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Scuola e bambini, studenti fragili o semplicemente da aiutare. Di Andreina Corso

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Oggi è il primo giorno di scuola per Anna, che accompagnata dalla mamma sta attraversando la rampa seduta sulla sua carrozzella. I compagni la seguono e aspettano che entri nell’ascensore che si accinge a salire. Di corsa salgono le scale, vogliono arrivare per primi e attenderla per darle il benvenuto. Anna ride e anche loro, i compagni, ridono. Marco azzarda, un giorno me la lasci provare? Anna alza le spalle, come dire, forse e saluta la mamma che capisce subito che sua figlia è in ottime mani che la stanno portando in classe, litigando tra loro perché tutti volevano spingerla, quella carrozzella. . .

Scuola e bambini, studenti fragili . . . che con fatica definiamo disabili, sapendo che la loro integrazione a scuola, e non solo, dipende dalle condizioni che vengono offerte per facilitare il loro stare a scuola, con i compagni e gli insegnanti. Condizioni che riguardano barriere, non solo architettoniche, che a largo raggio riguardano la conoscenza del mondo adulto sulle difficoltà di alunni che si affacciano alla vita sperando nell’attenzione e nella cura degli altri. Si conoscono gli affanni e le paure delle famiglie che affidano alla scuola il loro figlio, contando sui compagni, sui docenti che sapranno armonizzare le lezioni e gli incontri in classe, sensibilizzando così tutti gli alunni.

L’armonia del fare, dell’agire, molto più importante dei bei discorsi, insieme alle modalità di base, come pochi alunni per classe, ai mezzi indispensabili come l’ascensore per chi ha difficoltà motorie.
”A scuola un alunno vive una disabilità quando la sua condizione di salute nel suo ambiente di vita limita la possibilità di agire e partecipare. Ciò vuol dire che un bambino con difficoltà uditive, non è disabile di suo, ma ha una disabilità nel momento in cui a scuola non vi è la possibilità di accedere alla lettura labiale da parte degli insegnati e dei compagni. Oppure un ragazzo non vedente ha una disabilità quando non ha a disposizione libri tattili per studiare. Anche nei casi meno gravi, come per gli alunni DSA (disturbi specifici di apprendimento) sorge la disabilità quando non gli viene messa a disposizione la strumentazione compensativa che gli permetta di eliminare il problema”. (Fonte Valeria Lavarone News).

L’ultima indagine Istat rileva che sono più di 300mila gli alunni con disabilità che frequentano le scuole italiane (pari al 3,6% degli iscritti) (fonte MIUR), circa 4mila in più rispetto all’anno precedente (+2%).

“Molto spesso il concetto di disabilità è spesso confuso con una condizione limitante, che rende il soggetto disabile, una persona incapace di condurre una vita “normale”. Quest’idea nella maggior parte dei casi è frutto della mente di un adulto, mentre nei ragazzi viene vista diversamente. Fortunatamente grazie all’educazione, all’ingenuità che hanno i bambini e al lavoro amorevole e professionale che svolgono maestri e professori, i ragazzi disabili s’integrano nella maggior parte dei casi molto bene in classe, diventando tutt’uno con i compagni”.

Sono lontani i tempi delle classi speciali che umiliavano chi le frequentava, che escludevano ‘quegli’ alunni dalle attività con i compagni, che erano una vergogna, superata, per fortuna, grazie a una vera e propria immersione di civiltà che ha sensibilizzato la popolazione, restituito dignità ai ragazzi e alle loro famiglie.
“Insegnare ai propri figli che la disabilità non è una malattia, che anche i soggetti disabili possono studiare, imparare, crescere e seguire quel lungo percorso che s’intraprende con la scuola è un modo per garantire alla società delle persone di mentalità aperta, capaci di capire chi ha bisogno, che a loro volta insegneranno ai propri figli cosa vuol dire accettare chi è diverso da noi”.

È pur vero che ancora c’è tanto da fare sul piano dei diritti e che alla scuola non si riserva, anche a livello ministeriale, quell’attenzione che le sarebbe dovuta per competenza, professionalità e il contributo economico non è adeguato. Eppure non può sfuggire a chi ha i ferri del mestiere nella mente e in mano, che oggi la zona del malessere si è allargata. Fenomeni come il bullismo, l’autolesionismo, l’abbandono scolastico, suggerirebbero di guardare più a fondo il vissuto di alunni e studenti provati dagli effetti della pandemia, confusi dalle notizie e dalle immagini cruente dell’invasione russa in Ucraina, invasi dai discorsi che sentono a casa su rischio povertà risparmio, riscaldamento in forse. . . Sempre più cercano rifugio nel loro cellulare.

Con questa realtà in tasca i ragazzi si siedono al loro posto. In classe le familiari carte geografiche appese alle pareti, per i più piccoli cartelloni colorati, mondi immaginari di pace, arcobaleni, fiori, prati e soli, tanti soli a scaldare quest’inizio scuola.

I docenti li osservano mentre un sentimento gratificante di riscatto sta per nascere nel desiderio di poter accogliere ‘davvero’ i loro alunni che li guardano e attendono, aspettando parole che li confortino, che alleggeriscano i loro problemi, le piccole e grandi solitudini e la paura, sì la paura di non capire, di non farcela a dare quelle soddisfazioni ‘scolastiche’ che il mondo adulto si aspetta e talvolta pretende.

Andreina Corso

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5 persone hanno commentato. La discussione è aperta...

  1. Riporto volentieri questa lettera alla sensibile attenzione delle lettrici e dei lettori:
    Sono la madre di un bambino in difficoltà, diciamo così, per semplificare. A scuola, la sua classe ha una docente in più, proprio per poter seguire lui, con gli altri. I compagni gli vogliono bene, lo invitano alle feste di compleanno, ma lui non sopporta i rumori, la musica e spesso vuole andarsene prima del taglio della torta. nessuno a scuola gli fa pesare il suo ‘carattere’, le sue paure, ma io soffro. Penso al suo domani, alle difficoltà che dovrà affrontare. Noi madri di bambini ‘difficili’ siamo sempre in ansia, oltre al pensiero costante sui nostri figli, temiamo che la società li rifiuti quando andranno a lavorare, se troveranno lavoro, temiamo che gli amici li abbandonino, soffriamo pensando al loro futuro. Chiedo alle persone che hanno scritto i messaggi e anche a te, al giornale, di aiutarci a sensibilizzare chi legge su questi problemi, per capire di più, per darci una mano per colmare una solitudine che pesa sulla nostra vita. Grazie.
    Una mamma

  2. Stupenda e commuovente l’immagine dei bambini che accolgono, facendosi cullare da quella spontaneità priva di pregiudizi e libera dai condizionamenti. Sono sempre più convinta che abbiamo tanto da imparare dai bambini e dal loro modo di essere.

  3. Ripartiamo tutti INSIEME coi bambini e i ragazzi che con la scuola torneranno alla normalità….
    Dovremmo prendere spunto dal suo articolo cara Andreina dal quale traspare quell’umanità che nel vivere quotidiano ci aiuta a sentirci migliori.

    • Un articolo come questo mi conforta e mi fa pensare a quanto possiamo fare, noi insegnanti per far star bene i nostri alunni. Andreina Corso è una persona speciale, sempre appassionata e generosa. Sempre, la sua presenza a scuola, ha portato affetto, gioia, cultura.

      • L’articolo tocca con sensibilità tutti i temi complessi della scuola oggi, dei suoi insegnanti e dei suoi alunni.
        Quanta attenzione richiede un ambito così importante!
        Grazie Andreina Corso

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