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Non chiamatemi morbo – Storie di resistenza al Parkinson a Verona

Al Palazzo della Gran Guardia dal 22 al 30 aprile la mostra Non chiamatemi morbo - Storie di resistenza al Parkinson: quarantuno storie di straordinaria normalità (da quella di Vincenzo Mollica a quelle di Francesca Cavalli e di Edoardo Boncinelli) attraverso le foto di Giovanni Diffidenti e le voci di Claudio Bisio e Lella Costa. Un messaggio di speranza con una giusta dose di autoironia e leggerezza. Ingresso libero.

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Sdrammatizzare. E possibilmente aiutarsi con tanta autoironia. E mai perdere la curiosità.
A suggerirlo è il giornalista Vincenzo Mollica che dal 2013, allora aveva sessant’anni, convive con Mr Parkinson.
Scherzosamente Mollica lo chiama così, e lo paragona alle canzoni di Celentano degli anni 60 – per l’alternanza di tempi veloci e lenti – e a certi film di Chaplin.
La testimonianza di Mollica, insieme a quella di Francesca Cavalli (classe 1968, Parkinson diagnosticato nel 2010 a quarantuno anni), del genetista Edoardo Boncinelli (classe 1941, Parkinson diagnosticato nel 2006 a sessantaquattro anni) e di altri che si sono raccontati nei video #nonchiamatemimorbo, rende bene il messaggio di speranza alla base della mostra itinerante Non chiamatemi morbo – Storie di resistenza al Parkinson che s’inaugura venerdì 22 aprile alle 18.00 al Palazzo della Gran Guardia.

La mostra è organizzata dall’Unione Parkinsoniani Verona (presidente Gianluigi Veronesi) e dalla Confederazione Parkinson Italia in collaborazione col Comune di Verona, la Provincia di Verona, l’ULSS 9 Scaligera, il CSV Centro di Servizio per il Volontariato di Verona, l’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata Verona, il Rotary Club Verona Soave, il Rotary Club di Verona e Provincia, l’Accademia LIMPE-DISMOV e Arte3.
Curata da Franco Achilli, la mostra sarà visitabile (ingresso libero) dal 23 al 30 aprile tutti i giorni dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 16.00 alle 19.00. Le voci di Claudio Bisio e Lella Costa (che il visitatore potrà ascoltare scaricando un’applicazione sul suo cellulare) e le fotografie di Giovanni Diffidenti ci accompagneranno in una quarantina di storie straordinariamente normali di persone che hanno deciso di mostrare come sia la loro vita con Mr Parkinson. Non facile ovviamente. Perché, come dice Mollica, “non è un simpaticone”. Eppure, è possibile conviverci. E continuare nel frattempo a fare ciò che più si ama.

«Si tratta di una malattia – sottolinea Giangi Milesi, presidente di Parkinson Italia – che, come altre, vive di molti luoghi comuni e c’è un solo modo per combattere lo stigma e l’ignoranza: informare attraverso le storie raccontate, anche con un po’ di ironia e leggerezza».
Obiettivo della mostra è sensibilizzare l’opinione pubblica sul Parkinson rimuovendo degli stereotipi a partire dal termine “morbo” che, coniato oltre un secolo fa, si rivela oggi, nell’evocare pandemie e contagi, molto fuorviante. Può infatti causare a chi ne è affetto un disagio psicologico che va ad aggravare l’isolamento sociale e può condurre alla solitudine. Al contrario, raccontarsi in pubblico favorisce l’aggregazione e il superamento di preconcetti e luoghi comuni legati al Parkinson.
Dopo undici tappe per complessivi duecentoventi giorni espositivi nel biennio 2020-2021

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