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Antidepressivi e consenso informato. A cura del Dott. Angelo Mercuri

I farmaci antidepressivi non sono adatti a tutte le forme di depressione e non andrebbero assunti, a meno che...

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I farmaci antidepressivi attualmente in uso hanno diversi effetti collaterali comuni perché comune è il loro meccanismo d’azione: nel cervello fanno aumentare la quantità del neurotrasmettitore serotonina tra un neurone e l’altro incrementando l’eccitabilità del secondo neurone; per farlo, bloccano la pompa molecolare che normalmente ripulisce lo spazio sinaptico dalla serotonina in eccesso, e per questo si chiamano inibitori della ricaptazione della serotonina.

In questo articolo vorrei richiamare l’attenzione sul fatto che la serotonina non è solo un neurotrasmettitore ma è una sostanza che nel nostro organismo svolge diverse altre funzioni; il suo aumento artificiale pertanto, ad opera del farmaco, non dà solo un possibile beneficio sull’umore ma provoca anche effetti indesiderati. Ancora, la vecchia teoria meccanicistica secondo cui la depressione ha come primum movens un calo di serotonina è da abbandonare perché non vi è alcun dato scientifico che dimostri questo; semplicemente, le sostanze che fanno cronicamente aumentare il livello di serotonina tra un neurone e l’altro danno un possibile e temporaneo sollievo alla depressione perché sovvertono la normale biochimica del cervello dando un effetto finale euforizzante (se lo danno) ma al prezzo di perturbare gravemente e pericolosamente l’equilibrio biochimico del cervello e del corpo: ne vale la pena solo se la depressione è molto grave. Gli scienziati stanno comunque cercando le cause prime della depressione proprio per trovare farmaci più mirati, più efficaci e con meno effetti collaterali di quelli attuali.

Probabilmente le depressioni sono tante e non una sola e per questo una buona parte dei pazienti non risponde agli antidepressivi, soprattutto quelli con depressioni leggere o medie: si intuisce infatti che una depressione con una precisa causa plausibile è diversa da una depressione su base ereditaria che insorge come un fulmine a ciel sereno quando tutto sta andando bene; da considerare poi che la depressione, a meno che non diventi tanto forte da paralizzare, è un utile automatismo biologico che spinge il soggetto a fermarsi e riflettere per trovare nuove soluzioni ai propri problemi; si intuisce dunque che l’uso di antidepressivi nelle depressioni reattive non gravi andrebbe evitato perché spesso totalmente inefficace e anzi solo dannoso.

In generale, gli antidepressivi andrebbero assunti soltanto nel caso di gravissime depressioni, casi in cui solitamente si rivelano efficaci e non per altri motivi quali ansia, insonnia, ossessioni e fobie perché, a parte gli effetti collaterali a breve e lungo termine, va considerato che essi provocano dipendenza, assuefazione (perdita di efficacia) e astinenza (qualora li si sospenda ma talvolta anche durante l’assunzione). Inoltre, l’utilizzo continuativo per anni di un antidepressivo può far peggiorare la depressione o farla venire ex novo in quanto stimola nel cervello una controreazione al farmaco: l’aumento cronico di serotonina farmacologicamente indotto, spinge cioè il cervello a diminuirne la produzione, a diminuire il numero dei recettori serotoninergici e la loro sensibilità o ad accelerare la degradazione della serotonina, tutte contromosse che porteranno il cervello, nel giro di mesi o anni, a pareggiare ed annullare l’effetto del farmaco peggiorando biochimicamente nella direzione di una aggravamento della depressione. Gli antidepressivi sono dunque farmaci sintomatici che a lungo andare peggiorano la depressione.

Riporto qui di seguito alcuni degli effetti collaterali più comuni degli antidepressivi serotoninergici, alcuni spiegati e altri solo accennati:

    • Maggiore predisposizione al sanguinamento

Il meccanismo di aggregazione piastrinica e quindi di coagulazione del sangue è finemente regolato dalla concentrazione di serotonina all’interno ed all’esterno delle piastrine; tali adeguate concentrazioni sono mantenute da una pompa molecolare conficcata nella membrana cellulare della piastrina, pompa identica a quella dei neuroni. Si intuisce quindi che un blocco di tale pompa ad opera della molecola antidepressiva provocherà un alterato funzionamento delle piastrine e quindi una difficoltà di coagulare il sangue.

    • Disturbi gastrointestinali

La serotonina non è solo un neurotrasmettitore del cervello ma viene prodotta in gran quantità anche nell’apparato digerente (dallo stomaco al colon) dove regola molte funzioni gastrointestinali. Anche le cellule gastriche e intestinali hanno la solita pompa di recupero della serotonina in eccesso, pompa che viene bloccata dall’antidepressivo provocando un accumulo di serotonina extracellulare lungo il tratto digerente con conseguente nausea, cefalea, gonfiore e dolore addominale, diarrea o stipsi, sintomi più marcati nei primi 7-15 giorni di trattamento.

    • Disturbi sessuali

I disturbi sessuali durante l’uso di antidepressivi sono assai noti al grande pubblico e rappresentano uno dei principali motivi di dismissione della terapia. Non è stato completamente chiarito il meccanismo attraverso il quale gli antidepressivi possono danneggiare la sessualità a livello di desiderio, eccitamento genitale e orgasmo ma si pensa che le cause siano molteplici:

  • Aumento di serotonina che va ad agire negativamente su certi recettori cerebrali (desiderio) e corporei (eccitamento sessuale e orgasmo)
  • Diminuzione di ossido nitrico con conseguente vasocostrizione e impotenza (l’opposto di ciò che fanno Viagra e simili)
  • Complesse alterazioni funzionali epigenetiche reversibili del DNA (metilazione) che vanno a sovvertire i delicati meccanismi della sessualità.
    • Disturbi della fertilità

I disturbi sessuali già di per sé contribuiscono alla diminuzione di fertilità negli assuntori di antidepressivi ma vi sono anche altri motivi, successivi al coito. Tutti gli antidepressivi più noti stimolano la produzione di un derivato del progesterone, il pregnenolone, che ha un’azione inibitoria sull’ipotalamo (simile a quella delle benzodiazepine) e, di conseguenza, sull’asse ipotalamo-ipofisi-ovaie. A causa di ciò, si è notato che donne depresse che assumono antidepressivi sono meno fertili di donne depresse che non li assumono.

Nel maschio probabilmente vi è una corrispondente azione inibitoria del pregnenolone in eccesso sull’asse ipotalamo-ipofisi-testicoli che causa diminuita fertilità alterando la composizione del liquido spermatico; gli spermatozoi degli uomini che assumono antidepressivi sono di meno, meno vivaci e hanno un numero maggiore di mutazioni genetiche che non si trasmettono alla prole perché la natura prudente li fa morire prima (oligospermia).

    • Osteoporosi

Non è chiaro il motivo per cui l’utilizzo di antidepressivi inibitori della ricaptazione della serotonina a lungo termine possa portare a diminuzione della densità ossea e al sovvertimento dell’architettura dell’osso (osteoporosi) anche se la presenza in seno al tessuto osseo di recettori per la serotonina ne fa intuire il motivo. Il risultato osservato è che gli anziani assuntori di antidepressivi vanno più facilmente incontro a fratture da osteoporosi.

    • Iposodiemia

Una bassa concentrazione di sodio nel sangue è un noto effetto collaterale degli antidepressivi che può riguardare tutti, soprattutto entro le prime due settimane di trattamento. Si verifica più facilmente negli anziani, nelle donne e in chi assume certi diuretici. Può essere più o meno marcata ma anche una lieve iposodiemia può dare disturbi neurologici, psichiatrici e metabolici come vertigini, debolezza, cadute a terra, disturbi cognitivi, confusione mentale, depressione, osteoporosi. Sembra che gli antidepressivi causino iposodiemia sia incrementando la secrezione di ormone antidiuretico dall’ipotalamo e sia aumentando la sensibilità ad esso a livello del rene; il risultato è che il soggetto ha ritenzione idrica e di conseguenza iposodiemia.

    • Disturbi cognitivi

Gli antidepressivi diminuiscono le prestazioni cognitive (memoria, attenzione, concentrazione) con meccanismi complessi e non ancora completamente chiariti; certamente a ciò contribuiscono i disturbi del sonno e la poca vivacità emotiva. Particolare attenzione devono porre gli automobilisti che assumono antidepressivi poiché è stata dimostrata una certa correlazione significativa tra uso di antidepressivi e incidenti stradali.

    • Morte dei neuroni

Sembra che gli antidepressivi provochino direttamente o indirettamente alterazioni morfologiche nei neuroni di alcune regioni cerebrali (ad esempio nell’ ippocampo) cui consegue il suicidio geneticamente programmato degli stessi (denominato apoptosi) teso a ripulire il cervello dai neuroni vecchi, malati o danneggiati. Una applicazione utile di tale proprietà degli antidepressivi è stata verificata per certi tumori cerebrali maligni come il glioblastoma le cui cellule malate vengono spinte al suicidio dagli antidepressivi.

    • Iperglicemia e diabete

Tutti gli antidepressivi espongono al rischio di sviluppare diabete tipo II non solo per l’aumento di peso ma anche per altri complessi meccanismi metabolici. Lunga durata della terapia e alte dosi di antidepressivi espongono a maggiore rischio.

Ricordo infine brevemente che gli antidepressivi serotoninergici possono dare reazioni allergiche della pelle, possono sovvertire la fisiologica architettura del sonno, dare cefalea, allungare il tempo di diastole cardiaca in soggetti predisposti (allungamento del QT dell’elettrocardiogramma).

Concludo ripetendo: si agli antidepressivi per depressioni gravi che tolgano la forza di reagire o mettano in pericolo la vita ma prudenza e attenta valutazione di pro e contro in tutti gli altri casi (depressione lieve, media o situazionale; ansia cronica e insonnia; ossessioni; fobie; disturbo di panico). In ogni caso, che ognuno sia libero di decidere se utilizzare o meno tali farmaci, ma allora che il consenso sia davvero “informato”.

A. Mercuri

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