Federico Pacini è uno di quei fotografi in grado di fermare la realtà e donarla allo “spettatore” in maniera vera, sentita, ma assolutamente senza filtri. Ed è così che arriva ai nostri occhi Santa Maria della Scala un libro di opere d’arte nell’opera d’arte edito da Quinlan, che pone lo sguardo sulla riqualificazione dell’ex Ospedale di, appunto, Santa —maria della Scala a Siena, risalente al XI secolo e che si registra come il luogo di cura più antico dell’Occidente.
In questo momento l’edificio si trova in quella via di mezzo tra antico e restauro per diventare un museo (una cui metà già si trova a svolgere questa funzionalità) e Pacini riesce con il suo obiettivo a dare vita pulsante alle macerie e rovine di questa metà ancora senza un’identità precisa. Sono fotografie, quelle di questo libro, che fermano su pellicola fantasmi di epoche passate: ci sono sedie vuote che nella nostra memoria evocano persone che attendevano un malato, oppure aspettavano per sapere l’esito di qualche operazione o esame; ci sono resti di affreschi, ma anche progetti che indicano nuova vita, nuovi sogni e nuove speranze.
Di particolare potenza una foto che rappresenta un teschio a metà e che riesce ad evocare più sentimenti allo stesso tempo; dalla morte che ha una seconda casa in un Ospedale, ma anche al teatro, a degli spazi che, una volta vuoti, potrebbero far emergere il palcoscenico della vita, messo in scena con tutte le sue paure, ma anche le sue gioie.
E’ una raccolta fotografica questa di Pacini che mischia diverse emozioni e diversi elementi, rimanendo sempre fedele al suo stile “urban”, con uno sguardo sulle cose perdute, rovinate, ma che portano con sé energia intrinseca pronta ad esplodere. Cerca di fermare una realtà sfuggevole, che cambia in un battito di ciglia per donare qualcosa di assolutamente personale e di, come detto, forte impatto emotivo.
C’è una vita dietro quelle fotografie, dietro a quei luoghi, c’è una storia passata che sta sullo sfondo per lasciare spazio a quella dell’immaginario, quella che nasce e vive nelle nostre menti alla visione di un’opera d’arte, come quelle create dagli antichi, come quelle create dai fotografi contemporanei come Pacini.
Sara Prian
28/02/2016
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