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Nuovo caso di Ebola, infermiere di Emergency contagiato

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Sembrava che Ebola fosse debellata, ce ne eravamo dimenticati tutti con la stessa velocità con cui ci siamo fatti prendere dalla preoccupazione al momento dell’epidemia. Dal mondo arrivavano poche notizie, dall’Africa Occidentale le peggiori parevano ormai superate, così poteva sembrare che la crisi fosse superata. Invece mai abbassare la guardia, con Ebola ma anche con le altre malattie in generale.
Da ieri notte le statistiche possono contare un altro caso in Italia. Si tratta di un infermiere che aveva prestato servizio in Sierra Leone per tre mesi fino al 7 maggio.
L’infermiere positivo ad Ebola è ricoverato nel reparto ad alta specializzazione per questo tipo di malattie dell’Istituto Spallanzani di Roma.
Se oggi le ulteriori analisi di approfondimento confermassero la presenza del virus, cosa ritenuta attualmente altamente probabile, sarebbe il secondo malato italiano dopo il medico catanese Fabrizio Pulvirenti, fortunatamente ripresosi e dimesso a gennaio dopo oltre un mese di cure.

L’infermiere, se il contagio verrà confermato, avrebbe preso l’Ebola in Sierra Leone, paese tutt’ora alle prese con l’epidemia. Anche lui, come il medico italiano, operatore di Emergency. L’infermiere, di 37 anni, può contare una lunga esperienza in Africa come operatore sanitario e non si è accorto di nulla in termini di contagio.
Aveva lavorato nel Centro di cura dei malati di Ebola in Sierra Leone ed era tornato in Sardegna l’8 maggio. Una volta a casa aveva automonitorato le proprie condizioni di salute, come previsto dai protocolli del Ministero della Salute e della sua stessa organizzazione nella quale collabora, Emergency. I primi sintomi sono arrivati nella tarda serata di domenica scorsa, quando ha visto la febbre superare i 38,6. L’infermiere stesso ha dato l’allarme.
La conferma del contagio ha fatto scattare immediatamente la decisione del suo trasferimento a Roma con un aereo attrezzato dell’aeronautica militare per arrivare all’Ospedale “Lazzaro Spallanzani” di Roma dove per una quarantina di giorni e’ stato ricoverato il medico italiano Pulvirenti, guarito dopo una complessa e delicata cura sperimentale che lo ha strappato alla morte.

L’infermiere è “in buone condizioni generali”, ha fatto sapere un portavoce di Emergency. Non appena ha manifestato i primi sintomi, domenica scorsa in tarda serata, l’infermiere ha applicato da solo le procedure per l’isolamento. Ma infermiere sassarese ha avuto anche alcuni contatti in Italia, dopo essere rientrato dalla Sierra Leone, ha fatto sapere l’Azienda ospedaliero universitaria di Sassari. “A scopo precauzionale sono state attivate cosi’ le procedure di controllo e di sicurezza per le pochissime persone che hanno avuto contatti con il paziente”. Immediatamente attivata anche la rete di emergenza della Prefettura di Sassari e del Comando Carabinieri del NAS. Il Ministero della Salute e l’AIFA hanno anche già predisposto le misure necessarie per rendere disponibili presso lo Spallanzani i farmaci, che essendo sperimentali hanno bisogno di una autorizzazione particolare. Tutelata, come da prassi, la privacy del paziente e della famiglia. Il primo bollettino medico verrà emesso dallo Spallanzani, come e’ avvenuto per il caso precedente di Ebola. Non è stato facile il trasporto dalla Sardegna a Roma per garantire la massima sicurezza ed evitare ogni altro eventuale contagio. Il percorso infatti da camera a camera prevede una serie di procedure blindate con mezzi speciali e attrezzature di alta protezione. Il rigoroso rispetto delle procedure ha causato uno slittamento della partenza del C130 da Alghero. L’arrivo previsto nelle prime ore della mattinata da Pratica di Mare.

Allo Spallanzani è scattato il piano previsto dal protocollo interno che tra l’altro chiarisce: «La malattia da virus Ebola è altamente trasmissibile attraverso il contatto diretto con sangue infetto, secrezioni, tessuti o fluidi corporei inclusa la saliva di persone infette. Il contagio finora non è mai stato riportato nel periodo di incubazione, cioè prima che compaiano i sintomi, che dura da 2 a 21 giorni». Il personale, circa 15 operatori, in questi mesi non ha mai smesso di addestrarsi con le simulazioni.
Ci sono ancora punti da chiarire circa le modalità del contagio. Sembra che l’infermiere non avesse lavorato in aree a rischio né avesse avuto contatti diretti con persone in fase sintomatica avanzata, cioè con emorragie, né con animali infetti. Tutti i giorni si misurava la febbre, secondo le procedure. Ora anche i familiari e i sanitari che si sono occupati di lui nell’ospedale sassarese sono in quarantena.

L’epidemia di Ebola più grave che il mondo ricordi è partita il 6 dicembre nel sud della Guinea, prima vittima un bambino. A febbraio 2014 ha cominciato a espandersi. Liberia, Sierra Leone, Mali, Senegal, Nigeria. Paesi sprovvisti perlopiù di reti sanitarie, pieni di villaggi isolati. Dove è fondamentale l’aiuto dei volontari.
Il virus Ebola, verosimilmente discendente dai pipistrelli, ha seminato oltre 11 mila morti e infettato quasi 30 mila persone, secondo l’ultimo bollettino diramato dall’Organizzazione mondiale della Sanità.
Europa e Stati Uniti, pur mantenendo alta la guardia, erano finora ottimisti circa la possibilità di casi importati riguardanti medici e volontari partiti per i Paesi colpiti.

Paolo Pradolin

13/05/2015

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