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Incendio della Fenice: 25 anni dopo Vera Mantengoli racconta “La notte di fuoco”

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Una notte nera come la pece. A Venezia l’odore di bruciato si era presto diffuso per le calli e i sestieri, da San Marco si alzarono particelle di cenere che raggiunsero le finestre delle case e vennero trasportate per chilometri dal forte vento, accompagnate dai suoni delle sirene.
Era la sera del 29 gennaio 1996 e bruciava il teatro La Fenice, un luogo simbolo della città e della sua cultura. E come l’uccello mitologico, anche il teatro veneziano rinacque dalle proprie ceneri.
Oggi, a 25 anni di distanza da quel fatto di cronaca che sconvolse la città e lasciò con il fiato sospeso il mondo intero, un nuovo libro ne ripercorre la storia attraverso le interviste di chi c’era e ha vissuto quei difficili momenti. Testimonianze che aggiungono particolari, dettagli e sensazioni di quei momenti di paura. E gli articoli di giornale dell’epoca, provenienti dall’archivio della Nuova Venezia, che raccontano la “notte di fuoco”. Così si intitola anche il libro: “La Fenice 29 gennaio 1996 – La notte di fuoco: storie, interviste e articoli”.
L’autrice è la giornalista Vera Mantengoli, che ricostruisce il caso Fenice cominciando proprio da quella notte, con dodici testimoni. Dodici storie interessanti, raccontate in prima persona e con ritmo incalzante, come dodici erano le voci del coro della tragedia greca, accomunate dalla stessa visione, apocalittica.
Parla il custode Gilberto Paggiaro, che venne improvvisamente avvolto da una nuvola di fumo irrespirabile, e la violinista Daniela Santi che assistette al rogo.

Intervistato anche il pompiere Roberto Tentellini che, infrangendo le norme, sorvolò la città con l’elicottero, versando dall’alto centinaia di migliaia di litri di acqua sul teatro e sui palazzi vicini per evitare il diffondersi delle fiamme. E ancora, lo scultore Guerrino Lovato che oggi racconta come cinque anni dopo quella notte ricostruì i prototipi in creta della nuova Fenice e il musicologo Veniero Rizzardi ricorda la “nevicata” nera di cenere.
Il monito dei Futuristi di bruciare la città è ricordato dalla regista Alessandra Galletta e la pioggia di tizzoni infuocati dall’avvocato Gaetano Guzzardi. Il cielo del giorno dopo invece, descritto dalla poetessa Anna Toscano, chiude le testimonianze del libro.
La seconda parte del volume è dedicata alle interviste.
Non mancano i colpi di scena, l’aiuto della tecnologia nelle indagini, perché per la prima volta in Italia si utilizzarono le celle telefoniche. Il riassunto dei passaggi chiave che portarono alla condanna dei due elettricisti è narrato da Felice Casson, il pubblico ministero che all’epoca seguì il caso. 
E quindi Paolo Costa, già ministro dei Lavori pubblici, ripercorre come, da sindaco della città, riuscì ad uscire dal groviglio di contenziosi in seguito all’incendio e avviare la ricostruzione dello storico teatro.
Sentito anche il sovrintendente della Fenice Fortunato Ortombina, che spiega perché il teatro d’opera è il luogo di tutti e racconta la Fenice oggi, messa alla prova dall’attuale pandemia.

Dai ricordi di chi c’era e di chi rappresentava le istituzioni fino alla terza parte del libro, la raccolta di articoli pubblicati dal quotidiano La Nuova Venezia che ricostruisce il caso dalla notte di fuoco fino alla scoperta di Carella in Messico, dove era fuggito.
Un filo rosso, come le fiamme che avvolsero la Fenice, lega tutti i capitoli del libro e accompagna il lettore a scoprire aneddoti sconosciuti, alcuni dimenticati, di quella vicenda.
Il volume si chiude con una galleria di immagini d’epoca, del fotografo Gianfranco Tagliapietra, fondatore di Interpress. 
La prefazione è della professoressa Donatella Calabi che introduce l’acceso dibattito in città che portò alla rinascita del teatro “dov’era e com’era”, proprio come avvenne per la ricostruzione del campanile di San Marco.
La casa editrice è Editoriale Programma, il libro è acquistabile in edicola per alcuni giorni, fino al 29 gennaio, poi si potrà trovare nelle librerie.
Giorgia Pradolin

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