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Aumentano le pensioni? Quando e di quanto?

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C’è stata un po’ di confusione in merito ai recenti aumenti delle pensioni. Diciamo subito che dal 1° marzo il processo sarà completato, tutte le pensioni in Italia saranno adeguate all’inflazione maturata nel 2022, con il pagamento della prima rata. Le modifiche apportate al meccanismo di calcolo in sede di esame parlamentare della legge di bilancio avevano infatti costretto l’INPS a procedere in due fasi. A partire da gennaio, le pensioni fino a 2.101,52 euro lordi mensili (quattro volte il trattamento minimo di 525,38 euro) erano state aumentate del 7,3%, il tasso provvisorio fissato a novembre. Per le pensioni superiori a tale soglia, l’adeguamento non è stato totale ma determinato per percentuali decrescenti (adeguate all’ultimo minuto). Ciò ha richiesto il ricalcolo di tutto. Pertanto, anche i pensionati “relativamente ricchi” ora ricevono aumenti, insieme alla retribuzione arretrata per i due mesi precedenti.

Tuttavia, come gli altri redditi, le pensioni sono tassate e gli incrementi netti non corrispondono a quelli lordi perché la tassazione è progressiva. Pertanto, le somme aggiuntive sono soggette a un’aliquota marginale più elevata (anche a causa della graduale eliminazione delle detrazioni fiscali, che diminuiscono). Vediamo cosa succede concretamente nel pagamento della pensione, limitandoci alla rata mensile senza alcuno arretrato.

Partendo da una pensione lorda di 2.000 euro, già rettificata a gennaio in quanto inferiore a quattro volte il minimo INPS, l’incremento è del 7,3%, che si traduce in un incremento lordo di 146 euro. Tuttavia, l’effetto delle tasse fa sì che la rata mensile netta aumenti di circa 100 euro, e i restanti 40 euro vengano assorbiti dalla detrazione fiscale. Pertanto, la variazione percentuale netta è di circa il 6,5%.

Per le pensioni più alte cambia invece il meccanismo. L’aliquota del 7,3% non viene riconosciuta integralmente ma applicata solo proporzionalmente, interessando l’intero importo. Con una pensione lorda di 2.500 euro al mese (tra quattro e cinque volte il minimo), la percentuale è dell’85%, e l’aumento è del 6,205%, ovvero 155 euro in più lordi, che diventano 96 euro al netto delle imposte. Pertanto, l’incremento netto è del 5,2%.

All’aumentare dell’importo della pensione, la percentuale diminuisce, secondo gli scaglioni stabiliti dal governo nell’ultima legge di bilancio. Questo meccanismo ha permesso al governo di limitare la spesa per compensare l’elevata inflazione, risparmiando oltre 2 miliardi di euro nel 2023 e circa 10 miliardi di euro nel prossimo triennio. Con una pensione mensile di 3.000 euro (tra cinque e sei volte il minimo), la percentuale applicata scende al 53%, con un modesto aumento del 3,869%, ovvero 116 euro lordi, che diventano 72 euro netti. Tuttavia, poiché le pensioni più elevate hanno già una detrazione fiscale relativamente più elevata, la differenza tra l’aumento lordo e netto diminuisce. Chi percepisce una pensione di 3.000 euro, dopo l’applicazione dell’imposta sul reddito e delle addizionali, vedrà un aumento effettivo della propria erogazione di circa il 3,4%.

Per le pensioni di 4000 euro al mese (tra sei e otto volte il minimo), l’incremento lordo è del 3,431%, che scende di poco sotto il 3% in termini netti. L’aumento mensile di 137 euro vale effettivi 78 euro di pensione. Sono inoltre previste due ulteriori fasce con adeguamenti ancora inferiori: quelle tra le otto e le dieci volte il minimo e quelle con pensioni oltre dieci volte l’importo di 525,38 euro mensili. Per le pensioni di 5.000 euro e 6.000 euro lordi mensili gli incrementi lordi sono rispettivamente del 2,701% e del 2,336%. In termini netti, tali importi si riducono a circa il 2,4% e il 2,2%, quelli tra otto e dieci volte il minimo e quelli con pensioni superiori a dieci volte l’importo di 525,38 euro al mese.

Per le pensioni di 5.000 euro e 6.000 euro lordi mensili gli incrementi lordi sono rispettivamente del 2,701% e del 2,336%. In termini netti, tali importi si riducono a circa il 2,4% e il 2,2%. quelli tra otto e dieci volte il minimo e quelli con pensioni superiori a dieci volte l’importo di 525,38 euro al mese. Per le pensioni di 5.000 euro e 6.000 euro lordi mensili gli incrementi lordi sono rispettivamente del 2,701% e del 2,336%. In termini netti, tali importi si riducono a circa il 2,4% e il 2,2%.

È fondamentale infine ricordare che il tasso di inflazione applicato per l’adeguamento potrebbe variare, il che inciderebbe sull’importo finale dell’adeguamento stesso.

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