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Io, paziente oncologico, parcheggiato 24 ore su una barella in corridoio

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Io, paziente oncologico, parcheggiato 24 ore su una barella in un corridoio

Un altro caso di sanità che disattende le necessità dei pazienti viene portato all’evidenza delle cronache oggi con una lettera-denuncia. Il Pronto Soccorso dell’Ospedale dell’Angelo, ma più in generale, la struttura organizzativa e i protocolli dell’Ulss 3 Serenissima, sotto accusa per una vicenda descritta dettagliatamente da Giorgio Ragazzoni, consigliere della Municipalità di Favaro, 77 anni, ex dipendente Inam, Ulss 16 e Dipartimento Sanità della Regione, che si è trovato a confrontarsi con i servizi realmente offerti ai cittadini che si trovano nella sventura di aver bisogno a causa di una malattia. Servizi che, toccati con mano, paiono spesso distanti dai proclami, dai sorrisi di facciata, dai totem, dalla propaganda.
«Un calvario di 24 ore su una barella del Pronto soccorso dell’Angelo» titola la Nuova Venezia in edicola oggi a firma di Marta Artico, traendo spunto dal reclamo inviato dall’utente (come si usa definirlo oggi) ai giornali, ma anche al governatore Luca Zaia, all’assessore regionale alla Sanità Luca Coletto, al direttore generale dell’Ulss 3 Giuseppe Dal Ben, al direttore sanitario dell’ospedale dell’Angelo Onofrio Lamanna, al primario del Pronto Soccorso Mara Rosada e al sindaco Luigi Brugnaro. Una lettera dettagliata e umanamente toccante, dove si ricorda un termine, una proprietà, una caratteristica, che dovrebbe essere garantita e fondamentale per ogni componente della nostra società: la dignità.

«Io malato oncologico
in un angolo del corridoio»
di Marta Artico

«Un inutile suppellettile abbandonato in un angolo del corridoio del Pronto Soccorso».
Così si è sentito Giorgio Ragazzoni, consigliere della Municipalità di Favaro, paziente oncologico che da oltre un anno combatte la sua battaglia contro il cancro.

Ragazzoni ha scritto una toccante e lucida lettera di denuncia destinata a chi sta nelle «stanze dei bottoni», per raccontare il calvario che ha vissuto il 20 marzo, quando è arrivato all’Angelo e ha passato 24 ore al Pronto soccorso.

Quel giorno Ragazzoni, dopo essere stato dimesso da oncologia di Venezia, ha perduto conoscenza nel bagno di casa ed è stato trasportato a Mestre dove gli sono state prestate le prime cure e gli è stato assegnato un “codice giallo”.

«I sanitari» racconta «hanno posizionato la barella su cui giacevo in un corridoio dove si poteva leggere “ammalati barellati”.

«Dopo 5 ore circa di attesa – continua – alle 22.10 mio figlio assieme al medico amico di famiglia si sono recati nell’ambulatorio 20, dove hanno chiesto con insistenza che mi venisse garantita la continuità della cura prescritta dall’oncologo che mi aveva dimesso. È stato solo in quel momento che l’elettrocardiogramma è stato valutato da un medico che ha provveduto a farmi somministrare un flacone di soluzione glucosata. Alle 7.30 del giorno seguente, a quasi dieci ore dalla somministrazione del flacone di glucosata senza che nessuno si preoccupasse di venire a controllare come fosse la situazione, mio figlio è ritornato nell’ambulatorio 20 dove una dottoressa mi ha comunicato che non c’erano posti disponibili nel reparto oncologico di Venezia, e che, per questo motivo, sarei stato “parcheggiato” a Villa Salus o al Policlinico San Marco. Alle 16.30 del 21 marzo, dopo quasi 24 ore trascorse su di una barella in corridoio, ho potuto riappropriarmi della dignità che mi era stata tolta, trovando sistemazione».

Ragazzoni denuncia con forza, per lui e per altri come lui, «lo scollamento tra la struttura e il personale». «Ho molto da dire sulla disorganizzazione del Pronto Soccorso dell’Angelo e sulla mancanza di un reparto che possa ospitare i malati oncologici che, in caso di ricovero d’urgenza, devono attendere un tempo infinito prima di… (l’articolo completo su La Nuova Venezia del 13/04/2018)

Lettere al Giornale. Ospedale dell'Angelo, grandi disagi

(ndr: in risposta alla lettera-denuncia è visibile la replica della struttura sanitaria con titolo «Mai abbandonato e assistito tuttora» ove si legge: «Il paziente non è stato mai abbandonato, al contrario è stato pienamente assistito dall’Azienda sanitaria nelle cui strutture era ricoverato fino al giorno prima dell’episodio e dove è attualmente ricoverato dall’episodio stesso» e altro in cui si motivano le scelte e i protocolli specificando che era stata esclusa subito qualsiasi urgenza e che il paziente era in uno spazio dove, di prassi, i pazienti vengono accolti, vigilati da infermieri e da operatori sociosanitari per rilevare le necessità cliniche e/o assistenziali. L’articolo completo su La Nuova Venezia del 13/04/2018)

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La discussione è aperta: una persona ha già commentato

  1. Confermo che il caso riportato dal paziente barellato è da ritenersi attendibile perché mio padre ha atteso dalle 4 del mattino fino a mezzogiorno pur essendo stato definito un codice rosso da loro stessi. Con febbre a 41dopo tachipirina lo hanno parcheggiato in corridoio ventoso. Siamo entrati nonostante i mogugni per coprirlo. Lo abbiamo anche fatto dimettere il giorno stesso perché io e la mia famiglia non abbiamo fiducia di quella struttura ospedaliera

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