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Alan Ford, un fumetto rivoluzionario

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Alan Ford fu un fumetto rivoluzionario per l’epoca. In un momento in cui erano oggetto di ammirazione solo gli eroi vincenti e affascinanti (Diabolik, Kriminal in Italia, gli eroi Marvel dall’America) si affacciò nel panorama di una generazione che non ha subito il fascino di “Tex Willer” o “Mandrake”, perché è venuta dopo, un personaggio con la “sindrome di paperino”, povero, sfortunato, perdente. E che cosa ci può essere di meglio per lui che entrare nella squadra di “agenti segreti” più scassata del mondo?

Il fumetto “Alan Ford” è un’icona della cultura pop italiana, con una storia che si estende per oltre cinquant’anni. Creato da Max Bunker e Magnus nel 1969, il fumetto segue le avventure di un gruppo di agenti segreti disadattati, noti come la “TNT Agency”, mentre si scontrano con i criminali più eccentrici e bizzarri del mondo.

Uno degli aspetti più distintivi di Alan Ford è l’umorismo nero che permea tutto il fumetto. Le situazioni sono spesso assurde, ma il tono è sempre autoironico e sarcastico, con una forte dose di critica sociale. In effetti, il fumetto è stato visto come una satira della società italiana, e molti dei personaggi sono ispirati a stereotipi italiani.

Uno dei personaggi principali di Alan Ford è lo stesso Alan Ford, tanto che all’inizio doveva essere il protagonista assoluto, ma poi i personaggi comprimari si sono conquistati sempre più aspettative e simpatie al punto che la squadra ha trovato i suoi equilibri narrativi equamente distribuiti.

La TNT Agency è composta da personaggi altrettanto bizzarri, ma oltre ai personaggi principali, il fumetto è noto anche per i suoi personaggi secondari memorabili come, ad esempio, gli improbabili nemici della squadra.

Ma il vero motivo per cui Alan Ford è così amato dai fan è la sua combinazione di umorismo surreale e umane debolezze. Ricco di battute taglienti e sarcasmo, ha offerto interessanti spunti di riflessione a sfondo sociale alle menti in crescita che se be innamoravano.

Alan Ford, nonostante quello che dichiara Max Bunker (Luciano Secchi), conosce il suo periodo più fulgido e scoppiettante dal primo al 75. numero, quando alle matite c’è Magnus (Roberto Raviola), ma quest’ultimo, da vero artista estroso e creativo, soffre terribilmente ad essere imbrigliato dentro un lavoro sequenziale che deve ripetere le sue logiche rispettando le scadenze per le consegne del lavoro.

Sicché, alla fine, Magnus rompe il binomio di successo. Ciò avviene dopo il 75° numero. Ma invece di prendersela con lui per questo, tutti noi lettori avremmo dovuto essergli grati per aver resistito ed averci offerto 75 meravigliosi episodi.

Altri bravi disegnatori vennero dopo di lui ma nessuno è stato veramente in grado di raccontare i dettagli visti dalle spigolature di Magnus, come è ovvio, dato che ogni professionista ha un suo stile. Così i lettori fecero sentire la loro delusione per vere e proprie crisi di astinenza del tratto di Raviola.

Magnus tornerà solo eccezionalmente per disegnare il n. 200, cosa che fece accrescere la nostalgia nei lettori della prima ora per tutto quanto perso. A loro l’incolpevole Bunker ripeteva nei suoi editoriali: “Siete cresciuti e, probabilmente, meno spensierati. Non è colpa mia se avete qualche capello in meno e, forse, qualche chilo in più… è la vita che è così”.

La morte di Magnus nel 1996 mise la pietra tombale sulla questione.

Tuttavia, negli anni ci sono stati diversi tentativi di rivitalizzare il fumetto. Vari formati hanno fornito ristampe che altre generazioni hanno potuto apprezzare. Il momento d’oro era però passato: in un panorama in cui altre forme di intrattenimento si imposero (prima fra tutte la televisione con un ampliamento esplosivo di canali e offerta di programmi a partire dagli anni ’80) il fumetto non è più tornato nazional-popolare come era, relegandosi a nicchia per veri amatori, ma fu proprio in questo preciso momento che è stato elevato a forma d’arte come dimostrano tutte le nuove generazioni di disegnatori.

Alan Ford, in ogni caso, resta pietra miliare della cultura pop italiana e, nei ricordi di chi scrive, una fonte di intrattenimento che in certi attimi ha sfiorato il capolavoro.

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2 persone hanno commentato. La discussione è aperta...

  1. Nei mitici anni ’70 vivevamo di fumetti.
    Eravamo fortunati, in itlaia ci sono sempre stati dei fuoriclasse: negli anni 50 i disegnatori italiani hanno reinventato la formula delle stripes per paperino, topolino e paperone forzando la disney a cambiare le pubblicazioni per tutto il mondo. Negli anni ’60, ’70, e ’80 avevami Bonvi, Magnus, Forattini, Pratt, Manara…..
    Negli anni ’90 Sclavi e co….
    Dal 2000 le cose son cambiate, l’estro e la creatività sono state osteggiate dalla pressione partitica e sostituite da uno squadrismo di maniera. Se nel 1953 avevamo parodie della divina commedia finemente disegnate con topolino, pippo a percorrere i gironi dell’inferno adesso abbiamo personaggi che passano il tempo sul loro divano a sdoganare canne e liquismo.
    Cicerone diceva “o tempora, o mores”. Ma per fortuna i diveramente giovani ancora comprano e ammirano le opere dei grandi disegnatori italiani (ma anche francesi e spagnoli, perchè no). Fino a che siamo vivi noi corto continuerà a navigare, il maresciallen a sbraitare, E poi, e poi sono anche c…zzi di chi resta.

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