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[23/06] Sono in stazione, mi avvicino di tutta fretta al giornalaio guardando tra la moltitudine di riviste da acquistare per passare Il tempo in treno. Ad un certo punto scorgo una cosa tra la miriade di coperine colorate.Il mio sguardo viene attratto da un libro con una copertina bianca e un disegno del leone di San Marco com'era raffigurato nelle bandiere da guerra della Serenissima.
Il titolo m'incuriosisce (L'ultimo dei venessiani) un titolo che echeggia come una sentenza. Lo acquisto, inizio a leggerlo e con sorpresa vedo che e' scritto interamente in veneziano.
Dopo aver letto la prefazione di Federico Fontanella, scrittore e poeta, mi addentro nella storia di Alvise Fachin, l'ultimo dei veneziani, e delle sue considerazioni su una Venezia in coma irreversibile privata delle sue antiche tradizioni e della sua storia e pronta ad essere gettata assieme ai suoi pochi abitanti in pasto a un turismo di massa, a una politica senza cultura e vorace come cavallette.Il libro, piacevole, malinconico, profondo, e' l'amara riflessione di un veneziano che vede la propria citta', le proprie tradizioni spegnersi irrimediabilmente (come i bacari, la voga o el trovarse e ciacoear al mercato o per strada).
Michele Brocca, poeta e scrittore, ci regala una piccola chicca, uno spunto per pensare, per riflettere.
Andrea Di Centa
