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Redentore di quest’anno segna il punto della città che sta finendo

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E, alla fine, il Redentore, la festa più amata di Venezia, si svolse senza incidenti. Questo dicono le cronache, ma non si è trattato del solito copione che si ripete.
Con un plauso per gli agenti dell’Ordine pubblico (un po’ meno per i vigili che hanno registrato parecchie defezioni di organico), registriamo che nell’aria l’atmosfera non era la stessa: non è stata la solita festa storica veneziana, c’era qualcosa di diverso.
Alle 19.30, l’orario in cui di solito, negli anni scorsi, i veneziani in barca avevano già “occupato il posto” di fronte San Marco per vedere meglio i “foghi” con abbondanti mangiate e bevute, il Bacino registrava stranamente meno barche affiancate.
Altri mezzi continuavano ad arrivare, ma si trattava perlopiù delle motonavi organizzate per “ospiti” (prezzi da 150 a 300 euro a persona con menù a base di pesce) o delle barche festose chiozzotte contenenti ragazzi schiamazzanti al ritmo di house o latino.
Scendendo a piedi dalla Biennale, poi dai Giardini, una stretta al cuore affliggeva quindi noi nativi veneziani: laddove negli anni scorsi si dispiegavano tavolate spontanee i cui posti venivano “occupati” fin dalla mattina, il deserto. Quello che una volta era il momento conviviale della festa veneziana per tutta la famiglia allargata (nel vero senso della parola) non c’è più.
Le tavolate di veneziani che si raggruppavano per zona rionale, per condominio, in cui ognuno portava qualcosa a beneficio di tutti, e dove spesso venivi accolto con generosità anche se non c’entravi, con riso freddo, bìgoi in salsa, vino e persino pasta e fasìoi, sono finite.
Due, tre coppie, stanno in verità montando un tavolo con qualche sedia da campeggio, ma non sono volti noti, forse sono scesi da qualche barca ormeggiata o forse sono “da fuori”, visto che si collocano in prossimità di quella casa che di solito è sempre chiusa.

D’altronde i pochi veneziani autoctoni potrebbero avere ragione a non alimentare il folklore, dalla fondamenta, da tempo, i “foghi” non si vedono più.
yacht riva sette martiri venezia nostra 600300
Quello che era il momento clou della festa gli è stato portato via: tutta la Riva 7 Martiri è occupata da Mega-Yacht ormeggiati che nascondono alla vista acqua e cielo. “Ebbè, pagano…”, è la risposta più comune. “Si ma anche i residenti pagano le tasse tutto l’anno…”. Ma loro sembrano non avere più diritti. Anzi, sembrano essere diventati un impiccio.
Ed è così che la maestosità dello spettacolo pirotecnico veneziano con riflessi colorati nell’acqua (che ha pochi eguali nel mondo, anche grazie alla ditta Parente) in quella zona di Castello può essere goduta solo da chi ha la fortuna di spendere cifre astronomiche per ormeggiare il proprio yacht, addirittura, se vuole, chiudendo anche la strada attorno.
terminal riva 7 martiri venezia cartello nostra 600320
Sì perché, per chi non lo sapesse, pagando è possibile anche far chiudere un pezzo di città in modo che diventi proprio. Così transenne e cartelli avvisano i residenti che la loro camminata per scendere Riva 7 Martiri è più ristretta del solito: una buona fetta di fondamenta è oggi proprietà di quelli arrivati con lo yacht. C’è tanto di guardia giurata: possono avvicinarsi alle rive solo i passeggeri dei costosi natanti. Gli altri? Fuori da cancellate e transenne collocate ad hoc.

Non cambia molto, comunque. La nostra testimonianza diretta dice che camminando dai “Giardini” al Ponte della Paglia non è stato possibile incontrare un viso conosciuto e (peggio) non è stato possibile ascoltare una-persona-una che parlasse dialetto tra tutte quelle incrociate e affiancate.
Riva dei 7 Martiri, Riva dalla Cà di Dio, Riva di San Biasio, Riva degli Schiavoni: più di un chilometro a piedi e migliaia e migliaia di persone incontrate ma… si trattava solo di gente da fuori. La riflessione che ne segue è emblematica.
“Scusate…”, ci rivolgiamo ad un gruppo di persone, probabilmente 2-3 famiglie in gita fuori porta: “Lo sapevate che il momento dei fuochi artificiali del Redentore appartiene alla liturgia del ringraziamento per la fine della peste che nel 1577 uccise circa 50.000 persone a Venezia?”.
In due ci rispondono: “Ah.., no, non lo sapevo…” il primo. “Sì, ma noi siamo qui solo per la festa…” l’altro. Esauriscono rapidamente le facce sorprese perché ci siamo rivolti a loro e riprendono la caciara. Sugli zaini in spalla panini e bibite (soprattutto).
Poi finalmente i “Foghi”, spettacolo abbaccicante e psichedelico che ha la gran proprietà di spegnere il cervello per qualche minuto. Il contorno di una Piazza San Marco straordinariamente ordinata contribuisce a creare la magia. Sul “Paron de Casa” un laser scrive “#respect Venice…“, ma sono i fatti a fare la storia, non le scritte.

Il rientro è tranquillo. Persino un americano di mezza età da solo ha così ben festeggiato che cammina e non riesce ad andare dritto. Ma tutto si svolge senza incidenti per mare e per terra. Il dispositivo per la sicurezza, i ricordi di Torino, e i timori per la scena internazionale, sono dentro la testa di tutti.
bacino san marco venezia barche rientro redentore nostra 600300
Arriviamo in Via Garibaldi, a Castello, forse una delle ultime zone dove i residenti resistono accerchiati come indiani Sioux, per scoprire che la zona è proprietà dei bar.
Alle due di notte musica rimbombante e rimbambente viene sparata fuori da amplificatori posti all’esterno, in un plateatico clamorosamente allargato rispetto alla norma, a beneficio di una dozzina di ragazzi (do-di-ci) in città per la Biennale (il famoso turismo d’elite), tra cui una giovane a piedi nudi che balla sopra un tavolino.
L’improvvisata cubista, che evidentemente ha alzato parecchio il gomito, e i suoi amici che la incitano con bicchieri di vetro in mano per strada (che fine ha fatto il divieto?), non possono preoccuparsi del fatto che forse qualcuno il giorno seguente dovrà alzarsi presto per andare a lavorare. Hanno ragione, loro sono lì per divertirsi. Ma una discoteca all’aperto sotto le abitazioni fino alle due parrebbe già una bella concessione, o no? Invece la musica continuerà, praticamente, per tutta la notte.


 

A beneficio solo di una manciata di avventori, inoltre, non di più. Una situazione che può sembrare una presa in giro o una sfida beffarda – scegliete voi – per dimostrare la potenza della risorsa economica alle persone che devono stare passivamente rintanate dietro gli scuri e le finestre.
Il gestore del bar ha accento del Sud, il bar in fianco è gestito da cinesi. Quando dicono che il turismo produce ricchezza, bisognerebbe chiedere: “A chi…?”.
Ce ne andiamo zavorrati da un pensiero incombente: ormai qui si può fare quello che si vuole. Tuttalpiù pagando, in qualche caso.
Sabato 15 luglio 2017 secondo noi è stato registrato un punto fermo nella storia di Venezia. Con gli amici ci salutiamo invitandoci a vicenda a prenderne atto.
La città è finita. Quello che va in scena, ormai, è una rappresentazione coreografica per spettatori più o meno paganti di quello che fu Venezia, a cui siamo invitati a partecipare, tuttalpiù, come comparse.

Paolo Pradolin

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38 persone hanno commentato. La discussione è aperta...

  1. Parole da scolpire sulla pietra quelle di questo articolo…
    E ogni anno è sempre peggio…
    anche noi, veneziani da una vita, con un affitto “ERP” di 600 euro (marito e moglie con due figli che lavorano in casa) e una vita di m… a cominciare dai trasporti, in una città invivibile, stiamo pensando di andare in terraferma con un mutuo.
    E saranno altri 4 che se ne vanno… ed è quello che vogliono
    Saluti
    Giuseppe

  2. Buondì, Paolo. Io quel giorno non c’ero. Ma sulla domanda “a chi porta ricchezza” una guida turistica mi rispose “a noi cittadini”. Ma questa del turismo che porta ricchezza a tutti è una fiaba iniziata negli anni 80. Hai ragione

  3. Ciao Paolo, da ex veneziana avrei potuto scrivere un articolo con le stesse medesime parole che hai usato tu. Rivedo tutte le disgrazie che hanno colpito la nostra città e, ancora oggi, dopo 7 anni, piango.
    Elisa

  4. Ciao io sono padovana sposata ad un veneziano e residenti entrambi a Mestre da 14 anni…abbiamo un barchino col quale “viviamo” venezia nelle serate belle dell’anno. che dire? al Redendore 2017 l’unica parte della città vivibile era la giudecca…con le tavolate in riva, …tutte (molte almeno) facce conosciute, cibo fatto in casa e in condivisione (apparentemente, salvo fame atavica). La città nell’arco di qualche anno, sarà il terrorismo, sarà la globalizzazione, saranno tutti i ladri a piede libero che ci teniamo per incapacità di sputare in faccia a chi se lo merita, è cambiata molto.. come le persone del resto…qui anche i più poveri hanno una casa vacanza e non parlo degli stranieri poveretti che a spese loro sostengono un’economia malata, parlo dei veneziani e mestrini DOC, quelli con le case chiuse e tanti soldi in banca, forse ormai vecchi e lamentosi, (lamentosi soprattutto) che stanno a venezia un mese l’anno per ricevere ospiti a casa e gli avanza tempo per polemiche da salotto e intanto mestre si svuota e sono tutti in cadore, a trieste e a sistiana, in croazia e dalmazia (meglio in barca a vela perchè il motoscafista è cafone e sta in laguna) e così passano gli anni e tutto peggiora…Per tornare al brano scritto da Paolo Pradolin per i 100 euro all’ingresso chi assumiamo per stare in cassa? Ciao da Rita

      • Un cuoco che è venuto a lavorare per un periodo da me (ho un piccolo locale) mi ha raccontato di un grande ristorante di venezia ha organizzato e servito ad un banchetto per la guardia di Finanza, GdF come scrivi tu, (lui compreso) i lavoratori erano quasi tutti in nero…poi sai, se emerge qualcosa…una telefonata qui e una lì e si risolve tutto, ad alto livello son tutti amici, è così che si ledono diritti e spariscono soldi della collettività, discorsi complicati comunque e mani sul fuoco per nessuno…c’è del marcio in Danimarca! io concordo comunque sul biglietto d’ingresso giornaliero, soprattutto per il turismo di giornata, il più lesivo…certo 100 euro è una sparata inapplicabile!

  5. Per la redazione: le consause dello svuotamento – demografico e d’anima – della città le sappiamo più o meno tutti.
    Voi della redazione quali soluzioni proponete?
    Grazie
    Massimo Ragazzo

    • Ciao Massimo, non è nel nostro ambito di competenza indicare soluzioni, come immagini noi dovremmo solo osservare e riferire. Ma voglio cedere alla provocazione, quindi, siccome comunque ognuno di noi ha i suoi orientamenti personali, ti voglio dire un paio dei miei: chi arriva a Piazzale Roma o Stazione dovrebbe lasciare giù subito 100 euro, punto. Subito, appena scende.
      E’ contro la libera circolazione? Pazienza: siamo in emergenza.
      E’poco democratico? E’ anche contro natura – tanto per farti un esempio – che i residenti debbano farsi carico delle spese Veritas delle immondizie di milioni di visitatori.
      E’ un provvedimento illiberale? Così diminuiscono però fisiologicamente finalmente i flussi prima che succeda una tragedia (guarda che l’assembramento di Torino per noi è la regola nelle giornate di punta).
      E’ un discorso iniquo? Spiacenti: Venezia STA CADENDO A PEZZI e non ci sono soldi per le manutenzioni!
      I soldi, inoltre, dovranno servire per finanziare una politica seria sulla residenzialità, non le burlette spacciate finora, e per incentivare un rilancio delle attività artigianali.
      Infine calci sul didietro ai politici disonesti e a quelli immobilisti e immobiliaristi.
      Consapevole che mi sto tirando dietro gli strali delle lobby più potenti (alberghi, bnb, tassisti, gondolieri, che alla fine sono quelle che comandano ad ogni elezione di sindaco), ti saluto.
      Paolo

  6. Inutile chiedere al Comune che “faccia qualcosa” quando sono gli stessi veneziani ad affittare le loro case ai turisti.
    Lagne e schei, le uniche due ossessioni in laguna

  7. Chi xe che vota Orsoni prima e Brugnaro dopo?
    I Venesiani.
    Eora? Eora cavemo el dirito de voto ai venessiani parché i xé massa bauchi, no i sa votar e i xe drio regaear a cità a quatro compagnie de specueatori.

    VENESIA XE DE TUTI!

  8. Propongo a noi pochi veneziani rimasti di chiedere all’amministrazione locale di ufficializzare cio’ che sotterraneamente ormai propongono da anni: uno stipendio ai cittadini e degli abiti settecenteschi per fare folclore e divertire i veri clienti/padroni della citta’, i turisti. Ormai il nostro futuro e’ questo

  9. Amara verità contenuta in questo articolo. Adesso vogliono chiamarci ad “esprimerci” per la separazione da Mestre, “democraticamente” vogliono il nostro parere. Separata o unita si sono già presi “democraticamente” questa città ormai da decenni. La popolazione è veramente in grado di decidere cosa è bene o male per questa città? Ormai non si salva più nulla. Gli abitanti non tornano e gli ultimi sono costretti ad andarsene. Per le case pubbliche comunali è stata fatta una delibera per dar corso alla manutenzione. Per le case Ater? cosa si fa? La cronaca racconta che non si stà facendo niente, magari qualcosa alla Giudecca. a Murano, in Terraferma? A Venezia centro storico?……..E i residenti devono abbandonare. Se non hai denaro da investire qui non rimani, rassegnati che nonostante le proteste dei comitati devi buttare la spugna. Veneziano, ti constringono ad andartene “democraticamente”.

  10. Addolora anche me che non sono veneziano assistere ad una Venezia cambiata. Mia moglie veneziana di castello piange quando torniamo a Venezia per incontrare i suoi posti nativi. È un destino inarrestabile. Ma se mi permettete un contributo lo hanno dato in modo massiccio i politici che hanno Permesso tutto questo. I transatlantici che passano non lontano dalla Piazza San Marco ne è un esempio. Le licenze commerciali facili date ai cinesi ne è un altro è così via. Io amo Venezia e i veneziani e ci ho abitato per più di trent’anni!

  11. Beh, cari Veneti – Veneziani, fatevi un bel mea culpa. Certo, l’Italia ha la sua bella parte di responsabilità ma la colpa è soprattutto vostra.
    La città l’avete svenduta voi, e non solo economicamente, l’avete svenduta linguisticamente (vorrei proprio vedere in quanti insegnante la lingua veneta ai bimbi), l’avete svenduta ai foresti (perché dopo il ponte siamo tutti campagnoli), l’avete svenduta culturalmente (perché essere italiani è più figo).
    Venezia, la città museo, è morta da anni, e venne ne state accorgendo solo ora. Quindi inutile prendersela con gli effetti della propria ignavia.

    • Questa è una tua lettura, Angelo, rispettabile ma parziale. Ti so distinguere almeno altre 15 concause che hanno portato alla situazione attuale. Tutte primarie. Ciao. Paolo

      • Con tutto il rispetto non mi interessa per nulla che Lei scriva le Sue 15 concause (tra le quali sono sicuro che manchino elementi quali, ad esempio, il fatto che Lei stesso subordini la lingua veneta alla lingua italiana definendo la prima “dialetto”, o il suo tono rassegnato alla vostra decadenza): l’ha detto Lei che i fatti scrivono la Storia, e non le scritte, no?

        Finché voi veneziani (anzi, voi Rialtini) non capirete che Venezia è un prodotto della Civilità Veneta, e non il contrario, è non agirete di consegue, Venezia sarà segnata.

  12. Dopo aver visto per 50 anni ogni redentore in compagnia della mia famiglia, per tradizione , per far piacere ai nonni allo zio ai cugini venuti da lontano, adesso che non ho piu nessuno da compiacere il giorno del redentore me lo passo al fresco in montagna a mangiare polenta salsiccia e porcini!

  13. Condivido parola per parola, io sono una di quei veneziani che ha dovuto vendere la propria casa per non continuare a litigare con chi aveva acquistato un bar per farci busines…e non era VENEZIANO….mio papà era il decano della calle lui era nato in quella casa….Ma o si litigava dalla mattina alla sera o si scappa…perché ricordiamoci che i veneziani non sono mai tutelati il busines si…..

  14. BELLE PAROLE CARI VENEZIANI ;RICORDATEVI CHE LE FESTE FINISCONO E I TURISTI SE VANNO MA LA VOSTRA PIAZZA RIMANE E GODETEVELA TUTTI I GIORNI CHE POTETE ANCHE DI NOTTE SARA SEMPRE DEI VENEZIANI.IO VI SCRIVO DA MANTOVA ANCHE NOI ABBIAMO UNA BELLA PIAZZA (PIAZZA SORDELLO)ORA OCCUPATA DA STRUTTURE PER CONCERTI CON CANTANTI DI FAMA MONDIALE MA QUANDO SE NE SARANNO ANDATI LA PIAZZA RIMANE A NOI E CI ANDIAMO A PRENDERCI UN BUON Caffè GIORNO O SERA .UN SALUTO A TUTTI . MARIO

    • Con tutto il rispetto Mario: Venezia non è Mantova. Da noi “quando se ne saranno andati …” significa seconda metà di novembre – primi di dicembre, poi si ricomincia per un altro anno di sovraffollamento sempre peggiore del precedente. Paolo

  15. Condivido il tuo pensiero. Tralasciamo l’ingente numero dei giovani già ubriachi prima dei fuochi e la sporcizia in ogni dove, ciò che più mi è dispiaciuto alla fine della serata è di non aver condiviso questa storica tradizione con i veneziani ‘veri’. Lavoro da venti anni per il territorio veneziano e noto come ovunque si stia ‘alcolizzando’ ogni festa e ricorrenza. Anche a Noale, alla rinomata fiera dei fiori, di anno in anno vedo sempre meno fiori e più occasioni per ubriacarsi in gruppo. Una violenza insostenibile per un cittadina così accogliente ma pur sempre fragile. Ma tanto ciò che importa ai vertici è il numero, la massa, Il compromesso morale.

  16. Articolo interessante e valido, ma pongo anche la mia da veneziano che vive a Venezia. Martedì grasso, Redentore, Capodanno e feste grosse in generale, io se posso me ne sto a casa per evitare di essere compressato da tutti questi turisti

      • penso che tutti i veneziani che cercavi li avresti trovati tra il lido e sant’erasmo. la tradizione dei fuochi secondo me è morta da un po’…
        ps.per fortuna i turisti erano anche pochi sto anno!

  17. Ciao Paolo, quanto è vero quello che scrivi! Io ho abitato 15 anni in centro storico e, anche se da un anno abito a Bassano (e a Venezia non ci sono neanche nata), mi sento sempre ancora un pochino veneziana, visto che fortunatamente lavorando ancora lì, il legame rimane molto forte. Venezia è il mio habitat naturale. O meglio, era. Lo è ancora solo per certi aspetti. Fatto sta che al Redentore non partecipo da almeno 5 anni. Da quando hanno cominciato vietando le “tope”, per intenderci. Già avevo capito. Il primo anno in cui mi sono goduta il Redentore da residente, quello che più mi aveva affascinato e fatto innamorare non erano tanto i bellissimi fuochi riflessi sull’acqua, quanto proprio le tavolate immense e colorate delle famiglie lungo le rive, i festoni e le barche piene di amici, familiari e angurie, addobbate in modo casalingo e divertente, che ad un certo punto della festa si avvicinavano tra loro scambiandosi cibo e amicizia. Nessuna polemica la mia, solo condivisione del tuo pensiero.

  18. Interessante racconto di Paolo Pradolin ! Ho fatto bene a rimanere a Marghera e a non intasare la riva dei Sette Martiri e non andare sul Ponte della Paglia a guardare il Ponte dei Sospiri e sospirare pure io !

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