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Carceri, alcuni versi. Di Andreina Corso

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Molti anni fa, grazie all’Associazione Il Granello di Senape, ho avuto modo di incontrare e di parlare a più riprese con le persone ristrette fra le mura del Carcere maschile di Santa Maria Maggiore di Venezia. Avrei molto da dire, pensare, comunicare, trasferire, sul dibattito aspro e miope che in queste giornate accompagna le valutazioni sull’art. 41 bis. Nel ricordare a me stessa e a tutti noi, che il 2022 ha contato 90 suicidi nelle nostre carceri, mi limito a inviarvi, se avrete la gentilezza di leggerli, alcuni versi, che quelle presenze mi hanno suggerito.
Andreina Corso.

Noi e il carcere. Di Andreina Corso
Gli occhi indagano.

Capelli bianchi

capelli bianchi
misti di cenere e fumo
occhi stempiati
dalle tue ciglia offese
mani nodose
di calmo eterno tremore.

Capelli corti

capelli corti
di lame affilate
mi dicono tutto
sulle tue mani gelate.

E adesso

e adesso mi guardi come se fossi pioggia
scrosci pensieri di lunga memoria
sgretoli il sale di muta vittoria
sciogli il dolore
e rammendi la storia

Ora

ora che il tempo ti stringe la gola
mastichi giorni da calpestare
e ti chiedi perché
ti sto a guardare

Ho visto

ho visto il mio occhio
che entra nel tuo
e subito fugge
a chiuderlo a chiave

Dimmi

dimmi perché l’ombra
si posa adagio sugli occhi
del cane umiliato
dimmi perché le sbarre circondano
il sonno randagio.

Filastrocca della galera

Agenti di custodia, custodia per agenti
Gabbia plasticata, serratura metallizzata
Angeli custodi, custodi di angeli
Angeli di custodi.
Animali feriti, diavoli incustoditi
Custodia per occhiali, occhi di fanali
Copie di fantasmi, fantasmi in copia
Spettri di custodi
Custodi del palazzo
Il principe pazzo è dentro il palazzo
La cella è sorella, l’agente non sente
Non ode la mente, la mente del niente
La voce e il serpente che prende la gola
Formica di gesso
Una specie di cesso là dentro la cella
La cella sorella
La sbarra scommette
Scommette la sballa
La mano traballa
La pecora e la stalla
La stalla e l’agnello
La senti fratello la mucca che balla
La mia filastrocca con le chiavi in bocca
La bocca della cella
Ti azzanna e sbudella
Ti mostra la divisa
Tu crepi dalle risa
La bocca si disseta sei giunto alla meta
E ancora la divisa
Ti mostra le sue carte
C’è scritto di tacere
O di giocare a carte
Ti ha detto ti è concesso di andare al cesso
Il cesso che è di tutti
Onesti e farabutti
Dentro la tua cella
Che adesso si ribella
Le chiavi son lontano
E ridon dalla mano

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5 persone hanno commentato. La discussione è aperta...

  1. Essendomi piaciuti molto questi versi, e ammettendo di essere forse fra coloro i quali vedono nel carcere la “giusta” punizione e la “difesa” degli uomoni e donne “liberi” di fronte al dilagare del crimine, proprio perciò mi sento di riportare alcuni stralci di un articolo a firma di don Gianni Antoniazzi (“L’incontro”, anno 19, n. 4, domenica 22/01/’23), intitolato “Visitare i carcerati”. Ebbene, scrive don Gianni: “il Vangelo propone un’opera di misericordia (Mt 25). Siamo convinti che esista una chiara sequenza fra “delitto” e “castigo” tale che i reclusi hanno sempre meritato la pena. Si dimentica che in carcere c’è stato il patriarca Giuseppe, il profeta Geremia, Giovanni il Battista, Gesù il Cristo, gli apostoli Pietro e Giovanni, Paolo di Tarso e milioni di perseguitati. il Signore è morto tra carcerati e a uno ha promesso il paradiso (Lc 22, 37.43). Esistono contraddizioni: in galera spesso ci vanno i “piccoli” malviventi; i grandi ladri, gli oppressori, i potenti che rubano risorse al pianeta sono spesso liberi. Serve più misericordia. La galera NON può essere soltanto espressione di vendetta. Al rovescio: bisogna inventare un cammino di correzione, di riabilitazione, di crescita umana. Tutti saremmo più ricchi se, completata la “pena”, il fratello fosse davvero riabilitato.

    • Concordo Sig.ra Adriana , il carcere è è deve essere giusto per chi commette reati ed è altrettanto giusto che la pena non debba essere un atto di mera repressione ….così non serve a nulla ….Il carcere deve indirizzare a diventare onesti , insegnare un mestiere , deve quindi diventare un percorso per reintrodurre il reo nella società come una persona normale.
      Purtroppo le carceri sono in maggior parte vecchie , sovraffollate in maggior parte da persone in attesa di giudizio a causa di una giustizia lenta e una politica atta a derubricare reati per svuotare posti e per aiutare gli amici ….così non va … Vi sono però delle eccellenze , ho visto una volta in tv un servizio sul carcere due palazzi di Padova con il laboratorio di pasticceria dove i reclusi imparano e si diplomano…..questa dovrebbe essere la vita carceraria…..Purtroppo c’è e ci sarà sempre chi continuerà a delinquere , per mentalità come quella mafiosa o terroristica e non li si può lasciare in giro, ma saranno molti di meno a delinquere se la condanna servirà a far cambiare la maggior parte delle vite dei condannati ….e chi invece reitera dovrà avere più tempo la libertà privata finché non si adeguera’ alla vita civile….

      • Purtroppo quando vieni fuori dalla galera sei un ex carcerato e come tale vieni trattato, nonostante diplomi, corsi,lauree,ecc..e anche quando si riga dritto ci sarà sempre qualcuno a ricordarti che sei un ex carcerato

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