“Il patrimonio pubblico non si tocca e soprattutto non si vende”.
Questo l’enunciato di fondo di quanti avevano (e hanno?) a cuore la destinazione d’uso del patrimonio pubblico. Non era uno slogan, ma una filosofia. A chi apparteneva? A quanti pensavano (e pensano?) che la casa è un diritto e che gli affitti dovevano essere comparati e adeguati alle reali possibilità economiche dei cittadini, delle famiglie e di quanti si sentivano in diritto e autorizzati a chiedere una casa, un posto in cui abitare.
Chi la casa ce l’ha stenta a capire cosa possa significare non averla. E nel contempo si muovono esigenze istituzionali , che provvedono a soddisfare l’impulso che li porta a vendere i loro gioielli. Quando è possibile, naturalmente , e a rivedere i canoni affittuari, oggi sotto l’occhio del ciclone dopo le ultime indagini che hanno rivelato pesanti contraddizioni.
Ecco che l’Asl 12 mette in vendita la Palazzina Stern, accanto a Ca’ Rezzonico, proprio di fronte a Palazzo Grassi. Contemporaneamente l’Asl veneziana sta rivedendo i canoni di affitto dei suoi inquilini, li vuole aggiornare, aumentandoli, al fine di utilizzare gli utili nelle spese sanitarie. Sono circa 200 alloggi, mentre il Comune ne possiede 5.500, senza gli altri, numerosi convenzionati con altri enti e fondazioni.
Verranno rivisti quegli affitti molto bassi e valutati nuovi immobili da mettere in vendita, una situazione molto particolare emerge nel tessuto veneziano: da affitti bassissimi, ad altri, inaccessibili, a spiegare l’esodo dei veneziani dalla città.
La geografia dell’esistente rivela una politica incomprensibile e disattenta alle strategie abitative, dove ognuno fa quel che più gli conviene, perdendo di vista che con un residuo di 55.000 residenti, Venezia ha già risposto in termini politici e perfino culturali. E ora l’ulteriore vendita del patrimonio pubblico ne dà triste conferma.
Andreina Corso