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Omicidio Biagi: Scajola revocò la scorta nonostante fosse avvisato del pericolo

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Omicidio Biagi: Scajola revocò la scorta

Si riapre, con modalità che potrebbero riservare sorprese, l’inchiesta sulla revoca della scorta a Marco Biagi, ucciso dalle Br in via Valdonica 14, sotto casa, il 19 marzo 2002.
Interrogativi pendono sul ruolo dell’ex ministro dell’Interno Claudio Scajola e dei vertici delle istituzioni dell’epoca che avevano il compito di proteggere un servitore dello Stato.

Tutto nasce da documenti trovati dalla Finanza nell’archivio affidato da Scajola al suo ex segretario Luciano Zocchi. Nel particolare, la Procura bolognese riapre l’indagine per il ritrovamento di due lettere inviate a Scajola nelle quali si informava l’allora ministro dell’Interno dei pericoli che correva il giuslavorista («Biagi rischia»).

Sulle lettere, che precedono di quattro giorni l’omicidio di Biagi, comparirebbe il «visto» di Scajola, che ha invece sempre sostenuto di non essere al corrente all’epoca dei rischi ai quali era esposto il professore.
Il resto è storia: quattro giorni dopo la revoca della scorta a Marco Biagi le BR lo uccidono in un agguato.

L’ipotesi di reato, formulata per il momento contro ignoti, parla di omicidio per omissione («Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo»).

Già poche ore dopo l’assassinio da parte di un commando delle Br (4 dei 5 killer sono stati condannati all’ergastolo in via definitiva nel 2007, l’altro a 21 anni), una delle domande irrisolte era perché fosse stata revocata la scorta a quell’uomo dalla forte esposizione pubblica, consulente dell’allora ministro Roberto Maroni, nonché ispiratore di quel Libro Bianco sulla riforma del mercato del lavoro che da tempo lo rendeva oggetto di attenzioni tutt’altro che benevole.

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