Immagini pedo-pornografiche agli studenti del Veneziano: chi c’è dietro la chat chiamata: “Aggiungete più persone possibili”, che ha come marchio il simbolo dell’infinito in nero su sfondo viola? Le forze dell’ordine stanno indagando, anche se non è chiaro che ruolo sarà attribuito a tutti coloro che hanno ricevuto l’invito e l’hanno aperto inconsapevolmente.
E’ uno scandalo in piena regola quello che ha scosso Martellago, ma non solo, per la scoperta di un gruppo WhatsApp pedopornografico che coinvolge centinaia di ragazzi delle scuole medie. Le immagini sono raccapriccianti come non mai, addirittura con bambine nude in pose sessuali e neonati.
L’orrore è emerso quando una madre, allarmata dalle immagini che sua figlia aveva ricevuto, ha denunciato il caso ai carabinieri di Martellago. Il materiale pedopornografico circolava in un gruppo denominato “Aggiungete più persone possibili”, caratterizzato da un simbolo dell’infinito in nero su sfondo viola. Il numero di studenti coinvolti è salito di decine alla volta, poiché il gruppo si è esteso rapidamente attraverso la condivisione di rubriche e inviti tra amici e compagni di classe. Nonostante la tempestiva reazione di alcuni genitori che hanno segnalato il caso alle autorità, si stima che almeno 1600 contatti siano stati raggiunti prima che molti decidessero di abbandonare la chat e informare i propri genitori.
La Polizia postale è già al lavoro per indagare sull’origine della chat e individuare i responsabili della diffusione del materiale illegale. Nonostante la rapida diffusione del materiale, il coinvolgimento di numerosi genitori e la collaborazione tra le famiglie hanno dimostrato l’efficacia delle iniziative educative sulla sicurezza online. Molti genitori, avvocati nella vita, hanno già presentato denunce in autonomia sul caso.
Le indagini per cercare di risalire a chi ha aperto la chat e a chi ha postato il materiale pedopornografico sono già state avviate. «Mio figlio non ha aperto la chat, l’ha cancellata subito – racconta il papà di un alunno di prima di Maerne – Ho inviato una mail alla Polizia postale, anche per cautelarci, non vorremo che i nostri figli dovessero pure rispondere di detenzione di materiale pedopornografico».