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L’infermiera che faceva finta di vaccinare ha patteggiato 4 anni

E.P. l'infermiera che " non vaccinava davvero" ha così potuto ridurre la pena da 8 a 4 anni. I risarcimenti stabiliti ora con cause civili.

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L’infermiera che faceva finta di vaccinare hs preferito patteggiare, è stato così scongiurato il pericolo di finire in detenzione. Si parla della vicenda giudiziaria di E.P., l’ex assistente sanitaria trevigiana accusata di frode nell’amministrazione dei vaccini, in quanto accusata di “fare finta” di inoculare i vaccini. La vicenda si è conclusa davanti alla Corte d’Appello di Trieste, dove la donna ha patteggiato una pena di 4 anni di reclusione. L’accordo è stato raggiunto tra il difensore dell’imputata, l’avvocato Paolo Salandin, e la procura generale di Trieste.

Il patteggiamento ha consentito all’infermiera di vedere ridotta significativamente la sua pena, precedentemente fissata a 8 anni e 6 mesi di carcere dal tribunale di Udine in primo grado. Le accuse contro di lei includevano peculato, falso in atto pubblico, rifiuto d’atti d’ufficio e falso in certificazione. Nell’affrontare l’appello, la difesa aveva contestato la mancanza di prove concrete dei reati e l’assenza dell’elemento soggettivo. L’avvocato Salandin ha sostenuto che l’ostilità nei confronti della donna, causata dal clima circostante durante la pandemia di Covid-19 e la relativa controversia sui vaccini, ha influenzato negativamente il processo, portando a una “pena esemplare” iniziale.

La difesa ha già annunciato ora l’intenzione di richiedere una pena alternativa, proponendo l’affidamento ai servizi sociali, affinché l’infermiera non debba espiare la sua pena in carcere. Inoltre, si prevede di cercare un ulteriore sconto di pena per buona condotta, con l’obiettivo di ridurre la condanna da 4 a 3 anni, afferma il legale.

Entrambe le parti civili, rappresentate dall’AsuFc (Azienda sanitaria universitaria del Friuli Centrale) e dall’Ulss 2 Marca Trevigiana, avevano presentato appello, eccependo la mancanza di prove dei danni subiti dalle famiglie e l’assenza di responsabilità da parte delle Aziende sanitarie nel comportamento tenuto dall’imputata.

I risarcimenti alle aziende sanitarie verranno valutati in un procedimento civile separato. La Corte dei Conti del Veneto aveva già condannato l’infermiera al pagamento di 80mila euro a favore della Ulss 2. La donna, una volta scoperto il caso, era stata licenziata e sospesa dall’Albo degli assistenti sanitari.

Le prove presentate in primo grado includevano il ritrovamento di rifiuti speciali nei bidoncini utilizzati dall’operatrice per gettare siringhe e fiale, oltre alle testimonianze dei colleghi. Un’indagine su 284 bambini aveva poi rivelato che quelli vaccinati dall’imputata avevano sviluppato anticorpi solo nel 14,5% dei casi, a differenza del 95% raggiunto dai bambini vaccinati dagli altri operatori sanitari, dimostrando la mancanza della vaccinazione reale nei confronti dei piccoli.

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