero nei comportamenti, ad esempio, per apprezzare la solitudine o il silenzio, viene soppressa da un’ulteriore dose extra “di carico” con la quale si congiungono le giornate di affiancamento consecutive di convivenza forzata. Di più: con norme comportamentali che condizionano la vita del convivente.

Oltre a questo, si sono rotti gli schemi abitudinari delle nostre vite e siamo stati costretti a confrontarci con le nostre relazioni familiari continuamente. Ci siamo ritrovati a doverci ascoltare di più, volenti o nolenti, e siamo costretti a vivere la nostra condizione fino in fondo, senza alcun schema di evitamento. Dall’esperienza dell’inquadratissima Cina sappiamo che c’è stata un incremento considerevole di denunce per violenza domestica e un aumento delle richieste di divorzio.

Al fatto di Mestre si aggiungono componenti che acuiscono la crisi, come quella delle convinzioni no vax della figlia. Un comportamento che può sembrare egoistico, secondo una lettura allargata, dato che può mettere in pericolo l’anziana.
Così tutto precipita domenica pomeriggio, quando urla rompono il silenzio del pomeriggio domenicale nella palazzina.
Sono grida di donna. Le urla chiedevano aiuto.

Alessandra S. gridava perché la madre Giuseppina S. la stava colpendo in testa con una mazzetta da muratore. I vicini chiamano il 113 e quando gli agenti arrivano trovano le due donne in stato confusionale. A terra il grosso martello, sporco di sangue. La più giovane è ferita, si tiene la testa. Piange, si lamenta e non riesce a parlare.
Arriva l’ambulanza.

E mentre Alessandra viene portata in ospedale i poliziotti, con la cautela del caso, cercano di farsi spiegare l’accaduto dall’anziana, ma non c’è una vera e propria logica, se non un collage di comportamenti raccontati in maniera frammentaria che si sommano nell’ “urto”. Sullo sfondo una figlia no vax che da quasi due anni lavora da casa non avendo nessun tipo di Green pass, con l’81enne che doveva occuparsi di tutte le altre incombenze.
Secondo la consulenza psichiatrica l’anziana capiva cosa stava facendo, quindi il magistrato di turno dispone il fermo per tentato omicidio con i domiciliari nella sua casa.

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