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Il Litio in psichiatria: una cura naturale poco utilizzata. A cura del dott. Angelo mercuri

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Il Litio è un semplice elemento, il terzo della tavola periodica; in natura si trova salificato in banali pietre (líthos=pietra”) che contribuiscono a formare rocce, mentre i sali disciolti nelle acque vengono assorbiti dalle piante e dagli animali offrendo agli esseri umani un introito quotidiano di Litio elementare pari circa ad 1 mg. Studi geologico-geografici su grandissimi campioni di popolazione hanno dimostrato che ove le acque potabili sono più ricche di Litio ci sono molti meno casi di depressione, suicidio, demenza e vi è minore mortalità in generale; un buon apporto quotidiano di Litio è quindi fondamentale per il nostro benessere psicofisico tant’è che qualcuno ha avanzato la proposta di aggiungerne una piccola quantità nell’acqua potabile nelle regioni ove ve ne sia poco, come si fa già col fluoro per prevenire la carie dentaria e con lo iodio nel sale da cucina per prevenire l’ipotiroidismo.

Senza sapere che il litio in micro-dosi è un elemento indispensabile per il nostro benessere psicofisico, lo psichiatra australiano John Cade casualmente lo testò ad alto dosaggio e con successo su pazienti maniacali nel 1949 e da allora si cominciò ad utilizzarlo regolarmente in psichiatria provandolo su tutte le patologie gravi.

Ancor oggi il Litio è rimasto insostituibile come stabilizzatore dell’umore in chi soffre di disturbi bipolari (violente e invalidanti oscillazioni dell’umore tra euforia e disperazione) e per questo è noto al grande pubblico, ma non tutti sanno che il Litio è utilissimo anche nella terapia della depressione, per prevenire il suicidio, per prevenire o arrestare la demenza e per smussare gli eccessi nei temperamenti ipertimici (leggeri maniacali costituzionali) e ciclotimici (leggeri bipolari costituzionali).

Ma la cosa più interessante è che il Litio, rispetto agli altri psicofarmaci, agisce su molti punti diversi del neurone provocando una trasformazione stabile e profonda della micro-anatomia del cervello, tant’è che oggi è considerato l’unica vera “cura” in Psichiatria, a differenza degli altri psicofarmaci che possono definirsi solo “sintomatici”.

Per intendersi, l’effetto antidepressivo di sertralina, paroxetina, citalopram e tanti altri SSRI si manifesta perché questi innalzano il livello della serotonina e basta; ma al livello alto di serotonina il cervello si abitua, finché dopo 2-3 anni l’antidepressivo solitamente non funziona più. All’opposto invece, il Litio agisce in senso antidepressivo su molti processi biochimici interni al neurone evitando pertanto che subentri l’assuefazione: alcuni psichiatri-scienziati, avanzano pertanto ora la proposta di agire sulla fase acuta della depressione con i consueti antidepressivi succitati finché non venga raggiunto un miglioramento accettabile; tenerli poi per altri 3-6 mesi al massimo ma poi abbandonarli gradualmente per passare al litio, possibilmente a basso dosaggio e per un tempo indefinito.

A basso dosaggio poi, il litio di solito non provoca disturbi mentre sono noti a tutti i seri disturbi sessuali provocati dai comuni antidepressivi SSRI.

Presso il grande pubblico tuttavia e purtroppo anche presso molti medici, il litio ha una brutta fama perché la dose un tempo ritenuta terapeutica si avvicina pericolosamente alla dose tossica che alla lunga può portare ad insufficienza renale e ipotiroidismo; per questo molti medici e anche molti psichiatri preferiscono non prescriverlo. Ultimamente però, si è visto che non è necessario raggiungere la litiemia standard (0,7 e 1,2 mmol/L) prestampata come range ma spesso sono sufficienti dosi molto più basse per ottenere l’effetto terapeutico desiderato e a tale basse dosi il litio è efficace ma pressoché atossico.

Purtroppo gli studi sul litio a basso dosaggio sono pochi perché l’industria farmaceutica, la grande finanziatrice degli studi sugli psicofarmaci, ha sempre boicottato il litio in quanto è un vecchio rimedio efficacissimo ma dal costo minimo che non frutta più nulla; per fortuna però ci sono scienziati indipendenti che sono di recente andati ad indagare cosa fa il litio al basse dosi stabilendo che il dosaggio di litio non deve essere necessariamente compreso tra 0,7 e 1,2 mmol/L di sangue come ordina la psichiatria ufficiale ma il limite inferiore può essere molto più basso. La tendenza attuale è quindi di partire da un basso dosaggio e incrementarlo ogni 2 settimane circa fino a raggiungere l’effetto desiderato saggiando la litiemia solo per non andare incontro ad un sovradosaggio.

Riassumendo:

  • Il litio può essere utilissimo e insostituibile in molti gravi disturbi neuropsichiatrici come i disturbi bipolari dell’umore, la depressione maggiore, la demenza; non è tuttavia un farmaco a rapida azione quindi non è adatto per le emergenze psichiatriche
  • Non è solo un sintomatico ma è un farmaco curativo che non dà assuefazione ma, al contrario, la sua azione curativa va crescendo negli gli anni
  • Spesso non è necessario raggiungere il dosaggio standard (0.7-1,2 mmol/L) ma, soprattutto per le patologie più lievi, sono sufficienti dosaggi molto più bassi e pressochè atossici.

Ultima raccomandazione: solo un medico può prescrivere il Litio quindi evitate assolutamente il fai da te.

Se volete approfondire l’argomento potete leggere il chiarissimo articolo scientifico “When and how to use lithium” dei due scienziati Sergio A Barroilhet e S. Nassir Ghaemi

Angelo Mercuri

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  1. Sul litio ne ho lette di tutti i colori ….purtroppo, e lo dico per esperienza diretta, non funziona per tutti…..
    Sostengo da sempre , dalla mia profonda ignoranza, che ogni caso va trattato in maniera diversa ,ogni persona con disturbi psichici dovrebbe avere una cura dedicata dal parlare al farmaco …..ma soprattutto dovrebbero esserci istituti con reparti per ogni forma di disturbo…..il protocollo di 40 giorni (e poi torna tutto sulle spalle delle famiglie inadatte e inesperte )lo trovo sbagliato …..certo ad alcuni potrebbero bastare ma ad altri potrebbero occorrere mesi …….

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