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La campagna Io sono Venezia di Confartigianato approda in città

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La campagna Io sono Venezia di Confartigianato approda in città veduta

Presentata e ora avviata, la campagna shock per tutelare l’artigianato veneziano ha preso piede in ogni angolo di Venezia e i “testimonial” si rendono disponibili alle interviste.
E’ infatti possibile scorgere le locandine con i volti degli artigiani un po’ dappertutto: su pontili Actv e a bordo dei mezzi pubblici, sui cestini dell’immondizia e all’interno di alcuni enti.

Tappezzare la città con il messaggio di chi ancora la vive, e non vuole abbandonarla alla desertificazione economica e massificazione turistica, è un campanello d’allarme per veneziani e turisti, ma soprattutto per la pubblica amministrazione comunale e per il governo.

“Non sono una comparsa io sono Venezia” è il messaggio che tutti possono leggere e una richiesta di aiuto da parte degli artigiani in una città sempre più snaturata dei suoi cittadini, usanze e tradizioni e sempre più parco divertimenti turistico in stile “Veniceland”.

“Dopo i complimenti di veneziani e “foresti” per la vivace iniziativa – spiega Gianni De Checchi, segretario di Confartigianato Venezia – auspichiamo che ora il messaggio arrivi alle orecchie di chi governa per porre un freno al lento inesorabile degrado del tessuto socioeconomico che sta portando alla perdita totale del patrimonio di saperi e di culture del fare che ha reso grande Venezia nel mondo”.

“Confartigianato Venezia e gli stessi artigiani protagonisti della campagna – aggiunge De Checchi – sono disponibili ad essere intervistati e spiegare le loro particolari esperienze e vicissitudini, persone che una volta popolavano il centro storico ed ora stanno diventando ‘merce rara’.”

Venezia è annoverata da tutti tra le grandi città turistiche del mondo. E nell’immaginario collettivo è quasi normale paragonarla a città come Parigi, Londra, alla stessa Firenze o Roma. Ma Venezia non è affatto una “grande città”, anzi è una città piccola e con un numero di residenti ridicolo rispetto alla massa di turisti che la pervadono.

Su questo punto i dati sono quanto mai incerti, ed è singolare che del principale settore economico cittadino non si conoscano con precisione i dati fondamentali.

Se tutti concordano su una presenza vicina ai 21 milioni di presenze annue che gravano per la quasi totalità sul Centro Storico ci troviamo nella situazione di circa 365 turisti per abitante.

Circa 20 volte Ibiza, 3 volte Formentera e 6 volte Las Vegas.

La percentuale dei così detti first time visitors è elevatissima MENTRE QUELLA DEI PERNOTTANTI E’ OLTREMODO BASSA.

Questo produce una tipologia di turista essenzialmente non pernottante che è molto diversa da quello che mediamente affolla le capitali europee, un turista che entra in un museo nel 10% dei casi, contro l’85 per cento dei pernottanti, che ritorna a Venezia nel 8,5% dei casi e che partecipa ad eventi cittadini nel 2 per cento.

La quota di turismo consapevole e con discreta capacità di spesa si sta sempre più assottigliando a favore di un turismo sempre più frettoloso, con scarsa capacità di spesa e scarsamente consapevole.

Tutti gli studi più accreditati a livello internazionale indicano che l’affacciarsi sul mercato turistico di popolazioni oggi poco o per nulla presenti ( India, Brasile, Cina ecc) aumenterà ancor più questa tipologia di fruitori attestando ancora più verso il basso il livello medio qualitativo delle presenze e verso l’alto la quantità.

Questo turismo produce già oggi, e produrrà ancor più in futuro, due risultati inconfutabili e sotto gli occhi di tutti: un aumento di costi a carico della collettività a fronte di vantaggi diretti solo per alcune categorie e uno spostamento dell’offerta commerciale/artigianale verso il basso, stimolando al ribasso un’omologazione tra tutte le attività.

E’ questo ultimo tema che interessa maggiormente a Confartigianato Venezia, impegnata da anni nel difendere l’artigianato di qualità e la presenza a Venezia dell’artigianato tradizionale come mantenimento dell’identità della città stessa.

Negli ultimi 20 anni Venezia ha perso 270 attività artigianali definite tipiche e tradizionali (intagliatori, doradori, tappezzieri, restauratori di mobili o altre piccole superfici, laboratori artigiani di vetro, specchi, cornici, carta e legatorie, strumenti musicali fino ai laboratori di maschere che negli ultimi anni stanno chiudendo a causa della forte immissione nel mercato di maschere di provenienza industriale o para industriale).

Calcoliamo inoltre che circa 200 attività definite “artigiane” hanno inoltre mantenuto la loro iscrizione all’albo delle imprese, ma hanno sostanzialmente modificato strutturalmente e stabilmente la loro attività a favore di un mero commercio di prodotti industriali, spesso di provenienza cinese, a basso valore aggiunto e a basso costo per rispondere a una domanda crescente di questo genere di prodotti.

Sono numeri enormi, che danno quasi plasticamente l’idea di una città che ha cambiato e sta cambiando pelle, perdendo quello che è stato per secoli il vero e proprio tessuto connettivo socio economico cittadino, che rendeva Venezia una città viva, vitale e vissuta, e involvendo verso un’offerta sempre più banale, omologata, indifferenziata, priva di qualità, di tradizione e di cultura.

E ovviamente questo incide anche sul tessuto sociale e abitativo di Venezia. Mentre un tempo questi artigiani – così come i piccoli commercianti al dettaglio – in massima parte vivevano in centro storico, oggi la quasi totalità di coloro che hanno abbracciato il “nuovo corso” vive quasi sempre al di fuori della città e vi si reca solamente per aprire i loro negozi, come nelle altre città si va ad aprire la propria attività situata presso un qualsiasi centro commerciale.

Quindi cambia anche sostanzialmente – o viene meno – il rapporto stesso di legame con la città, di presidio sociale urbano, lasciandola di fatto in mano a un numero spropositato di meri fruitori e alle forze dell’ordine ridotte sia di numero che di mezzi.

Non è certamente con le campagne di informazione e di sensibilizzazione che si risolve il problema, però sensibilizzare aiuta a non dimenticare mai che Venezia ha un grandissimo tema da affrontare e da risolvere, un tema trasversale, che non si risolve con questo o quel singolo provvedimento, ma ponendo in essere una serie di azioni tutte volte ad un unico obiettivo.

Questa è la ragione per cui Confartigianato Venezia guarda con molta attenzione e spirito di collaborazione a tutte quelle iniziative e più in generale a tutte quelle persone che tenacemente resistono all’omologazione e si oppongono alla in-cultura del brutto e del banale.

Ed è vicina a quanti, artigiani, piccoli commercianti, persone di cultura, della ristorazione di qualità, fautori dell’innovazione ecc, pensano e lavorano per una Venezia viva in tutte le sue componenti, e non per una “Veniceland” tanto desolata quanto schiacciata da milioni di turisti mordi e fuggi.

Confartigianato Venezia ha chiesto a 5 persone di loro, tra i tanti che ci sono e che tutti noi conosciamo e che ogni giorno sono impegnati in vario modo a resistere e a testimoniare la loro resistenza di essere testimonial normali e nello stesso tempo e d’eccezione di questa campagna.

5 artigiani meravigliosi che hanno accettato di “metterci la faccia” nel senso più letterale della parola per gridare il loro amore per Venezia e la loro disperata voglia di essere i primi attori su un palcoscenico che li sta invece riducendo sempre più a comparse .

Persone comuni, che ogni giorno possiamo incontrare per strada o nelle loro attività che lanciano un grido un grido di dolore che dovrebbe essere accolto da tutti, dai politici agli amministratori sia locali che nazionali, e che dovrebbe far sentire l’urgenza di affrontare il problema dei problemi, sapendo di avere vicino la gente e di interpretarne i desideri .

Non una campagna “contro” qualcuno, ma un modo per dire anche alle istituzioni di qualsiasi ordine e grado che una soluzione è urgente, che Venezia contiene ancora al proprio interno gli anticorpi per ri-generare quel tessuto di piccole imprese che l’ha caratterizzata per secoli.

Confartigianato Venezia non ha mai fatto mistero di credere a una serie di interventi concreti anche drastici :
ripensare i terminali di accesso nell’ottica di hub veri e propri;
riprogrammare il sistema degli approdi turistici che oggi privilegia le zone centrali di Venezia (San Marco, Rialto ecc);
informare e rendere consapevoli i turisti attraverso la rete wifi della città.

Non potrà mai esistere nessuna soluzione però se non si mette mano ad una scelta di fondo e se su questa scelta non si cercheranno le strade giuridicamente più percorribili; quella cioè di introdurre una sorta di contributo di scopo ( molti lo hanno chiamato city pass o altro) attraverso il quale fornire alla città le risorse adeguate per governare meglio i flussi e per pagare i costi enormi della massa turistica .

Oggi questi costi gravano esclusivamente sui pochi veneziani e sugli altrettanto pochi turisti pernottanti che pagano la tassa di soggiorno, ingenerando una palese ingiustizia .

In conclusione, il mondo dell’artigianato veneziano più autentico, quello che investe in qualità e che rappresenta il vero e proprio valore aggiunto per la città di Venezia, ha voluto con la campagna ideata da Confartigianato Venezia nel 2015 dare una spallata al senso di impotenza e di rassegnazione che ormai si è impadronito dei veneziani.

Infatti il problema dell’eccesso di turismo di massa viene posto in modo quasi rituale in genere per venti giorni durante le elezioni e nel periodo estivo, quando i giornali hanno meno da scrivere e l’attenzione viene attratta da qualche turista in costume a San Marco piuttosto che da un altro che cucina il pranzo sotto le Procuratie.

Il problema invece è ben più strutturale e sta causando danni ben più gravi e pervasivi; per questo riteniamo che l’impegno debba coinvolgere tutti, con responsabilità e decisione.

12/10/2015

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