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Venezia: come nacque Riva Sette Martiri (ex Riva dell’Impero)

Il progetto prese vita nel 1932 in seguito al cedimento della banchina di San Biagio. Nell'occasione il margine fu spostato di 20 metri riposizionando più avanti le rive dell'acqua.

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Dal punto di vista storico, la costruzione di Riva dell’Impero, poi diventata Riva Sette Martiri, iniziò in seguito al cedimento della banchina all’altezza della chiesa di San Biagio, avvenuta nel 1932. Un episodio che portò alla decisione di intervenire sull’area, allargando contestualmente la riva e prolungandola fino ai Giardini Pubblici.

Il progetto prese ben presto la forma di una grande opera. La parte più cospicua dell’allargamento era quella relativa al tratto compreso fra l’imbocco di via Garibaldi e i Giardini, su cui si affacciava la Marinarezza, alcuni squeri e la palazzina Canonica, quest’ultima eretta nel 1911 come dimora-studio dello scultore Pietro. Il tratto doveva essere rettilineo, cosa che unitamente ad un fondale posto a circa 10 metri sotto il medio mare avrebbe permesso l’attracco di navi di grandi dimensioni.

Si utilizzò pertanto come riferimento il filo determinato dalla facciata della palazzina Canonica, che si affacciava direttamente sul bacino, spostando il margine del nuovo muro di sponda a 20 metri da quest’ultima. Il sistema costruttivo scelto, vista l’ampiezza del nuovo muro e la profondità dei fondali, fu quello dei cassoni galleggianti di calcestruzzo armato, che venivano prodotti da un grande impianto posizionato presso il rio de la Tana.

Da qui venivano rimorchiati, messi in posizione (previo scavo dei fondali con la draga) ed affondati uno accanto all’altro per creare l’allineamento della nuova fondamenta. Alle loro spalle la grande fossa rimasta fra i cassoni e la vecchia riva venne colmata con terra, poi compattata. La sommità dei cassoni venne completata con un muro continuo in calcestruzzo, rivestito in corsi di pietra d’Istria, montati a paramento ed usati anche come casseri per il muro stesso. Sulla sommità venne posta una listolina in blocchi di pietra d’Istria.

La pavimentazione, così come descritta nel verbale di consegna delle aree del 1937, consisteva in due campi di masegni di trachite, posti ai due estremi della fondamenta, e collegati fra loro da una fascia di 3,85 metri, sempre in masegni di trachite, lungo tutta la fondamenta. La restante pavimentazione era in ghiaietto bitumato dello spessore medio di 4 centimetri.

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