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Biennale, il prof. Zecchi: “La cultura internazionale in una Venezia provinciale”

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Biennale, il prof. Zecchi: "La cultura internazionale in una Venezia provinciale"

Mostra internazionale d’arte cinematografica in una Venezia che ha perso la sua vocazione internazionale, chiudendosi in un malinconico provincialismo culturale. “La Biennale”, con le sue diverse manifestazioni artistiche, è rimasta da lungo tempo la finestra che apre la città all’internazionalità di una cultura che l’è sfuggita per pigrizia e per supponenza. La pigrizia di rinunciare a inventare e proporre; la supponenza di pensare che basta evocare il nome “Venezia“ per affermare in un contesto mondiale l’attualità della propria cultura: purtroppo oggi inconsistente.

Da anni, il vero assessore alla cultura di Venezia è stato Paolo Baratta, il Presidente della Biennale: grazie alle sue capacità creative e organizzative, la città ha potuto continuare ad imporsi sullo scenario internazionale, ma il prezzo pagato è stato altissimo. Si è deformata l’immagine di Venezia, che ha perso il suo doveroso ruolo di protagonista, per diventare una vetrina, in cui altri hanno esposto i loro “prodotti”. Una grande fortuna quella di aver avuto la Biennale con una guida eccellente; e una vera sciagura, perché proprio l’alta qualità proposta negli anni da Baratta ha mostrato la povertà della proposta culturale che sarebbe dovuta arrivare dall’amministrazione veneziana.

In questi giorni, che precedono l’inaugurazione della mostra cinematografica, fanno notizia i disguidi provocati dal cattivo funzionamento dei servizi informatici, oppure le inevitabili discussioni sull’opportunità o meno di aprire la mostra in tempi di covid. Questioni semplici: i disguidi del web si risolveranno; ovvia l’utilità di aprire pur con tutte le necessarie cautele. La questione complessa, che si trova ad affrontare il nuovo presidente della Biennale, Roberto Cicutto, è quella di ristabilire un rapporto organico con la città che ospita la manifestazione. Che la Biennale sia un corpo separato da Venezia, lo sanno tutti i veneziani, e quasi tutti non apprezzano questo distacco. Ma, a riflettere, si comprende che il “corpo separato” non è causato dalla presidenza della Biennale, ma dall’assenza dell’amministrazione di Venezia.

Il sindaco della città è anche il Vice Presidente della Biennale e, ovviamente, ha voce in capitolo per definire, insieme al Presidente, le strategie culturali e di comunicazione della manifestazione. Il disinteresse di questo importante componente della gestione della Biennale è palese: per quanto è di mia conoscenza, ciò accade da almeno 10 anni. A tale comportamento, si possono trovare molte giustificazioni, a cominciare dal fatto che la Biennale ha funzionato bene senza l’intervento o le iniziative della vicepresidenza. Ma, allora, che senso ha la Biennale a Venezia? L’11 febbraio 1998 l’ente pubblico “La Biennale di Venezia“ è stato trasformato dal Presidente della Repubblica ”in persona giuridica privata…consentendo con la veste giuridica privata la possibilità di un migliore e più razionale svolgimento delle funzioni dell’ente“. Una Fondazione “alla quale si riconosce preminente interesse nazionale“.

Se la Fondazione, pur lasciando a Venezia la sua sede formale, trovasse un giorno migliore sviluppo delle sue funzioni statutarie in un’altra città, più collaborativa e attenta alla sua importanza culturale? Allora prepariamoci a una notte fonda per la cultura veneziana.

Venezia deve riscattare la sua vocazione culturale internazionale, fino ad oggi sopita, attraverso la Biennale e soprattutto con un assessorato che ne detenga delega e funzioni, guida consona per diventare Capitale d’Europa della cultura.

Stefano Zecchi
candidato sindaco per il Partito dei Veneti

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