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Strage a Napoli: infermiere spara dalla finestra per una lite condominiale

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Un infermiere appassionato di armi e di caccia. Lui è la persona di cui abbiamo sentito parlare ieri sera nei Tg.
Giulio Murolo, 45 anni, celibe, incensurato, è stato autore della strage perpetrata sparando dal balcone di casa sua, alla periferia di Napoli, una sparatoria che è costata la vita a quattro morti e sei feriti.
Ci sarebbero precedenti di vecchi dissapori con il fratello e la cognata, legati forse ad un eredità, all’origine dei complessi rapporti familiari esplosi in quel raptus.
Giulio Murolo, infermiere all’ospedale Cardarelli, è improvvisamente “impazzito” per qualche attimo mettendosi a sparare dal balcone.
Al Quartiere di Miano, periferia nord di Napoli, sono le quattro del pomeriggio. L’infermiere ha appena sparato, sono rimasti per terra il fratello Luigi, 52 anni, e la moglie di Luigi, Concetta Uliano, 51 anni: i loro corpi giacciono sul balcone.
La lite potrebbe essere nata per un filo in cui si stende la biancheria. Toglilo, lascialo, una lite condominiale come tante. Ma non è finita come le altre: Murolo ha smesso di urlare ed è andato in una stanzetta accanto alla cucina: la sua armeria. Fucili e pistole, tutto regolarmente denunciato. Ha preso il fucile a pompa ed è uscito sul balcone.
Ha sparato, ci sono due corpi inermi stesi e l’infermiere rimane in piedi accanto ai due cadaveri per qualche attimo. Nel frattempo al piano terra, per strada, c’è Francesco Bruner, è un ufficiale dei vigili urbani fuori servizio che conosce Murolo. Gli grida di smettere mentre urla alla gente di non avvicinarsi perchè “C’è uno che spara”.
Bruner lo esorta ancora Murolo di mettere giù l’arma, invece l’infermiere spara di nuovo, e i morti diventano tre.
Altri spari.

A questo punto la ricostruzione diventa confusa. A pochi metri dal cadavere del vigile urbano c’è un carabiniere a terra. E’ stato colpito ad una gamba e perde molto sangue.
Cerca di avvicinarsi un agente, ma anche lui viene colpito ad un braccio. Dietro un cassonetto appare un altro vigile urbano, Vincenzo Cinque, pure lui fuori servizio e pure lui è stato centrato.
Un capitano dei carabinieri fa uscire dalla vicina caserma Caretto, sede del battaglione Campania, un mezzo blindato per fare una barriera davanti al balcone dell’infermiere che spara impazzito. Un altro sparo: colpito a morte un fioraio che era a bordo del suo scooter grigio.
I colpi si fermano, per strada ci sono decine di agenti e carabinieri, molti sono in borghese, dirottati qui dalle zone limitrofe.
Si prova a parlare con il cecchino attraverso un megafono: «Murolo, mi senti?». «Murolo, stai calmo, arrenditi…». «Ora ti veniamo a prendere, ok?».
Murolo avrebbe intanto telefonato al 113: «Sono io quello che sta facendo il macello» e l’operatore cercava di tranquillizzarlo come può nel corso di una lunga telefonata. Quattro agenti con un giubbotto antiproiettile dalla strada corrono il rischio di andarlo a prendere.
Ecco Murolo che esce, lo tengono per le ascelle, lo sguardo è assieme tranquillo e allucinato.
Non oppone alcuna resistenza ma è molto grosso, viene fatto sedere nel sedile posteriore di una Fiat Punto con una certa fatica. Intanto l’auto è raggiunta da una folla inferocita rimasta rintanata all’interno delle case finora. Vorrebbe farsi giustizia da sola: calci e pugni sulla carrozzeria dell’auto e sputi. Invece arriva una volante, accende la sirena e il gruppetto scompare.

Iniziano gli approfondimenti: l’infermiere è titolare di una licenza di tiro, inoltre Murolo non risulta soffrire – secondo i primi elementi raccolti dagli investigatori – di disturbi psichici. In casa deteneva fucili da caccia ed altre armi, tutte regolarmente denunciate.
Con il fratello, Luigi, 52 anni, e la cognata Concetta Uliano, 51, i rapporti erano pessimi. La coppia, che aveva due figli minorenni, viveva nella stessa palazzina a due piani. In comune con l’abitazione dell’infermiere c’era un ballatoio. E proprio un filo per i panni steso sul ballatoio sarebbe stata la miccia che ha fatto scattare la strage.
La personalità dell’infermiere, che lavora nel reparto di chirurgia toracica, dell’ ospedale “Cardarelli” è ancora da decifrare. “Mai ricevute segnalazioni negative sul suo conto -ha detto il direttore sanitario dell’ospedale Franco Paradiso – non lo conoscevo bene”. Lui invece, l’infermiere Murolo “Si è chiuso nel silenzio – ha raccontato in una conferenza stampa il questore di Napoli Guido Marino, affiancato dal Comandante provinciale dei carabinieri Antonio de Vita – durante le telefonate con l’operatore del 113 è apparso naturalmente in stato di eccitazione, ma non di alterazione psichica”. Almeno 16 i colpi di fucile esplosi da Murolo, tanti i bossoli ritrovati dalla Polizia, ma la ricostruzione della Scientifica, definita “molto complessa” è ancora in corso. I colleghi di lavoro lo definiscono come persona silenziosa e introversa, ma nessuno ha mai ravvisato in lui segni di squilibrio. Freddo, semmai, così come si è manifestato agli uomini in divisa ai quali si è arreso, senza opporre resistenza e senza dire una parola dopo i 40 minuti trascorsi al telefono con un operatore del 113 che lo ha indotto ad arrendersi.

Mario Nascimbeni

16/05/2015

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