La bambina fantasma: una strana e triste storia che si intreccia con le sovrastrutture legislative e, forse, con i muri di gomma delle questioni di diritto quando esse non vanno nel verso dei cittadini. Si parla di quell’ombra di incertezza che avvolge la vita di una bambina dalla sua nascita. La bimba vive in un tranquillo comune della provincia di Vicenza. E’ certo che è nata nel 2019, ma la sua esistenza finora è stata adombrata da una serie di complicazioni legali che le hanno negato un nome, una tessera sanitaria e persino un documento di identità.
L’intricato labirinto legale in cui si trova, suo malgrado, impantanata, trova le sue radici nel momento della sua nascita. La bimba è nata in una clinica di Kiev attraverso la maternità surrogata. I suoi genitori, desiderosi di portare nella loro vita un amore tanto atteso, non pensavano di doversi scontrare con la decisione delle autorità italiane di rifiutare la trascrizione dell’atto di nascita. Una decisione che ha proiettato la piccola e la sua famiglia in un groviglio burocratico che dura da oltre quattro anni.
La querelle legale ha attraversato diverse tappe. Al tribunale di Vicenza, dove il ricorso dei genitori è stato respinto in prima istanza, è stato ribadito il principio di una sentenza della Cassazione datata 2019, che ha stabilito che trascrivere il genitore intenzionale di un bambino nato attraverso maternità surrogata sarebbe contrario all’ordine pubblico.
La Corte d’Appello a Venezia ha successivamente confermato il rifiuto di trascrivere i nomi dei genitori, oltre a negare il riconoscimento del padre biologico sulla base di prove del DNA.
Con tutte le opzioni interne esaurite, la coppia si è rivolta alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, cercando il riconoscimento della loro situazione unica.
Si tratta di una storia che mette in luce le complessità che emergono quando si affrontano questioni relative alla maternità surrogata attraverso confini internazionali.
La “bambina fantasma”, privata dei diritti e di quell’identità che spetta a ogni individuo, incarna la necessità di una riflessione più profonda sulla necessità di leggi chiare e, se possibile, compassionevoli che affrontino situazioni uniche come la sua.
Povera piccola. Capisco la gioia di voler diventare genitori e l’onere di andare lontano per diventarlo. Francamente, se sai che le leggi del tuo paese non lo permettono, perché arrecarti dolore e arrecarlo alla bimba coinvolgendo tutti in una lotta che sa di sfida? Ci sono tanti bambini che aspettano di essere amati.