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Scuola: numeri, perplessità e auspici

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La domanda non è più rinviabile: Li conosciamo i bisogni dei bambini, dei ragazzi? Riusciamo a individuare il luogo, il senso del loro sapersi studenti alle prese con la conoscenza, con il loro futuro?

Sono 566.786 le studentesse e gli studenti che torneranno fra i banchi in Veneto oggi, 12 settembre, per l’anno scolastico 2022/2023, per un totale di 27.605 classi. Cosa ci dicono questi numeri insieme a questi dati diffusi dall’Ufficio scolastico regionale: 2.007 nomine in ruolo di docenti, e l’assegnazione di 13.301 supplenze, il 44% delle quali saranno impiegate nel “sostegno” agli alunni e alle classi in condizione di fragilità.

Riguardo al personale Ata, sono state effettuate 897 assunzioni e assegnati 646 contratti a tempo determinato. I numeri da soli danno scarse possibilità di lettura di quel mondo frequentato tutti i giorni dai nostri ragazzi che escono da casa con uno zaino pesante e che al ritorno, alla classica domanda dei genitori: com’ è andata?” rispondono con un laconico: bene! O, cosa avete fatto oggi? Niente!

Ben poco sappiamo di quelle ore trascorse a scuola, delle sensazioni vissute insieme ai docenti, ai compagni, del peso delle parole ascoltate e di quelle non dette, pensate.

In queste giornate il Parlamento sta affrontando la nascita del docente esperto, cioè l’insegnante che, a partire dal 2032, dopo aver superato brillantemente 3 cicli di formazione, andrà a guadagnare 5800 euro in più all’anno, rispetto ai colleghi.

Si tratta del provvedimento “tirato fuori” dall’ultimo decreto legge, il decreto aiuti-bis, approvato dal Consiglio dei Ministri che ha scaturito molte perplessità nel mondo della scuola.

Politici, insegnanti e sindacati hanno mostrato e manifestato le proprie perplessità. La sensazione è che quello del docente esperto sarà un argomento che continuerà a essere centrale nel dibattito pubblico sulla scuola e molti nodi sommersi stanno per venire al pettine.

Giorgio Crescenza, membro del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione ed esperto di politiche scolastiche, intervistato da Orizzonte Scuola ha premesso: ” Gli insegnanti di ruolo e precari sono già esperti e sono sempre stati trattati male economicamente, si restituiscano alla scuola le risorse scippate”.

E chiarisce “La scuola non ha bisogno di questi interventi maldestri che prevedono 32 mila “esperti” scelti nei prossimi quattro anni a fronte di 800 mila insegnanti “inesperti”. La scuola quotidianamente accoglie le diversità, promuove al massimo le potenzialità di ciascuno, contrasta le diseguaglianze, aiuta a costruire valori di solidarietà, onestà, collaborazione, insegna alle proprie studentesse e ai propri studenti a essere liberi nel pensiero, autonomi e retti, valorizza il pensiero divergente e la fantasia, per affrontare il futuro con creatività e senza paure. Riesce a farlo quasi sempre, nonostante i pochi mezzi e le esigue risorse, non solo nei centri benestanti, ma anche nelle periferie sociali. E riesce a farlo perché è un lavoro corale ed esperto di tutte e di tutti i docenti, di ruolo e precari, che avrebbero bisogno soprattutto di un giusto riconoscimento economico, pagati troppo poco rispetto alla media dei colleghi europei. Per parlare seriamente di Riforme vere e buone occorre restituire le risorse scippate alla scuola, incluso il taglio all’organico previsto a decorrere dai prossimi anni, e solo dopo si potrà ripartire da una riflessione più ampia che rilanci nella società la riflessione pedagogica e educativa sul sistema dell’Istruzione e dell’educazione necessaria oggi al Paese. Un sistema che non contempli classi pollaio, ma che faccia tesoro di quanto appreso durante la pandemia per ridurre le diseguaglianze”.

“ Per sostenere una professionalità delicata e molto esposta, quale è quella docente, sarebbe opportuno e necessario istituire a livello territoriale decentrato un’Unità di supporto pedagogico-didattico, che possa accogliere e risolvere le complessità di singoli docenti o di intere scuole. Ripensare la formazione può significare quindi assumere l’impegno sociale e politico che la diffusione di saperi sia promotrice di crescita personale, di garanzia dell’eguaglianza sociale e di benessere economico e ambientale. Alla scuola oggi compete: educare alla mondialità, offrire strumenti per rielaborare i saperi disciplinari, favorire l’approccio competente all’uso delle nuove tecnologie, sviluppare le relazioni interpersonali e l’apprendimento cooperativo, conservare memorie e valori storici, fornire l’apprendimento cooperativo, fornire ambiti interculturali per  la costruzione di una società plurale, solidale e di pace, educare ai linguaggi espressivi non verbali per valorizzare gli aspetti emotivi della conoscenza, promuovere competenze con cui si possa affrontare la complessità senza paure e con una sana curiosità”.

I problemi non finiscono mai. Gli studenti che si affacciano all’università e che vorrebbero entrare in importanti facoltà a numero chiuso, sono sottoposti a improbabili quiz, che spesso presuppongono conoscenze che dovrebbero essere acquisite proprio nel percorso universitario.

La percezione di una complessità intraducibile nelle sue molteplici espressioni e foschie, annaspa e assiste ai destini di bambini, ragazzi e giovani vite che pur alla scuola si affidano, contando su accoglienza, rispetto e condivisione.

Andreina Corso

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5 persone hanno commentato. La discussione è aperta...

  1. I ragazzi hanno bisogno di maestri , non di insegnanti ….hanno bisogno di persone che li facciano ragionare , capire il perché e il percome e non uno “sterile ” programma imposto dalla ideologia che al momento comanda ….

  2. La figura del “docente esperto” risulta alquanto inquietante. Non serve questo alla scuola. Serve qualità che ogni insegnante offre e che dovrebbe essere adeguatamente retribuita.

  3. Il “nodo scuola” rimane ancora molto stretto. Da decenni e decenni si cerca(?) di trovare il modo per scioglierlo.
    Indispensabile  motivare economicamente gli insegnanti affinché si sentano riconosciuti nelle loro fatiche.
    Ma necessario anche prepararli in modo corretto perché non siano buttati allo sbaraglio, spesso di fronte a classi troppo numerose e aggressive.
    Quanti precari nominati su cattedre “di sostegno” hanno dovuto affrontare situazioni di handicap, soprattutto psicologico, anche grave senza una preparazione adeguata…
    E poi rimangono in eterno “precari”  come se tanti anni di esperienza non fossero ancora sufficienti, sorpassati forse da “esperti” che ne sanno, è possibile, meno di loro.
    E i giovani, i ragazzi, aspettano e intanto crescono con poche sicurezze

    • Per non ribadire le solite questioni, ahinoi! antiche e mai risolte, io aggiungo solo che il mestiere di insegnante non dovrebbe prescindere dalla sua peculiarità che consiste nell’ essere un lavoro che si dovrebbe fare per vocazione
      Per me non è un mestiere qualsiasi, da intraprendersi solo pensando allo stipendio o facendo altre considerazioni
      Deve piacerti per davvero, ci devi credere tanto, alla tua funzione educativo istruttiva, devi amare i giovani, devi saperci stare insieme e ti deve piacere starci
      Devi saper dire, nonostante tutto:
      “Si, ma io, quando entro in classe, respiro”
      Come ebbe a dire una bravissima e amatissima professoressa di mio figlio
      Quanto alla configurazione del docente esperto anch’ io trovo che sia inquietante

  4. … pienamente da condividere, reale, veritiero, decisamente democratico, da far leggere a tutti i direttamente interessati, e all’opinione pubblica perché
    ne prendano coscienza, e non si lasci indietro nessuno fra coloro che vivono in prima persona LA SCUOLA ITALIANA, e si risolva, una volta per tutte, IL PRECARIATO e la bassa retribuzione nel contesto di un’ Europa che conti sempre di più. Bravissima Andreina Corso, e grazie per la tua consueta chiarezza. Caramente Antonio Seracini.

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