Teatro, cinema e vita reale, tre mondi che nella nuova cinica commedia scritta e diretta da Philippe Le Guay, fanno a gara fra loro in un continuo mescolarsi che da il giusto ritmo e passione ad un film che è una divertente e moderna rivisitazione del famoso “Il Misantropo” di Molière.
Serge (Fabrice Luchini) è un ex attore di cinema e teatro, ritiratosi dalle scene da circa tre anni, che ora vive in un piccolo paesino di mare della provincia francese, l’Ile de Ré. Un giorno arriva a fargli visita un suo ex collega, Gauthier (Lambert Wilson) che famoso attore di serie tv, gli proporrà di ritornare a calcare il palcoscenico assieme a lui, mettendo in scena “Il Misantropo” di Molière: una settimana di prove a casa di Serge e solamente così, quest’ultimo deciderà se accettare o meno la parte, di Alceste e/o di Filinte.
Omaggio alla Francia, al teatro de la comédie e alla recitazione, il film si presenta come un adattamento trasposto nel mondo moderno della celebre commedia di Molière, riflettendo sulla società attuale, sull’importanza del ruolo dell’attore e racchiudendo in sé un’introspettiva ricerca personale dei due attori protagonisti, di ruolo e di fatto.
L’eleganza recitativa, esacerbata e appassionata di Fabrice Luchini, da sempre attore feticcio di La Guay, si scontra con il personaggio affascinante, mondano e moderno interpretato dall’attore Lambert Wilson, mostrando la diversità stessa che caratterizza gli stessi Alceste e Filinte de “Il Misantropo”; ma questo è solamente uno degli elementi che fanno da collante tra la vita vera dei due e l’opera di Molière.
Il misantropo Alceste, è una sorta di snob, che odia e prova avversione verso l’intero genere umano, ed è un ruolo che facilmente si adatta al personaggio di Serge, burbero solitario, ritiratosi a vita privata sfuggendo alla mondanità e contrario alle ipocrisie; l’amico Gauthier è facilmente accomunabile invece a Filinte, che si adatta a quel mondo mondano tanto odiato da Alceste (e da Serge).
Due attori quindi, diversi fisicamente, caratterialmente e nel modo di recitare, uno fedele all’arte e al tradizionalismo della recitazione, l’altro “vendutosi” alla televisione, che cerca di ritornare alle radici, il tutto per una pellicola che, grazie all’alternanza tra luoghi chiusi ed aperti, riesce a mantenere un ritmo serrato, ma allo stesso tempo divertente, facendo trasparire la passione recitativa dei protagonisti.
Molière in bicicletta, si presenta come una pellicola però, non adatta a qualsiasi tipo di pubblico. Sebbene infatti possa essere considerata commedia, l’impianto cinematografico-teatrale del film e la difficoltà rappresentata dalla scrittura dell’opera originale, rischiano in alcuni punti di appesantire la struttura narrativa e il ritmo, sebbene la coppia Luchini-Wilson, riesca egregiamente a risollevare e convincere anche lo spettatore non amante del genere.
Alice Bianco
[15/12/2013]
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