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Comincia la scuola, siamo davvero pronti? Crisanti: “Un positivo in classe sarebbe distruttivo”

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Comincia la scuola il 14 settembre in 12 Regioni oltre che in provincia di Trento. Sono le 12 regioni (più la provincia di Trento) dove lunedì suonerà la campanella che darà inizio all’anno scolastico.
Gli studenti delle scuole del Veneto, Lazio, Emilia Romagna, Lombardia, Molise, Marche, Toscana, Liguria, Piemonte, Sicilia, Umbria, Valle d’Aosta e provincia di Trento saranno i primi a sperimentare le nuove disposizioni per difendersi dal coronavirus. In altre sette regioni, invece, l’avvio dell’anno scolastico avverrà in data diversa dal 14 settembre. Abruzzo, Campania, Basilicata, Calabria, Puglia vedranno gli alunni tornare in classe il 24 settembre e in Sardegna il 22 settembre, ovvero dopo il weekend elettorale del 20-21 settembre, mentre il Friuli Venezia Giulia riaprirà gli istituti il 16 settembre e mentre le lezioni sono già ricominciate il 7 settembre in Alto Adige.

Comincia la scuola, ma siamo davvero pronti? Sarebbero state forse opportune eccezioni a livello locale, come, ad esempio, per Vo’ Euganeo, nel Padovano, una delle prime zone rosse, dove le lezioni sono già riprese il 7 settembre? Sempre per esempio, alcuni comuni, nonostante ricadano nelle regioni dove l’avvio delle lezioni è previsto per il 14 settembre, hanno deciso di riaprire le scuole il 24 settembre.

Il prof. Crisanti questa mattina ha precisato quello che sarebbe lo scenario più impegnativo: “Se c’è un positivo in classe, dovrebbero andare in isolamento i genitori, la classe e tutto il corpo docente e non docente che è entrato in contatto con lui, e dovrebbero aspettare il tampone. Quindi è un evento estremamente distruttivo”.
“E questa è anche la ragione per cui, non solo io ma la quasi totalità della comunità scientifica, promuove il vaccino contro l’influenza” che ha “il merito di diminuire l’utilizzo di risorse in modo non efficiente”.

Così ha parlato, durante la trasmissione Agorà, su Rai 3, Andrea Crisanti, ordinario di Microbiologia all’Università di Padova. “Se le misure non funzionano, la comunità scientifica farà sentire la voce e chiederà che vengano corrette in corso d’opera”.

Una, in particolare, di queste misure era già stata criticata da Crisanti ovvero la misurazione della febbre da fare a casa. “Non penso – è tornato a ribadire oggi – sia una procedura corretta far misurare la febbre a 8 milioni di famiglie: chi sulla fronte, chi sotto l’ascella, chi sotto la lingua, chi nell’orecchio, e con termometri diversi. Si sarebbe dovuto misurare la temperatura a scuola, con sistemi automatici efficienti che adesso sono disponibili. Questo avrebbe indotto anche le famiglie a misurarla correttamente”.

Rispetto alla temperatura, ha concluso, “i 37,5 sono un livello stabilito per gli adulti ma la maggior parte di bambini e ragazzi hanno forme brevi e transitorie, quindi la soglia deve essere abbassata se vogliamo catturare casi che così passerebbero inosservati”.

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