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Depressione post-Covid & Clomipramina. A cura del dott. Angelo Mercuri

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Nel marzo del 2021, in piena pandemia Covid, un gruppo di psichiatri e infettivologi francesi ha pubblicato sulla rivista Frontiers in Pharmacology un originale articolo riguardo all’efficacia non solo antidepressiva, ormai nota a tutti, ma anche antinfiammatoria di un vecchio farmaco, Clomipramina.

Si sapeva che tale molecola, sintetizzata nei primi anni ‘60 e ancora in commercio, è una delle più incisive contro la depressione; ma che avesse anche potenti proprietà antinfiammatorie e fosse in grado di abbassare il livello delle citochine circolanti (sostanze indispensabili per una adeguata risposta immunitaria ma che, superato un certo livello, diventano deleterie per l’organismo) era meno noto.

In realtà non è casuale tale doppia azione di Clomipramina poiché depressione e infiammazione condividono alcuni processi biochimici e sono spesso interdipendenti (vedi il mio articolo: Depressione e Neuroinfiammazione); parliamo di infiammazioni intense e generalizzate che provocano un aumento massivo delle citochine circolanti (Interleuchina 1, interleuchina 6, fattore di necrosi tumorale) come quelle provocate dal Covid, dalle epatiti o dalle malattie autoimmuni, ad esempio. Per infiammazioni localizzate e passeggere invece, come ad esempio quelle di un’articolazione, fans o cortisonici rimangono i rimedi più rapidi, incisivi e razionali.

L’impiego più frequente per Clomipramina riguarda la depressione, contro la quale agisce da due versanti (e da qui la sua efficacia): aumenta il livello dei neurotrasmettitori serotonina e noradrenalina e inibisce lo stato infiammatorio che la alimenta. Anche i più recenti antidepressivi SSRI posseggono un certo effetto antinfiammatorio, ma in misura molto minore.

L’infiammazione dell’organismo si associa dunque ad un aumento delle citochine circolanti le quali, a loro volta, causano depressione per i seguenti motivi:
-provocano un calo del tono serotoninergico, noradrenergico e soprattutto dopaminergico
-diminuiscono la produzione del Fattore di Crescita Cerebrale (BDGF)
-aumentano la produzione di glutammato che, in eccesso, è tossico per i neuroni

L’anello di congiunzione tra sistema immunitario e sistema nervoso sono dunque le citochine: un loro aumento provoca sicuramente disturbi depressivi ma anche uno stato depressivo persistente, indotto magari da fattori psicologici o ambientali, provoca a sua volta un aumento delle citochine e quindi depressione. A questo proposito si è visto che durante la pandemia Covid, anche chi non aveva contratto la malattia e non era stato vaccinato aveva un livello di citochine più elevato per il solo fatto di essere immerso in una situazione stressante e depressogena.

Tra le malattie infettive, provocano tipicamente un forte aumento di citochine i virus ad RNA come i SARS 1 (quello della famosa SARS cinese del 2003) e 2 (quello del notissimo Covid), le epatiti A e C (la cura di quest’ultima getta benzina sul fuoco della depressione poiché si basa sulla somministrazione di interferone che provoca un forte aumento di citochine) e i virus influenzali mentre tra le infiammazioni sistemiche annoveriamo principalmente le malattie autoimmuni quali ad esempio sclerosi multipla, morbo di Chron, colite ulcerosa, psoriasi, artrite reumatoide, tiroidite di Haschimoto, sindrome di Guillain-Barré.
Accenno poi, come riferito nell’articolo, che è in fase di sperimentazione l’utilizzo di Clomipramina per prevenire la demielinizzazione autoimmune nella sclerosi multipla e nelle sindrome di Guil Barrè. Altro utilissimo impiego di Clomipramina è negli stati dolorosi cronici associati o no a depressione proprio per la sua proprietà antinfiammatoria e analgesica.

In tutte queste patologie infiammatorie, che siano di origine infettiva, autoimmune o degenerativa, Clomipramina non agisce pertanto solo sulla depressione ad esse spesso associata ma anche, direttamente, sullo stato infiammatorio con due meccanismi d’azione parzialmente indipendenti; nei pazienti affetti da Covid, ad esempio, depressi o no che fossero, Clomipramina si è rivelata utile per prevenire ed attenuare i danni d’organo (cerebrale e polmonare) dovuti alla tempesta citochinica innescata dal virus in fase acuta (è in grado anche di inibirne la replicazione) e anche per prevenire il famoso Long Covid o attenuarne i sintomi.

La depressione, l’ansia, l’insonnia, sono sintomi tipici che in molte persone permangono dopo il Covid e almeno in parte sono la conseguenza di uno stato infiammatorio residuo con una concentrazione di citochine circolanti cronicamente elevata; in tali casi Clomipramina sembrerebbe davvero l’antidepressivo ideale. Quanto duri la neuro-infiammazione dopo il Covid non lo sappiamo ma in uno studio osservazionale durato 12 anni condotto su soggetti colpiti dal precedente coronavirus (la famosa SARS del 2003) si è visto che negli infettati c’era una frequenza di depressione e suicidio 2,8 maggiore rispetto alla popolazione non infettata. Della potente azione antidepressiva di Clomipramina già si sapeva ma la sua azione antinfiammatoria è stata messa chiaramente a fuoco solo durante la pandemia Covid; non è un caso se ora Clomipramina è stata inclusa nella lista della medicine essenziali dalla World Health Organization (WHO, OMS in italiano).

Ma perché Clomipramina è così efficace contro la depressione post-Covid? I principali motivi sembrano essere:

  • la sua molecola è fortemente lipofila quindi attraversa facilmente la barriera ematoencefalica e si concentra nel cervello
  • Inibisce direttamente le cellule che producono citochine pro-infiammatorie, istamina e bradichinina
  • possiede un’azione antistaminica e anticolinergica diretta e immediata poiché la sua molecola occupa e blocca i recettori di tali due sostanze; a questo proposito devo far notare come le azioni antistaminica e anticolinergica di Clomipramina, considerate da sempre effetti indesiderati, contribuiscano in realtà alla sua potente, unica e rapida azione antidepressiva (anche per il fatto che sfiammano il cervello oltre che per una nota azione diretta sui neurotrasmettitori)
  • Clomipramina innalza potentemente e in ugual misura il livello di serotonina e di noradrenalina

Data la scoperta di una stretta interdipendenza tra sistema immunitario e cervello (le citochine sembrano esserne l’anello di congiunzione) si capisce perché non solo il Covid ma, in molti soggetti, anche la vaccinazione anti-Covid (in grado di suscitare una intensa risposta immunitaria) possano provocare una sequela di disturbi psico-emotivi più o meno durevoli; ferma restando l’efficacia del vaccino per la prevenzione delle forme gravi di Covid, si pone pertanto l’interrogativo sulla liceità di una sua somministrazione coatta non essendo esso in grado di bloccare la diffusione del virus e venendo meno dunque la motivazione che “Il bene comune supera il bene individuale”.

(Gran parte delle notizie riportate in questo articolo sono tratte da: The Anti-inflammatory Effect of the Tricyclic Antidepressant Clomipramine and Its High Penetration in the Brain Might Be Useful to Prevent the Psychiatric Consequences of SARS-CoV-2 Infection”. 
Autori: Bénédicte Nobile, M. Durand, Emilie Olié, Sébastien Guillaume, Jean-Pierre Molès, Emmanuel Haffen, Philippe Courtet)

Un caro saluto,

Angelo Mercuri

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