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Il calcio deve trasmettere emozioni. I grandi del passato, quando non c’era il web

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Con la compilazione dei calendari la stagione 2015/2016 può dirsi ufficialmente cominciata.

Dirette televisive e commenti degli interessati sulle difficoltà o meno del cammino delle varie squadre, al grido di “chi ben incomincia è a metà dell’opera”.

Frase vera solamente in parte dato che comunque tutti devono incontrare tutti. Questo discorso si può fare quando rose già collaudate da anni sfidano i club che hanno cambiato tanto durante l’estate; sia nei giocatori che nella guida tecnica.

Ormai ci siamo, tra meno di un mese il baraccone calcio prenderà il via e il tifoso italiano potrà gioire, soffrire e soprattutto commentare e discutere. Litigare, insultare e minacciare, uno degli sport “virtuali” preferiti dagli italiani.

Ci sono infatti anche gli Ultras passivi, coloro che probabilmente mai andrebbero a creare tafferugli e risse allo stadio ma sfogano il loro odio per i colori avversari con un’arma altrettanto pericolosa: la tastiera.

Nei siti, nei forum e nelle pagine facebook di calcio, è oramai diventato impossibile esprimere una propria opinione senza essere attaccato, deriso e insultato. Nemmeno esprimere una preferenza su un giocatore è esente da sberleffi. Insomma, preferire Ronaldo a Messi è un grave affronto… Un crimine.

Bollare il web e le sue chiacchiere come il corrispettivo virtuale del Bar Sport è riduttivo e soprattutto pericoloso. E’ proprio dietro la protezione di un Pc che chiunque si può sentire libero di esprimere la propria idea e soprattutto ci si sente impuniti nel lanciare insulti.

Il proprio pensiero va sempre espresso e la libertà da questo punto di vista è e deve restare totale ma quando si arriva all’attacco personale (inteso come insulto o vera e propria minaccia) e che si arrivi alla discussione al litigio per questioni serie (ad esempio politiche, anche se di serio è rimasto ben poco) si può capire con difficoltà. Ma quando l’argomento è il calcio o comunque lo sport in generale no, quello non è più comprensibile e giustificabile.

Il Calcio in Italia è purtroppo una fede e non un divertimento, un credo per cui vale la pena combattere, arrabbiarsi e litigare.

Eccolo il problema, non essere in grado di considerare il calcio per quello che è: uno sport.

E lo sport dovrebbe, anzi deve essere emozione, come lo è la vita di Arpad Weisz (nella foto grande), un allenatore ungherese capace di vincere con l’Inter e con il Bologna, in grado di dare una lezione di calcio agli inglesi del Chelsea in casa loro. Per poi sparire ad Auschwitz perché ebreo, ed essere dimenticato

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