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Morti sul lavoro: non chiamiamole morti bianche. Di Andreina Corso

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Dal presidente dell’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering di Mestre, Mauro Rossato, giunge la denuncia che, dopo la pandemia, gli incidenti mortali sono aumentati del 164%: da 171 nel 2021 a 454 nel 2022.
L’emergenza morti sul lavoro nel nostro Paese non si ferma. In Italia si continua a morire ogni giorno.
Notizia di oggi: una lavoratrice di 50 anni, Nicoletta Palladini, madre di due figli, è morta questa notte dopo essere rimasta schiacciata mentre era al lavoro in una vetreria a Borgonovo, in provincia di Piacenza. L’incidente è avvenuto poco prima delle 3 di notte: la donna è rimasta incastrata e schiacciata tra un nastro trasportatore e un macchinario porta bancali. E’ deceduta sul colpo.

Riappare il fascicolo che inscrive l’incidente in omicidio colposo. Ora il procuratore sostituto della Repubblica Matteo Centini, che coordina le indagini dei carabinieri, ha disposto il sequestro dei macchinari e l’autopsia sul corpo della vittima. Al momento del tragico fatto non c’erano testimoni, ma i colleghi, una volta resosi conto di quel che era accaduto, si sono prodigati nei soccorsi. Grande il cordoglio e lo sconcerto. Immediate le reazioni che anche questa volta, da parte dei lavoratori e dei sindacati hanno richiamato per l’ennesima volta l’esigenza di mettere in campo maggiori investimenti per le lavoratrici e i lavoratori a garanzia della loro sicurezza, di cui oggi si percepisce una grave e colpevole mancanza”.

Grandi titoli sui giornali, sempre accompagnati alla definizione Morti bianche, per riportare gli incidenti, le morti sul lavoro.
“I caduti del lavoro sono le persone decedute a causa d’incidenti avvenuti durante e per causa del lavoro svolto […]”. Il fenomeno è anche indicato come morti bianche, dove «l’uso dell’aggettivo ‘bianco’ allude all’assenza di una mano direttamente responsabile dell’incidente”, ci dice il vocabolario. L’enunciato sembra dire che non esiste un responsabile, un colpevole della morte sul lavoro, che di colore è nero, mentre s’insiste sul bianco. Qualche dato può orientarci nella scelta del colore che meglio si abbina a chi ne esce morto. Riportiamo alcuni esempi tragici.

Il 6 maggio nella bergamasca un operaio 46enne è morto schiacciato da una lastra in cemento armato. Il giorno prima, il 5 maggio un operaio meccanico di 49 anni si è ferito lavorando a un tornio in un’azienda di Busto Arsizio, in provincia di Varese.
È morto poche ore dopo.
È rimasto schiacciato tra gli ingranaggi, proprio mentre l’aula del Senato osservava un minuto di silenzio per ricordare Luana D’Orazio, l’operaia tessile di 22 anni che sei giorni fa è rimasta schiacciata in un macchinario nell’azienda di Prato dove lavorava, lasciando la sua famiglia e il suo bambino di 5 … anni.

Il quadro tracciato dall’Inail sul primo trimestre del 2021 parla chiaro: le denunce d’infortunio sul lavoro con esito mortale presentate all’istituto entro il mese di marzo sono state 185, 19 in più rispetto alle 166 registrate nel primo trimestre del 2020 (+11,4%), effetto, rileva l’Inail degli incrementi osservati in tutti i mesi del 2021 rispetto a quelli del 2020.

Se prendiamo l’intero 2020, gli infortuni con esito mortale sono stati 1.270, il 16,6% in più dell’anno precedente. “Non chiamatele morti bianche”, scrive Fainotizia, che ha curato l’indagine statistica.
La segretaria nazionale della Cgil Rossana Dettori, con delega alla salute e sicurezza, ha affermato: “Bisogna investire nella formazione e nei controlli. Servono fatti che permettano ai lavoratori, di essere sicuri di tornare a casa la sera.


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Nel Piano di ripresa il tema non è nemmeno citato. Gli enti che dovrebbero fare le verifiche sono sotto organico: l’Ispettorato nazionale ha 4.500 dipendenti a fronte di una pianta organica di 6.500, i dipartimenti di prevenzione delle Asl 2mila contro i 5mila del 2009. All’Inail d’ispettori ne sono rimasti solo 246.”.
Ci sono momenti che alcune parole, come prevenzione, che assumono le vesti di una chimera, eppure per decenni su questa parola si è agitata la speranza di giungere al superamento di una minaccia che doveva essere sostituita dalla responsabilità dei controlli, dalla garanzia della salute, dall’opposizione e sanzione di ogni sfruttamento e violazione.

“Prima di tutto occorre attivarsi perché la prevenzione diventi una certezza. Cosa che a volte nelle aziende piccole come quelle in cui è avvenuto l’incidente che ha provocato la morte di Luana Orazio, non succede perché non sono tenute ad avere al loro interno un rappresentante dei lavoratori per la sicurezza: deve essercene uno a livello territoriale, ma a Prato non era stato eletto”. Su questo fronte, quindi, un controllo delle norme forse servirebbe. In parallelo servono i controlli. “Perché morire sul lavoro, non è un destino, è il risultato di carenze nelle misure di sicurezza e a volte di stress e fatica causati da problemi organizzativi”.

Il 28 Aprile, nella Giornata Mondiale per la Salute e la Sicurezza sul lavoro, poteva essere l’occasione giusta per analizzare i problemi e poi agire di conseguenza, anche considerando che in Italia sono milioni le imprese grandi e piccole che dovrebbero essere vigilate e che tutti i giorni qualcuno paga con la vita o con l’invalidità, questa omissione.
I sindacati hanno annunciato di voler «aprire una grande vertenza nazionale sulla sicurezza nei luoghi di lavoro». E il ministero del Governo Draghi, ha dato la sua disponibilità ad avviare un tavolo sull’aggiornamento del Testo unico. Ora spetta al Governo Meloni, intervenire.

Nel Pnrr (Piano nazionale ripresa e resilienza), molto si è insistito sulla digitalizzazione, ma il tema della sicurezza sul lavoro, è molto debole. O meglio, ci sono le misure contro il lavoro sommerso e contro il caporalato, che sono spesso fenomeni legati all’assenza di sicurezza. Ma servirebbe una prospettiva di più ampio respiro, basti pensare al mondo dell’edilizia, il più colpito dalle morti sul lavoro insieme all’agricoltura. Le principali cause di morte sono le cadute dall’alto, lo schiacciamento o il crollo di muri, il ribaltamento di mezzi e la fulminazione. E nel prossimo periodo la situazione potrebbe peggiorare.

Con gli investimenti del Pnrr e la crescita prevista nel settore edile, se non si prendono misure adatte potremmo assistere a un aumento nel numero di morti e degli incidenti, dicono i sindacati «Nel marzo 2020 con il governo e le parti datoriali abbiamo scritto il protocollo per la sicurezza dai contagi, facciamo lo stesso per la messa in sicurezza complessiva dei luoghi di lavoro», chiede Dettori, «le leggi ci sono, ora mettiamoci i soldi per gli ispettori e per la formazione, che deve riguardare anche nuovi pericoli e nuove patologie legate per esempio allo SMART working (lavoro intelligente)». (Fonte LinKiesta).

E aggiungiamo, per completezza e necessità: Alternanza Scuola – Lavoro: 2022, muoiono tre ragazzi. Gli studenti sono ritornati in piazza, prima manifestazione a Napoli per urlare la rabbia e il dolore per la morte di Giuliano de Seta, il 18enne deceduto mentre svolgeva uno stage in un’azienda di San Donà di Piave. Sono scesi in piazza anche gli studenti del Veneto, di Roma, al grido “Di scuola e di lavoro non si può morire” . A Palermo gli studenti hanno affisso uno striscione davanti alla sede del Provveditorato agli Studi: ”Le nostre vite valgono più del vostro profitto”. Basta alternanza Scuola – Lavoro”., senza garanzie e regole inconsistenti e inefficaci.
Per per non parlare della mancata prevenzione: nel 2022, secondo i dati Inail, ben 254mila incidenti.

Andreina Corso

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2 persone hanno commentato. La discussione è aperta...

  1. Quella delle morti sul lavoro è una piaga che si deve risolvere , non si possono ancora oggi avere persone che muoiono sul posto di lavoro , da anni se ne parla e da anni le persone continuano a morire .
    Come si dice nell’articolo mancano gli ispettori che vadano a controllare nei cantieri o nelle fabbriche e se non mi sbaglio negli anni 90 fu anche eliminata la figura del perito contrario o inverso, che controllava lo stato dei lavori, se venivano fatti a opera d’arte e la sicurezza dei lavoratori ….
    Sarebbe da ripristinare questa mansione, assieme a un aumento del numero degli ispettori .
    Si vedono anche in giro sui cantieri che molti operai non hanno il casco non hanno la cintura che li assicura alle impalcature, nelle fabbriche non vengono aggiornati i sistemi di sicurezza e l’incidente è sempre in agguato. Sarebbe da ripristinare la detassazione degli utili reinvestiti nella sicurezza e nell’aggiornamento dei macchinari ,sono spese enormi per le fabbriche che devono far fronte a concorrenza sempre più al ribasso o l’ inevitabile chiusura …..

    • Un dato da film dell’orrore letto di recente è che in italia l’89% dei cantieri e delle imprese edili non sono a norma e non rispettano le norme di sicurezza basiche.
      9 su 10!
      E non vengono ancora chiuse e sequestrate!

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