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La Serenissima, miglior governo del mondo. Di Ettore Beggiato

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Samuel Edward Finer è stato uno storico inglese del secolo scorso (1915-1993); il suo lavoro può autorevole e famoso è la ponderosa ricerca contenuta nei tre tomi “La storia del governo dai tempi più antichi” un’analisi comparativa dei sistemi governativi più significativi. In 1.700 pagine troviamo analizzati imperi, regni, repubbliche che hanno inciso nella storia del mondo: dai sumeri agli egizi, dall’impero persiano alle città greche, dai vari imperi cinesi ai califfati arabi, dalle repubbliche rinascimentali all’impero ottomano, agli stati moderni europei.

Finer si basava nei suoi studi nel confronto di quattro elementi: palazzo (governo), forum (democrazia), religione organizzata e nobiltà.

Bene, il prof. Finer alla fine del suo straordinario lavoro arriva a una conclusione ben precisa: il miglior governo del mondo fu quello della Serenissima Repubblica Veneta.

E quanto sostiene Finer è in linea con quanto scriveva Giannantonio Paladini, autorevole storico e politico veneto, in un articolo apparso sul Gazzettino nell’ormai lontano 2 gennaio 1996 ricordando come una giuria del prestigioso “Washington Post” avesse appena scelto Venezia del Cinquecento come “migliore luogo spazio-temporale del millennio” con la seguente motivazione “Per la sua apertura al mondo, la stabilità del governo, l’eccezionale vita culturale”.

E così G. Paladini giustificava tale riconoscimento:

“Una New York dell’epoca: così gli storici della Serenissima amano definire lo stupefacente centro di quel caratteristico Commonwealth di terra e di mare, Adriatico e Mediterraneo, che fu la Venezia del ‘500. A Philippe de Commynes, ambasciatore di Carlo VIII, re di Francia, essa era parsa bellissima, alla fine del ‘400.

“I gentilissimi veneziani mi condussero – ricorda nelle Memorie il diplomatico- lunga la strada principale che essi chiamano Canal Grande, la strada più bella che ci sia in tutto il mondo, quella meglio costruita, con le case molto grandi e alte…e quelle antiche tutte dipinte, quelle fatte da cento anni in qua con le facciate di marmo bianche: la città più splendida che io abbia mai visto”.

Ma insieme, cosa forse più rilevante, Venezia era capitale dello Stato che -con maggior senno politico si governava.- “

Peccato che tanti storici e pseudo intellettuali italiani e veneti facciano a gara nel cercare di nascondere, falsificare e mistificare la storia della nostra Repubblica: ci vuole ben altro, comunque… quanti ne abbiamo visti da Napoleone in poi accanirsi contro la Repubblica Veneta … ma nonostante questo la Serenissima continua e continuerà ad affascinare e a rappresentare un faro di cultura e di civiltà.

Ettore Beggiato

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  1. Già vero …. ma tuttavia le considerazioni di Finer non aggiungono nulla di nuovo a quanto a suo tempo già sostenuto dal scrittore, letterato e ”testimone diretto” Francesco Guicciardini – in tempi coevi al Serenissimo governo -, e assai più recentemente dall’economista Serge Latouche, solo per ricordare due polarità temporali ed intellettuali estreme. In mezzo, oltre a loro, molti altri ovviamente erano giunti ad analoghe considerazioni … menti eccelse come quelle di Vittore Branca, Sergio Bettini, Frederic Lane ed altri. Insomma, che quello di Palazzo Ducale, nel bilancio complessivo della storia, non fosse proprio un governicchio uguale agli altri ad esso coevi chi sa di storia veneta lo sospettatava già da qualche tempo. Detto questo – ed non è comunque poco -, resta tuttavia il nocciolo storiografico fondamentale del problema (e che nocciolo!), ancora da risolvere, oppure solo risolto in parte, e che costituisce il vero “valore aggiunto” intellettuale cui approdare per dare – parafrasando la massima evangelica – “ai Dogi ciò che era dei Dogi” : Che razza di organizzazione statuale – e non Nathion – fu mai questa? Come fu possibile – al di là delle semplicistiche spiegazioni – la sua ”lunga durata”? Che rapporto ebbe con la modernità? Che rapporto ebbe questo Commonwealth policentrico (Gherardo Ortalli) con le sue strutture decisionali e burocratiche e con le comunità assoggettate nei domini da Tera e da Mar? Quanto peso ebbe la cultura della trattativa, propria di una società di mercanti, nello sviluppo successivo delle mediazioni di potere e dei conflitti? Ecco qui solo alcune questioni sottostanti al polifonico giudizio sul mitologico (che non va letto come storia falsa o assolutamente vera, ma come elemento simbolico) “buon governo” ma che ancora – purtroppo – latitano nella consapevolezza di massa delle genti venete e sulle quali, purtroppo, hanno buon agio a volgere a loro favore i tanti culturi “colti” e ”politicamente corretti” dell’antimito della Serenissima ….
    Massimo Tomasutti

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