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Ceneri smarrite in cimitero: le due figlie si rivolgono al tribunale

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Il caso delle 'Ceneri perdute' di Mira su Rai Uno

FINISCE IN TRIBUNALE IL CASO DELLE CENERI SMARRITE AL CIMITERO DI GAMBARARE. Di fronte alla mancata assunzione di responsabilità per il grave episodio le sorelle Cagnin citano in causa il Comune di Mira e la ditta che gestiva i servizi cimiteriali.

Non solo le ceneri non sono più state ritrovate, ma nessuno intende assumersi la responsabilità del loro smarrimento. Non bastasse il trauma subito, le vittime di questo macabro e inqualificabile episodio sono state pure costrette a intentare una causa civile per ottenere giustizia. Ieri, festa di Ognissanti, e oggi, 2 novembre, giornate dedicate alla commemorazione dei defunti, Annalisa e Renata Cagnin non hanno potuto portare un fiore sulla tomba della mamma, e non potranno farlo mai più: i suoi resti sono scomparsi.

Le due sorelle, di Mira, tre anni fa sono state protagoniste, loro malgrado, di un’assurda vicenda che all’epoca aveva destato unanime sdegno e clamore, al punto che se n’era occupata anche la Rai. Le due donne avevano ricevuto una lettera dal loro Comune nella quale le si informava che la salma del padre Gino, deceduto nel 1991, e sepolto nel cimitero della frazione di Gambarare, sarebbe stata esumata il 29 dicembre 2015, essendo decorsi i dieci anni previsti nel Regolamento di Polizia Mortuaria.

Nella tomba a terra dove l’uomo era sepolto, a fianco del suo capo e protetta da un pozzetto, però, c’era anche la teca con le ceneri della moglie, Livia Bottacin, scomparsa nel 2011 e cremata. Le figlie avevano voluto riunirli subito ed erano state autorizzate a riporre provvisoriamente l’urna della mamma nella tomba del papà, in attesa di spostarli entrambi nell’ossario dopo l’esumazione.

Che le ceneri avessero dovuto essere lì non c’è dubbio alcuno, contrariamente a quanto i responsabili del “pasticciaccio” avevano tentato di sostenere: lo si precisa bene nella lettera che il Comune di Mira aveva inviato tanto ai familiari quanto all’impresa che all’epoca aveva in appalto i servizi cimiteriali. Di più, nell’ordine di servizio alla ditta si specificavano le modalità di esumazione (“eventuale raccolta altrimenti reinumata”) e si raccomandava agli addetti all’esumazione “di non rompere il pozzetto contenente le ceneri”.

Il giorno e all’orario stabilito Annalisa Cagnin si è dunque recata in cimitero a Gambarare per assistere alle operazioni di esumazione dei resti dei genitori, ma al suo arrivo gli operai avevano già rimosso la lapide, aperto la tomba e scavato la terra con una ruspa, raggiunto e aperto la cassa del padre e recuperato i resti, pronti per essere consegnati ai parenti.

Quando però la signora ha chiesto di avere anche l’urna con le ceneri della madre, gli addetti sono caduti dalle nuvole, sostenendo di non aver visto nulla – sebbene la teca, a forma di pallone ovale, fosse di una certa grandezza e avesse anche il talloncino del nome sopra -, mostrando che la terra era stata scavata e rivoltata e asserendo che ormai era impossibile ritrovarvi qualcosa. Da allora l’urna risulta dispersa e il timore, più che fondato, è che sia stata distrutta dalla scavatrice e le ceneri disperse e mescolate nel terreno.

Sconvolte dall’accaduto, le due sorelle hanno fatto di tutto per recuperare le ceneri e avere spiegazioni. Si sono recate subito in municipio a Mira, e l’hanno fatto più volte. Hanno scongiurato i funzionari preposti a ritrovare l’urna, ma hanno ricevuto solo qualche scusa e null’altro. Di qui la decisione di rivolgersi, attraverso la consulente personale dott.ssa Elisa Sette, a Studio 3A, società specializzata a livello nazionale nella valutazione delle responsabilità in ogni tipologia di sinistro, a tutela dei diritti dei cittadini, che ha a sua volta avanzato innumerevoli richieste al Comune e all’impresa appaltatrice, prima di delucidazioni, che non sono mai arrivate, e poi di risarcimento, pure queste regolarmente respinte: i due soggetti hanno infatti continuato a denegare ogni responsabilità nella perdita delle ceneri e a non riconoscere il grave danno morale provocato con il loro comportamento.

Non è rimasto alle due sorelle, in questi giorni, che avviare, con il patrocinio dell’avvocato Alessandro Menin, un’azione civile presso il Tribunale di Venezia, in cui si ipotizza la violazione dell’obbligo di controllo sull’operato dell’impresa appaltatrice e di custodia da parte dell’Amministrazione comunale, nonché degli obblighi di natura contrattuale a cui il Comune è vincolato per la concessione in uso degli spazi cimiteriali per la sepoltura dei defunti. E, ovviamente, si cita anche la ditta privata facendo riferimento alla violazione dell’obbligo del “neminem ledere” e all’esecuzione delle attività di esumazione poste in essere dagli operai, rivelatasi con il senno di poi quantomeno incauta, superficiale e negligente.

L’avv. Menin e Studio 3A evidenziano infine la profonda pena interiore provocata nelle due donne dalla colpevole dispersione delle ceneri della madre e l’innegabile danno recato loro nelle sue componenti morale ed esistenziale, di cui si chiede pertanto un adeguato ristoro. “Una richiesta tanto più fondata viste anche le modalità in con cui è stato scoperto il fatto – chiarisce il legale -, l’intensità della sofferenza che dalla scoperta è conseguita, per la condotta tenuta dai soggetti che hanno causato la lesione, la natura del diritto leso nonché per l’inevitabile protrarsi di questo dolore per tutta la vita”: la ferita per le sue sorelle si rinnoverà ogni volta che ricorderanno la mamma e andranno in visita al cimitero, dove di lei, Livia Bottacin, non resta più nulla.

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