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Coronavirus, ancora messe a porte chiuse: dura reazione della Conferenza episcopale italiana (Cei)

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Messe a porte chiuse anche dopo il 4 maggio 2020, è scontro tra l’episcopato italiano e il governo Conte sui divieti per le celebrazioni che proseguono nella ‘fase 2’ dell’emergenza sanitaria da coronavirus.

Le misure illustrate questa sera dal premier prolungano anche dopo il 4 maggio la chiusura alle messe con la partecipazione dei fedeli, su cui invece la Chiesa italiana aveva chiesto una riapertura rispettando le condizioni di sicurezza anti-contagio.

Una deroga concessa dall’esecutivo riguarda solo la celebrazione dei funerali, cui potranno partecipare comunque un numero limitato di persone, al massimo solo 15 all’aperto con i dispositivi di protezione personale, tra i parenti stretti.

Il mantenimento del ‘no’ alle liturgie con la comunità dei fedeli non è andato giù alla Cei, che questa sera ha subito diffuso una dura nota su “Il disaccordo dei vescovi”, in cui evoca addirittura la violazione della “libertà di culto”.

Ecco il comunicato sul disaccordo dei vescovi dal titolo: DPCM, la posizione della CEI

“’Sono allo studio del Governo nuove misure per consentire il più ampio esercizio della libertà di culto’. Le parole del ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, nell’intervista rilasciata lo scorso giovedì 23 aprile ad Avvenire arrivavano dopo un’interlocuzione continua e disponibile tra la Segreteria Generale della CEI, il Ministero e la stessa Presidenza del Consiglio”.

“Un’interlocuzione nella quale – si legge nel comunicato – la Chiesa ha accettato, con sofferenza e senso di responsabilità, le limitazioni governative assunte per far fronte all’emergenza sanitaria”.

“Un’interlocuzione nel corso della quale più volte si è sottolineato in maniera esplicita che – nel momento in cui vengano ridotte le limitazioni assunte per far fronte alla pandemia – la Chiesa esige di poter riprendere la sua azione pastorale”.

“Ora, dopo queste settimane di negoziato che hanno visto la Cei presentare Orientamenti e Protocolli con cui affrontare una fase transitoria – prosegue la nota – nel pieno rispetto di tutte le norme sanitarie, il Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri varato questa sera esclude arbitrariamente la possibilità di celebrare la Messa con il popolo”.

“Alla Presidenza del Consiglio e al Comitato tecnico-scientifico si richiama il dovere di distinguere tra la loro responsabilità – dare indicazioni precise di carattere sanitario – e quella della Chiesa, chiamata a organizzare la vita della comunità cristiana, nel rispetto delle misure disposte, ma nella pienezza della propria autonomia”.

“I Vescovi italiani – conclude il comunicato – non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto. Dovrebbe essere chiaro a tutti che l’impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale.

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