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Il secondo giorno di Festival vede di buon’ora la proiezione della riduzione cinematografica di “The road“, il romanzo del premio Pulitzer Cormac McCarthy.
Peccato che essendo stato presentato come uno dei film migliori del 2009 il film di John Hillcoat, risulta invece prolisso e ripetitivo. In un mondo post-apocalittico di cui non viene accennato l’origine, padre e figlio compiono un viaggio verso il sud degli Stati Uniti nella speranza di una svolta alla loro condizione disagiata.
In un misto di “Mad Max“, “Ken Shiro” e i film catastrofici di ogni tipo il film scorre nella lentezza e nell’inutile. Qualcuno è riuscito a vederci una metafora del rapporto padre/figlio ma sinceramente è alquanto riduttiva come trama per una pellicola di due ore. La coppia infatti, non fa altro che vagare, mangiare e dormire a rotazione per tutto il tempo. Tutti quegli spunti interessanti come i cannibali che rapiscono e custodiscono i prigionieri (con intenti appunto cannibaleschi) e l’anziano non vedente (un grande Robert Duvall), vengono miseramente abbandonati.
Dunque, una delusione priva di colpi di scena e che soprattutto non è in grado di emozionare davvero.
Un Berlusconi autoreferenziale, un ragazzo che sogna di essere il nuovo Van Damme ballerino, il re dei paparazzi che ammette di esser ancor più famoso da quando è stato in galera e il manager con “faccetta nera” come suoneria nel cellulare e nulla più.
Il film accusa la televisione di Berlusconi di influenzare attraverso i propri palinsesti le menti degli italiani; dimenticando però che praticamente nessun format televisivo è di matrice italiana (il Grande fratello è originale dell’Olanda e gli stessi Cesaroni è un’idea spagnola).
I miracoli sembrano marketing, i pellegrinaggi viaggi turistici per disperati. È questa la Lourdes che la regista rappresenta.
La giovane Chrstine, affetta da sclerosi multipla affronta il viaggio della speranza nel luogo di culto ma senza una vera convinzione; eppure sarà proprio lei a ricevere quel miracolo che migliaia di persone attendono.
Accompagnata da una volontaria dell’Ordine di Malta (molto più interessata a flirtare che dedicarsi al prossimo) coglierà quella nuova possibilità assai invidiata da tutti trovando anche un amore prima insperato.
Avvenuto il miracolo ne' piange ne' ride di gioia, lo accetta come fosse la cosa più normale di questo mondo, e questo non è proprio realistico.
In un misto di “Mad Max“, “Ken Shiro” e i film catastrofici di ogni tipo il film scorre nella lentezza e nell’inutile. Qualcuno è riuscito a vederci una metafora del rapporto padre/figlio ma sinceramente è alquanto riduttiva come trama per una pellicola di due ore. La coppia infatti, non fa altro che vagare, mangiare e dormire a rotazione per tutto il tempo. Tutti quegli spunti interessanti come i cannibali che rapiscono e custodiscono i prigionieri (con intenti appunto cannibaleschi) e l’anziano non vedente (un grande Robert Duvall), vengono miseramente abbandonati.
Dunque, una delusione priva di colpi di scena e che soprattutto non è in grado di emozionare davvero.
Ma oggi era il giorno di “Videocracy“
, il documentario di Erik Gandini che tante polemiche ha provocato ancora prima della sua effettiva visione.Si è detto di tutto e di più sul film, gli argomenti toccati e le opinioni espresse su una società basata sull’apparire. Ora che la pellicola è uscita, è possibile darne un giudizio obiettivo. Nell’ora e mezza di visione, il pubblico ha potuto… rivedere cose già viste! Il documentario infatti non è altro che un collage di notizie, servizi e informazioni che il pubblico italiano già conosce da tempo. L’influenza della televisione, l’importanza di apparire e tutto ciò che ruota attorno al mondo dello spettacolo attraverso interviste “confessione” al manager Lele Mora e a Fabrizio Corona, che a parte essersi lasciati sfuggire alcune battute (l’ammirazione di Mora per Mussolini e di Corona per Berlusconi, perché per far successo bisogna “essere banditi”), non dicono nulla di “scooposo”. |
Il film accusa la televisione di Berlusconi di influenzare attraverso i propri palinsesti le menti degli italiani; dimenticando però che praticamente nessun format televisivo è di matrice italiana (il Grande fratello è originale dell’Olanda e gli stessi Cesaroni è un’idea spagnola).
Altra pellicola in concorso “Life During Wartime“ di Tod Solondz, il seguito ideale di “Happiness” di cui riprende i protagonisti. Una storia di famiglia con i tradimenti, e gioie e le delusioni che una comune famiglia vive ogni giorno. |
Infine, da segnalare “Lourdes”
per la regia di Jessica Hausner, con Sylvie Testud e Bruno Todeschini.I miracoli sembrano marketing, i pellegrinaggi viaggi turistici per disperati. È questa la Lourdes che la regista rappresenta.
La giovane Chrstine, affetta da sclerosi multipla affronta il viaggio della speranza nel luogo di culto ma senza una vera convinzione; eppure sarà proprio lei a ricevere quel miracolo che migliaia di persone attendono.
Accompagnata da una volontaria dell’Ordine di Malta (molto più interessata a flirtare che dedicarsi al prossimo) coglierà quella nuova possibilità assai invidiata da tutti trovando anche un amore prima insperato.
Il film, nonostante l’interessante trama, non va oltre la sufficienza, perché incapace di prendere una vera posizione su questi viaggi e tutto ciò che vi ruota attorno.
Avvenuto il miracolo ne' piange ne' ride di gioia, lo accetta come fosse la cosa più normale di questo mondo, e questo non è proprio realistico.
Mattia Cagalli |