La Vida, palazzina edificata nel ‘600, è un posto caro ai veneziani. La sede dell’ex storica trattoria, di proprietà della Regione in Campo San Giacomo dell’Orio, un tempo Antico Teatro Anatomico per lo studio della medicina, è stata venduta, confermando le decisioni in merito del presidente Luca Zaia e della sua Giunta di alienarlo, insieme ad altri edifici, Palazzo Balbi compreso. A comperarla, la famiglia Bastianello per 911mila di euro.
Oggi quel posto suggestivo che molti veneziani vogliono difendere, accompagnando costantemente i passaggi della sua variegata storia e vigilando sul suo presente e futuro, rischia di essere sottratto alla città, nella sua espressione più ampia, a quelle associazioni culturali veneziane come Omnia, About e Il Caico, ma anche alla vita reale, a quelle attività che rinforzano la socialità, al vivere condiviso, con i bambini e i loro giochi, le cene di vicinato in campo, le opportunità culturali, che cercano di offrire alla città un modello di vivibilità in controtendenza, rispetto la continua nascita di ristoranti e attività in tutta la zona rivolti al turismo.
La Municipalità veneziana con il presidente Gian Andrea Martini considera di particolare rilevanza che la Vida rimanga di proprietà pubblica e con destinazioni di pubblica utilità per la cittadinanza, ed è per questi motivi che con un Ordine del Giorno, sollecita l’Amministrazione comunale ad esercitare il diritto di prelazione.
Di fatto, i tempi stringono, il 25 Novembre scade il termine entro il quale è possibile subentrare al privato, ma il Sindaco e la Giunta non sembrano essere intenzionati a proporsi, e così fino ad oggi la Soprintendenza e lo Stato, nonostante il campo San Giacomo, specifica l’Odg, “sia uno dei campi veneziani più vivi della città, che mantiene le funzioni di luogo di incontro per i residenti e di gioco per i bambini della zona e costituisce il punto di riferimento di un’area dove ancora insistono laboratori artigiani e dove sono cresciute numerose associazioni e comitati che promuovono attività culturali e momenti di socialità”.
Le associazioni resistono, hanno occupato gli spazi, promuovono iniziative, hanno la gente dalla loro parte, forse perché i luoghi destinati allo sviluppo della creatività, ai giovani, alle iniziative culturali e ludiche a Venezia, sono briciole rispetto il proliferarsi di altre, di altro segno e scopo. Il problema riguarda la Politica e dovrebbe quest’ultima farsi carico delle diatribe che può provocare.
La Vida è diventata un Simbolo, un cantiere in essere e divenire di idee e progetti: la prova concreta di come possa essere utilizzato uno spazio per una zona, un quartiere. Recentemente è stata organizzata una Mostra fotografica in Campo, i veneziani hanno portato le vecchie fotografie, hanno confrontato il cambiamento del campo nel corso degli anni e interessato i veneziani attratti da una esperienza vicina alla loro vita.
Nonostante le rassicurazioni della proprietà, i residenti temono che l’ex Vida diventi l’ennesimo albergo e più volte hanno rivolto un appello, anche al Ministero dei Beni culturali perché intervenga prevenendone la probabilità, anche se la Vida, essendo un bene sottoposto a vincolo, il Comune non dovrebbe concedere il cambio d’uso.
Intanto i rappresentanti delle associazioni occupano i locali ed è proprio la loro costanza e determinazione a provocare le dichiarazioni dell’avvocato di Alberto Bastianello, Bartolomeo Suppiej, che avverte: “ Noi concluderemo l’acquisto dell’edificio con la Regione, solo a condizione che i locali ci vengano consegnati liberi. . .” Ma l’avvocato ci ha tenuto a chiarire che Alberto Bastianello, essendo una persona di spessore e un imprenditore agricolo attento e consapevole che ama la sua città, vorrebbe restituire a quel posto la tradizione cara ai veneziani.
I consiglieri comunali Rocco Fiano della Lista Casson e Maurizio Crovato della Lista Brugnaro, propongono di mantenere all’interno de La Vida degli spazi da dedicare a iniziative culturali, ma, insiste l’avvocato Suppiej, pur condividendo nel merito il principio, e valutandone la possibilità, si interroga: “Se l’uso dell’immobile dovrebbe essere pubblico, perché l’Amministrazione comunale non si presenta con le sue legittime esigenze prima del 25 novembre rivendicando il diritto di prelazione?”
Andreina Corso