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Chi è Dylann Roof, ritratto del killer di 21 anni della chiesa americana di Charleston

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Dylann Roof killer chiesa VTNAZ
La famiglia di Dylann Roof era preoccupata. Un mese fa aveva scoperto che il ragazzo, 21 anni, era attratto da certe teorie razziste. E aveva confessato ad alcune persone che era coinvolto con alcuni gruppi che del razzismo fanno una filosofia di vita. Eppure il giovane killer – che in una chiesa di Charleston, nel South Carolina, ha ucciso nove afroamericani riuniti insieme ad altra gente in preghiera – a sentire i parenti e i conoscenti è stato un ragazzino tranquillo, gentile.
“Andava bene a scuola e amava gli animali”, raccontano.
Poi, improvvisamente, negli ultimi due anni la sua vita è cambiata: nel 2010 ha abbandonato il liceo di Lexington che frequentava e ha cominciato a condurre una vita sbandata. Trasformandosi sempre più in un solitario.
Lo scorso febbraio fu arrestato per possesso di stupefacenti in un mall di Columbia: il rapporto della polizia lo descrive vestito tutto di nero e con un atteggiamento aggressivo verso alcuni dipendenti del centro commerciale. Interrogato, disse che era nervoso perche’ i suoi genitori lo pressavano per trovarsi un lavoro.
Fu rilasciato due giorni dopo dal carcere di Lexington grazie al pagamento di una cauzione di 5 mila dollari.
Nell’aprile fu di nuovo arrestato nel parcheggio di un mall, dopo che gli era stato intimato dalla polizia di restare lontano dall’area dopo che i dipendenti avevano piu’ volte denunciato la sua presenza con domande sul centro commerciale, su quante persone lo frequentavano, e su quante rimanevano all’interno dopo la chiusura. Anche in questo caso fu rilasciato su cauzione.
Sulle pagine del suo profilo Facebook spicca la foto che lo ritrae con una felpa con sopra la bandiera del Sudafrica dell”Aparthied e quella della Rhodesia bianca.

Poi, l’altra sera, per Dylann Roof e per le sue vittime, il tracollo.
Urlando “io lo devo fare, voi violentate le nostre donne e dovete sparire”, Dylann Roof, questo ragazzo bianco di 21 anni, ha aperto il fuoco all’impazzata in una delle piu’ antiche e simboliche chiese della comunita’ afroamericana del Sud degli Stati Uniti, a Charleston: in pochi minuti ha ucciso nove persone, e poi si e’ dileguato. Ma la sua fuga e’ durata solo 12 ore.
La mattinata seguente e’ stato catturato, in North Carolina, a circa 400 km dal luogo della strage. E’ difficile esprimere a parole tutta “l’angoscia e la tristezza”, ma anche “la rabbia” di fronte ad un massacro cosi’, ha detto Obama parlando in diretta tv all’America ancora sotto shock. “Troppe volte – ha sottolineato – ho dovuto fare dichiarazioni del genere. Comunita’ come questa hanno dovuto sopportare tragedie simili troppe volte”. “Non c’e’ alcun dubbio sul fatto che si tratti di un crimine d’odio razziale”, ha detto il capo della polizia di Charleston, e in questo senso ha aperto un’indagine, cosi’ come il ministero della giustizia e anche l’Fbi e la polizia dello stato. Un crimine d’odio pianificato con lucida follia, e messo a segno in una chiesa dall’alto significato per la comunita’ afroamericana, e in particolare per quella di Charleston, che un tempo era uno dei maggiori porti d’arrivo degli schiavi provenienti dall’Africa. Nel corso della sua storia, ha ricordato anche Obama, “fu rasa al suolo perche’ i suoi fedeli lavoravano per mettere fine alla schiavitu'”.

Così, con lucida determinazione, Roof e’ entrato in azione, mercoledì sera, verso le nove, appunto nella Emmanuel African Methodist Episcopal Church, dove a quell’ora era in corso una lezione sulla Bibbia.
“E’ entrato e ha chiesto dove fosse il pastore Clementa Pinckney”, che e’ anche senatore dello stato del South Carolina. “Qualcuno glielo ha indicato e cosi’ – ha poi raccontato uno dei sopravvissuti – e’ andato a sedersi accanto a lui”. E’ rimasto tranquillo fino alla fine della lettura della Bibbia, per circa un’ora, quando ha infine scatenato il suo odio: “State prendendo il sopravvento nel nostro Paese e dovete sparire” ha urlato e ha iniziato a sparate, decine di colpi. Ha ricaricato la sua arma almeno cinque volte. Tra i primi a cadere e’ stato proprio il pastore Pinckney, e poi altri due uomini, e sei donne. Un bimbo di cinque anni si salvato per miracolo, fingendosi morto accanto ai cadaveri ricoperti di sangue. Lo hanno poi raccontato alcuni membri della sua famiglia. Insieme a due altre persone, una delle quale e’ rimasta ferita, e’ l’unico sopravvissuto. Una donna e’ stata risparmiata volontariamente dal killer, che le ha cinicamente dato ‘l’ordine’ di raccontare cio’ che ha visto. A quel punto, Roof ha quindi iniziato la sua folle corsa, mentre la polizia ha allo stesso tempo avviato una vasta caccia all’uomo. La svolta è arrivata poche ore dopo, quando si e’ fatto avanti lo zio, che lo ha identificato grazie ad una sua foto scattata da una telecamera di sorveglianza e rapidamente diffusa dalla polizia. Agli investigatori lo ha descritto come un ragazzo tranquillo e ha raccontato che per il suo compleanno ha ricevuto dal padre in regalo una pistola, una calibro 45. La polizia ha quindi diffuso altre due foto del “sospetto”: una foto segnaletica (e’ infatti emerso che ha precedenti per droga e violazione di domicilio), e una che lo ritrae con lo sguardo truce e con indosso un giubbotto nero su cui sono cucite due bandierine: una e’ degli afrikaner del vecchio Sudafrica dell’apartheid, l’altra e’ della defunta Rhodesia razzista. L’epilogo e’ poi arrivato davanti ad un semaforo rosso di una superstrada verso il Nord. Era a bordo della sua vecchia auto nera quando una pattuglia di polizia lo ha riconosciuto e lo ha arrestato. Era ancora armato, ma “ha collaborato” con gli agenti, secondo quanto e’ stato reso noto. “Si tratta di un essere umano terrificante” ha poi affermato il sindaco di Charleston Joseph Riley. Ora e’ in prigione, “sotto custodia, e ci rimarra’ per il resto dei suoi giorni”.

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